Racconto la storia come denuncia di quanto abbiano ragione
coloro che contestano l' inaffidabilità del
Consiglio Superiore della Magistratura come organo
disciplinare dei Giudici (che poi è la stessa obiezione che viene fatta agli
organi equivalenti dei vari ordini professional) : tra cani non ci si morde.
Dall'articolo di Franco Bechis saranno censurati i nomi dei
protagonisti della vicenda privata, e quello del luogo del Tribunale dove il
Giudice esercita la sua funzione. Non è importante. Quello che secondo me
rileva , ed è grave, è che l'organo chiamato a tutelare l'immagine della
Magistratura, sanzionando condotte assolutamente non consone per un suo membro,
di fatto l'infanghi a sua volta arrivando a negare l'assoluta evidenza pur di
preservare il proprio adepto.
Riassumo brevemente (i particolari li potrete leggere dopo): un marito picchia la moglie, in più di un'occasione, lei lo denuncia, poi, in
sede di separazione, ritira la querela. Fa notizia? Assolutamente no.
Purtroppo succede, come ben sappiamo.
Però in questo caso il marito con le mani lunghe è UN
GIUDICE (la moglie un avvocato...potevamo mai andare d'accordo??).
E quindi, mentre la cosa per la giustizia penale si chiude a
seguito della rimessione della querela da parte della consorte, la vicenda
finisce di fronte alla sezione disciplinare del CSM.
La linea di difesa del giudice è stata che, siccome la cosa
non si era risaputa, nessun danno poteva essere derivato all'immagine della
magistratura. E già questo tipo d'impostazione mi lascia un attimo perplesso,
ma può essere benissimo che il codice etico richiesto ad un magistrato sia meno
severo di quello invece imposto ad un carabiniere. In questo secondo caso
infatti, l'ARMA pretende che il proprio appartenente si astenga da una condotta
disdicevole, non essendo certo sufficiente che la stessa NON si sappia.
Però, ripeto, può darsi che i vizi privati, ancorché
potenzialmente reati - come i maltrattamenti ad una donna, ancorché moglie (è
una BATTUTA!!!!!) - se rimangono tra le mura domestiche non abbiano rilievo.
In questo caso però la cosa si era risaputa, ne avevano
parlato i giornali locali e nazionali.
Dunque come mai il Procuratore Generale della Cassazione si
è pronunciato per l'assoluzione?
Semplice: anche lui ha fatto finta di credere che la cosa
fosse rimasta "all'interno del rapporto".
E questo gli è bastato.
Anche a noi, per essere sempre più convinti che il CSM va
cambiato.
Cinque dicembre 20XX. Lite accesa in una casa
di XXXX. Volano parole grosse, qualche urla, forse c’è una colluttazione. Tre
marzo 20XX: al tribunale di XXX viene presentata denuncia-querela da parte di
un avvocato, XXXX. Accusa il marito, XXXXX di violenza privata, maltrattamenti famigliari e lesioni personali dolose. I
fatti raccontati sono proprio quelli del 5 dicembre. Atti giudiziari di questo
tipo sono piuttosto numerosi nei tribunali italiani. Quella lite però non è da
poco: la presunta vittima è un avvocato, il marito che avrebbe commesso
violenza, un giudice delle indagini preliminari dello stesso tribunale di XXX (oggi è giudice monocratico). Il procedimento viene trattato in tempo record.
Il 9 marzo la moglie, l’avvocato XXX, ritira la denuncia- querela. Il giorno
prima aveva trovato un’intesa sulla separazione dal marito e soprattutto sugli
alimenti. Il procedimento è destinato a morire, e così sarà: proscioglimento da
due accuse, estinzione del reato per la terza grazie alla remissione della
querela. Nel frattempo però il fascicolo giudiziario è arrivato al ministero
della Giustizia che ha promosso l’azione disciplinare nei confronti del XXXX davanti al Csm. La procura generale della Cassazione sostiene che non
c’è materia, essendo intervenuta la remissione della querela. La commissione
disciplinare è di diverso avviso, perché quella violenta lite familiare è
comunque esistita e può avere leso il prestigio della magistratura. Il capo di
imputazione davanti al Csm è assai duro: sostiene che il Gip avrebbe
“ripetutamente percosso” la consorte, e
che in un’occasione l’avrebbe “sbattuta contro il muro e a terra”, causandole
lesioni giudicate guaribili in due settimane da un referto medico. In quella
occasione per altro il XXXX avrebbe impedito alla moglie di recarsi al
pronto soccorso “sottraendole e distruggendole le chiavi della sua auto” e
costringendola a “sedersi sul letto accanto a lui per tutta la notte mentre le
tratteneva i polsi”, dicendole “sei una donna inutile, fai schifo”. Le accuse
sono tratte dalla stessa querela poi ritirata dalla signora, ma sono approdate
il 15 giugno scorso alla disciplinare del Csm. Dove il diretto interessato si è
difeso quasi considerandosi vittima e negando qualsiasi impatto sulla propria
funzione di magistrato, perché nessuno avrebbe conosciuto la vicenda (finita
invece su molti giornali locali e nazionali). “Devo rimarcare”, ha spiegato XXX “ che tutta la vicenda è personale, dolorosissima. Purtroppo sono
anni ancora che -diciamo- si trascina questa cosa. Dal punto di vista
professionale, di immagine, credo che assolutamente non abbia inciso
minimamente non fosse altro perché assolutamente nessuno ne è venuto a
conoscenza, è una cosa che è rimasta –da questo punto di vista fortunatamente-
in una sfera del tutto privatissima e personale”. La vera sorpresa è però
venuta da chi doveva sostenere l’accusa, Vincenzo Geraci, sostituto procuratore
generale della Corte di Cassazione, che invece ha chiesto l’assoluzione con
motivazioni stupefacenti: “Non mi pare che siano emersi degli altri fatti che
consentano di dire che ci sia stata una lesione della immagine del magistrato.
E’ spiegato come il tutto si sia risolto e mantenuto all’interno di un
tormentato rapporto di coppia che ha avuto queste disdicevoli manifestazioni
come dire anche fisiche e contundenti…”.
Anche i magistrati dunque hanno
diritto alla loro dose di botte familiari.
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