domenica 22 luglio 2012

E SE FACESSIMO TROVARE AI GIUDICI TEDESCHI LA CASA VUOTA??


Sulla crisi di Eurolandia , oggi ho trovato due interventi che vi consiglio di leggere e conservare. Quello di Alesina e Giavazzi, che ho un po' tagliato (è lunghino così, immaginatevelo intero...) ma conservando, credo, i punti essenziali, e l'altro di Davide Giacalone, europeista convinto, ma che a questo punto, di fronte alle indecisioni e non solo, alla possibilità che qualcuno alla fine ci marci in questa situazione (e non si riferisce ai soliti mercati, ma alla Germania), paventa addirittura l'idea di un abbandono dell'euro. Come arma finale, però da prendere in considerazione.
E' semplicemente scandaloso che i giudici della Corte Costituzionale tedesca, su una cosa ritenuta fondamentale ( a torto magari, ma intanto così viene descritta), si siano presi tempo fino al 12 settembre! Manco fossero italiani !!
Però che bello sarebbe poter dire loro...signori, potete prendervela ancora più comoda, non serve più!!
Ne parleremo, ma intanto, buona lettura

ALESINA E GIAVAZZI

A che punto è la notte
Il fondo salva-Stati non risolverà i problemi  
Era il luglio di cinque anni fa quando si avvertirono i primi scricchiolii in alcune banche americane, francesi e tedesche. Da allora abbiamo vissuto la più forte recessione dagli anni Trenta, la crescita è rallentata, e trovare un lavoro è diventato difficile dovunque. Questa crisi ci ha insegnato alcune verità.

Primo: le crisi finanziarie, soprattutto quelle scatenate da aumenti ingiustificati nei prezzi delle abitazioni producono, quando la bolla poi scoppia, recessioni molto lunghe. Le banche, dopo aver concesso mutui con grande leggerezza, senza chiedersi se il cliente debitore sarebbe stato in grado di sostenere le rate, subiscono perdite ingenti e devono ricapitalizzarsi. Ma a quel punto trovare capitali privati non è facile, e se interviene lo Stato, il debito pubblico esplode, come è accaduto in Stati Uniti, Irlanda e Spagna. Così il credito non riprende e l’economia ristagna a lungo.  

Secondo: occorre abbandonare l’illusione che per riprendere a crescere basti un po’ di spesa pubblica. Per vent’anni il Giappone le ha provate tutte: porti, metropolitane, alta velocità: il debito pubblico si è triplicato, ma la crescita non è mai arrivata. E anche il programma fiscale di Obama, se forse ha attenuato la recessione americana, certo non è riuscito a ridurre la disoccupazione e a far ripartire velocemente l’economia. E nel frattempo anche gli Stati Uniti hanno accumulato livelli di debito molto onerosi.  ......quando il debito pubblico sale oltre certi livelli diventa un macigno che rallenta a lungo la crescita.

Terzo: per risanare il sistema finanziario bisogna separare le banche dalla politica. In entrambe le direzioni: riducendo il potere dei politici sul sistema finanziario e l’influenza dei banchieri sui governi.  

Quarto: la crisi ha dimostrato la fragilità del progetto europeo. Finché tutto andava bene le fondamenta tenevano. Da quando è scoppiata la crisi, la costruzione traballa pericolosamente. Ma invece di trovare una soluzione, i politici europei non fanno che accusarsi tra loro ritardando gli interventi necessari. È ormai chiaro che l’euro non si salverà con scorciatoie e tappabuchi come gli eurobonds o i fondi salva-Stato. Affidare il salvataggio dell’euro alla speranza che le «formiche del Nord» salvino «le cicale del Sud» socializzando i loro debiti è ingiusto, politicamente impossibile, ma soprattutto non servirebbe a nulla. Un salvataggio senza una maggiore integrazione politico- economica dell’eurozona avrebbe solo l’effetto di dare alle cicale la possibilità di rimandare riforme già troppo a lungo procrastinate. Dopo di che le tensioni tra Sud e Nord riesploderebbero con più forza. L’euro si salva (se si vuol farlo) con un piano coerente di medio termine di integrazione bancaria, fiscale e politica dell’eurozona. Ciò non significa gli Stati Uniti d’Europa, ma un’architettura coerente che permetta all’unione monetaria di funzionare
Quinto: i compiti a casa dobbiamo continuare a farli, non solo quando lo spread sale. Accusare i tedeschi per le mancanze della nostra storia recente è puerile. Gli italiani non si sono ancora ben resi conto di quanto complessi debbano essere questi compiti. Ci si illude se si pensa che basti «ridurre gli sprechi». Serve ben altro: occorre ripensare a quello che il nostro Stato può e non può fare. Bisogna evitare che di servizi pubblici di fatto gratuiti beneficino anche i ricchi, e non solo le famiglie indigenti. Occorre ridurre le tasse che gravano su chi lavora e produce. È molto difficile crescere con un debito pubblico che supera il 100% del Pil e un peso fiscale che per i contribuenti onesti è tra i più alti al mondo. Serve una «rivoluzione » del nostro Stato sociale, non solo ritocchi. La Germania ha iniziato a farlo dieci anni fa, e ora ne trae i benefici.

Sesto: la giustizia sociale va garantita creando il più possibile pari opportunità per tutti.   Premiare il merito, punire le rendite di posizione, scardinare i privilegi, rendere il mercato più equo, colpire l’evasione.  
Il tempo sta per scadere. Come scrisse Rudi Dornbusch, uno degli economisti più lucidi del Novecento: «Le crisi spesso durano molto più a lungo di quanto si pensi. Ma poi svoltano e si avvitano in un baleno. Ci vogliono dei mesi, ma poi basta una notte».

DAVIDE GIACALONE  

Euro, dubitarne per salvarlo

E’ intollerabile che i giudici costituzionali tedeschi ritengano di potere andare in vacanza e posticipare al 12 settembre la decisione sull’Esm, il così detto fondo salva-stati. E’ inaccettabile che la Germania prolunghi a proprio piacimento il non dovuto vantaggio di finanziarsi gratis e indebolire i concorrenti costringendoli a pagare sangue. Ma è ancora più imbarazzante che qualcuno creda veramente l’Esm possa salvare questo o quello Stato. Da tre anni a questa parte, da quando la crisi dei debiti ha fatto la sua comparsa a oggi, si sono tenuti 30 vertici europei, tutti mirabilmente inutili. Si fa finta di non vederlo, dirigendoci giulivi verso il precipizio, oppure è lecito avvertire che si sta perdendo del tempo prezioso?
I giornali italiani riportano senza troppi commenti l’affermazione del ministro del tesoro tedesco, Wolfgang Schäuble: l’Italia non avrà problemi a finanziarsi. Come se il problema fosse farsi dire “bravi” dai tedeschi. L’Italia ha già problemi enormi a finanziarsi, già paghiamo assai più del dovuto, già ci sveniamo, sicché quelle parole sono oltraggiose. Che le si prenda come incoraggiamento è segno dell’insufficienza della nostra classe dirigente, giornalisti e opinionisti compresi. La stessa che ora ripete quanto sostenuto, giorni fa, dal governatore della Banca d’Italia: 200 punti di spread sono colpa nostra, il resto è colpa dell’euro. Noi lo scriviamo dal luglio scorso. Ma non avevamo ascolto, perché lo sport nazionale consiste nell’usare i disastri per riuscire a colpire il proprio nemico interno. Era demente ritenere che l’impennata degli spread dipendesse dal governo Berlusconi, è demente imputarla oggi a Monti. Il punto è, però, che il governo commissariale era stato imposto quale rimedio. E non ha funzionato. Attenzione: non è che non ha funzionato perché c’è instabilità politica interna (altra balla che avvince i provinciali, diffusa da imbroglioni), ma perché non s’è mosso un pelo della politica europea. Il vuoto politico che sta distruggendo l’Europa è europeo. Il che non copre e non giustifica le miserie di casa nostra, ma è da selvaggi e da cretini credere che se la si smette di fornicare il dio di turno farà piovere. Dobbiamo fare riforme profonde, anche costituzionali, dobbiamo vendere patrimonio, abbattere il debito e diminuire la tasse, ma nulla di tutto questo potrà essere messo in faccia a mercati che chiedono risposte dalla sera alla mattina.
Quindi dobbiamo capire che la fine dell’euro, l’uscita dalla moneta unica, non sono variabili della propaganda politica interna, ma serie possibilità imposte dal cumulo di errori commessi. Anzi, la metto in modo più crudo: se noi italiani vogliamo dare un utile contributo alla salvezza dell’euro dobbiamo annunciare che, a queste condizioni, siamo pronti ad andarcene. Solo mettendo sul piatto la forza della politica, smettendola di biascicare sciocchezze penitenziali sui compiti a casa, potremo ottenere che la partita non si risolva con un danno ai nostri interessi. Solo chiarendo che non siamo disposti a pagare le colpe di altri (le nostre sì, ci spettano, abbiamo il dovere di farlo) otterremo credibilità politica. Magari i giudici tedeschi torneranno dalle vacanze italiane. Giusto in tempo per dire loro che possono anche rilassarsi, tanto quel che ci vogliono far credere sia prezioso non vale nulla. Ci vuole molto di più, ci vuole federalizzazione vera.
In quanto al governo Monti: se serve ad avere autorevolezza in quella direzione, superando la colpevole e rissosa inerzia delle forze politiche, che resti al suo posto, meritando rispetto; se, invece, crede sul serio d’incarnare una specie di superiorità etnica, immune da critiche e intenta a redimere gli italiani dai loro peccati, per giunta fallendo ripetutamente analisi economia (le cose di oggi, ripeto, le scriviamo da luglio 2011!), allora possiamo farne a meno. Abbiamo già dato. Troppo.

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