Sulla crisi di Eurolandia , oggi ho trovato due interventi che vi consiglio di leggere e conservare. Quello di Alesina e Giavazzi, che ho un po' tagliato (è lunghino così, immaginatevelo intero...) ma conservando, credo, i punti essenziali, e l'altro di Davide Giacalone, europeista convinto, ma che a questo punto, di fronte alle indecisioni e non solo, alla possibilità che qualcuno alla fine ci marci in questa situazione (e non si riferisce ai soliti mercati, ma alla Germania), paventa addirittura l'idea di un abbandono dell'euro. Come arma finale, però da prendere in considerazione.
E' semplicemente scandaloso che i giudici della Corte Costituzionale tedesca, su una cosa ritenuta fondamentale ( a torto magari, ma intanto così viene descritta), si siano presi tempo fino al 12 settembre! Manco fossero italiani !!
Però che bello sarebbe poter dire loro...signori, potete prendervela ancora più comoda, non serve più!!
Ne parleremo, ma intanto, buona lettura
ALESINA E GIAVAZZI
A che punto è la
notte
Il fondo salva-Stati
non risolverà i problemi
Era il luglio di
cinque anni fa quando si avvertirono i primi scricchiolii in alcune banche
americane, francesi e tedesche. Da allora abbiamo vissuto la più forte
recessione dagli anni Trenta, la crescita è rallentata, e trovare un lavoro è diventato
difficile dovunque. Questa crisi ci ha insegnato alcune verità.
Primo: le crisi
finanziarie, soprattutto quelle scatenate da aumenti ingiustificati nei prezzi
delle abitazioni producono, quando la bolla poi scoppia, recessioni molto
lunghe. Le banche, dopo aver concesso mutui con grande leggerezza, senza
chiedersi se il cliente debitore sarebbe stato in grado di sostenere le rate,
subiscono perdite ingenti e devono ricapitalizzarsi. Ma a quel punto trovare
capitali privati non è facile, e se interviene lo Stato, il debito pubblico
esplode, come è accaduto in Stati Uniti, Irlanda e Spagna. Così il credito non
riprende e l’economia ristagna a lungo.
Secondo: occorre
abbandonare l’illusione che per riprendere a crescere basti un po’ di spesa
pubblica. Per vent’anni il Giappone le ha provate tutte: porti, metropolitane,
alta velocità: il debito pubblico si è triplicato, ma la crescita non è mai
arrivata. E anche il programma fiscale di Obama, se forse ha attenuato la
recessione americana, certo non è riuscito a ridurre la disoccupazione e a far
ripartire velocemente l’economia. E nel frattempo anche gli Stati Uniti hanno
accumulato livelli di debito molto onerosi. ......quando il debito pubblico sale oltre certi livelli diventa un
macigno che rallenta a lungo la crescita.
Terzo: per risanare
il sistema finanziario bisogna separare le banche dalla politica. In entrambe
le direzioni: riducendo il potere dei politici sul sistema finanziario e
l’influenza dei banchieri sui governi.
Quarto: la crisi ha
dimostrato la fragilità del progetto europeo. Finché tutto andava bene le
fondamenta tenevano. Da quando è scoppiata la crisi, la costruzione traballa
pericolosamente. Ma invece di trovare una soluzione, i politici europei non
fanno che accusarsi tra loro ritardando gli interventi necessari. È ormai
chiaro che l’euro non si salverà con scorciatoie e tappabuchi come gli
eurobonds o i fondi salva-Stato. Affidare il salvataggio dell’euro alla
speranza che le «formiche del Nord» salvino «le cicale del Sud» socializzando i
loro debiti è ingiusto, politicamente impossibile, ma soprattutto non
servirebbe a nulla. Un salvataggio senza una maggiore integrazione politico-
economica dell’eurozona avrebbe solo l’effetto di dare alle cicale la
possibilità di rimandare riforme già troppo a lungo procrastinate. Dopo di che
le tensioni tra Sud e Nord riesploderebbero con più forza. L’euro si salva (se
si vuol farlo) con un piano coerente di medio termine di integrazione bancaria,
fiscale e politica dell’eurozona. Ciò non significa gli Stati Uniti d’Europa,
ma un’architettura coerente che permetta all’unione monetaria di funzionare
Quinto: i compiti a
casa dobbiamo continuare a farli, non solo quando lo spread sale. Accusare i
tedeschi per le mancanze della nostra storia recente è puerile. Gli italiani
non si sono ancora ben resi conto di quanto complessi debbano essere questi
compiti. Ci si illude se si pensa che basti «ridurre gli sprechi». Serve ben
altro: occorre ripensare a quello che il nostro Stato può e non può fare.
Bisogna evitare che di servizi pubblici di fatto gratuiti beneficino anche i
ricchi, e non solo le famiglie indigenti. Occorre ridurre le tasse che gravano
su chi lavora e produce. È molto difficile crescere con un debito pubblico che
supera il 100% del Pil e un peso fiscale che per i contribuenti onesti è tra i
più alti al mondo. Serve una «rivoluzione » del nostro Stato sociale, non solo
ritocchi. La Germania ha iniziato a farlo dieci anni fa, e ora ne trae i
benefici.
Sesto: la giustizia
sociale va garantita creando il più possibile pari opportunità per tutti. Premiare il merito, punire le rendite di
posizione, scardinare i privilegi, rendere il mercato più equo, colpire
l’evasione.
Il tempo sta per
scadere. Come scrisse Rudi Dornbusch, uno degli economisti più lucidi del
Novecento: «Le crisi spesso durano molto più a lungo di quanto si pensi. Ma poi
svoltano e si avvitano in un baleno. Ci vogliono dei mesi, ma poi basta una
notte».
Euro, dubitarne per
salvarlo
E’ intollerabile che
i giudici costituzionali tedeschi ritengano di potere andare in vacanza e
posticipare al 12 settembre la decisione sull’Esm, il così detto fondo
salva-stati. E’ inaccettabile che la Germania prolunghi a proprio piacimento il
non dovuto vantaggio di finanziarsi gratis e indebolire i concorrenti
costringendoli a pagare sangue. Ma è ancora più imbarazzante che qualcuno creda
veramente l’Esm possa salvare questo o quello Stato. Da tre anni a questa
parte, da quando la crisi dei debiti ha fatto la sua comparsa a oggi, si sono
tenuti 30 vertici europei, tutti mirabilmente inutili. Si fa finta di non
vederlo, dirigendoci giulivi verso il precipizio, oppure è lecito avvertire che
si sta perdendo del tempo prezioso?
I giornali italiani
riportano senza troppi commenti l’affermazione del ministro del tesoro tedesco,
Wolfgang Schäuble: l’Italia non avrà problemi a finanziarsi. Come se il
problema fosse farsi dire “bravi” dai tedeschi. L’Italia ha già problemi enormi
a finanziarsi, già paghiamo assai più del dovuto, già ci sveniamo, sicché
quelle parole sono oltraggiose. Che le si prenda come incoraggiamento è segno
dell’insufficienza della nostra classe dirigente, giornalisti e opinionisti
compresi. La stessa che ora ripete quanto sostenuto, giorni fa, dal governatore
della Banca d’Italia: 200 punti di spread sono colpa nostra, il resto è colpa
dell’euro. Noi lo scriviamo dal luglio scorso. Ma non avevamo ascolto, perché
lo sport nazionale consiste nell’usare i disastri per riuscire a colpire il
proprio nemico interno. Era demente ritenere che l’impennata degli spread
dipendesse dal governo Berlusconi, è demente imputarla oggi a Monti. Il punto
è, però, che il governo commissariale era stato imposto quale rimedio. E non ha
funzionato. Attenzione: non è che non ha funzionato perché c’è instabilità
politica interna (altra balla che avvince i provinciali, diffusa da
imbroglioni), ma perché non s’è mosso un pelo della politica europea. Il vuoto
politico che sta distruggendo l’Europa è europeo. Il che non copre e non
giustifica le miserie di casa nostra, ma è da selvaggi e da cretini credere che
se la si smette di fornicare il dio di turno farà piovere. Dobbiamo fare
riforme profonde, anche costituzionali, dobbiamo vendere patrimonio, abbattere
il debito e diminuire la tasse, ma nulla di tutto questo potrà essere messo in
faccia a mercati che chiedono risposte dalla sera alla mattina.
Quindi dobbiamo
capire che la fine dell’euro, l’uscita dalla moneta unica, non sono variabili
della propaganda politica interna, ma serie possibilità imposte dal cumulo di
errori commessi. Anzi, la metto in modo più crudo: se noi italiani vogliamo
dare un utile contributo alla salvezza dell’euro dobbiamo annunciare che, a
queste condizioni, siamo pronti ad andarcene. Solo mettendo sul piatto la forza
della politica, smettendola di biascicare sciocchezze penitenziali sui compiti
a casa, potremo ottenere che la partita non si risolva con un danno ai nostri
interessi. Solo chiarendo che non siamo disposti a pagare le colpe di altri (le
nostre sì, ci spettano, abbiamo il dovere di farlo) otterremo credibilità
politica. Magari i giudici tedeschi torneranno dalle vacanze italiane. Giusto
in tempo per dire loro che possono anche rilassarsi, tanto quel che ci vogliono
far credere sia prezioso non vale nulla. Ci vuole molto di più, ci vuole
federalizzazione vera.
In quanto al governo
Monti: se serve ad avere autorevolezza in quella direzione, superando la
colpevole e rissosa inerzia delle forze politiche, che resti al suo posto,
meritando rispetto; se, invece, crede sul serio d’incarnare una specie di
superiorità etnica, immune da critiche e intenta a redimere gli italiani dai
loro peccati, per giunta fallendo ripetutamente analisi economia (le cose di
oggi, ripeto, le scriviamo da luglio 2011!), allora possiamo farne a meno.
Abbiamo già dato. Troppo.
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