mercoledì 11 luglio 2012

SPESA PUBBLICA. CHI E' SENZA PECCATO SCAGLI LA PRIMA PIETRA

Continuano le polemiche sulla Spending Review, i tagli da fare, se farli, dove farli, le proteste dei "colpiti".
La gente , rilevava  Mannheimer  dall'esame dei risultati demoscopici, è convinta che ci sono troppi sprechi e troppe spese, e anzi, per la prima volta, la maggior parte sembra addirittura convincersi che pur di avere meno tasse, e quindi qualche soldo in più nelle proprie tasche, sia possibile accettare qualche servizio in meno!!!!!
Però, ripeto, questi discorsi restano più che altro sull'astratto. perché poi basta che ti tolgono il tribunale sotto casa, il pronto soccorso del paesello (dove andavi solo per un'indigestione, perché se ti accadeva qualcosa di più serio, col cavolo che andavi lì) ed ecco a strillare che "ben altri sono i tagli da fare!!!".
Solo su una cosa c'è l'unanimità : il taglio delle prebende ai politici. Lì siamo tutti d'accordo. Però ci hanno anche spiegato, cifre alla mano, che se quei tagli sono sacrosanti ed "etici", dal punto di vista strettamente economico non è che risolvano il problema.
Sono un bel messaggio, ineludibile direi (e invece...), ma poi bisogna fare i sacrifici veri, che sono ALTRI e i NOSTRI.
Ormai sul tema sto facendo una raccolta antologica.
Oggi riporto il pensiero di Giuseppe Turani, noto giornalista economico, e di Sergio Romano, politologo navigato e stimato, da tempo apprezzato editorialista del Corriere della Sera.
Buona Lettura


Grandi proteste (dalla Cgil alla Confindustria) per il taglio di 4-5 miliardi di spesa pubblica. Con relativa minaccia di barricate. E con il Pd, naturalmente, schierato con la Cgil (insieme alla quale ha già rovinato la riforma del lavoro, bei riformisti). Allora, forse, è il caso di ricordare che la spesa pubblica italiana è pari a circa il 50 per cento del Pil, cioè della ricchezza prodotta in un anno e che ammonta in tutto a 800 miliardi di euro.
Il peso del fisco, per tenere in ordine i conti, è ormai superiore al 50 per cento e di fatto impedisce ogni ripresa: semplicemente soffoca l’economia italiana. Draghi lo ha appena ricordato: se volete smuovere l’economia, dovete tagliare le imposte. Cioè dovete tagliare le spese.

Ma come si fa a tagliare la spesa pubblica, se il presidente di Confindustria urla alla “macelleria sociale” di fronte a un taglio che non arriva nemmeno all’1 per cento della spesa pubblica? E se la Cgil minaccia uno sciopero generale?

E’ possibile che in questi giorni le forze politiche e quelle sociali (sindacati e Confindustria) abbiano dato il peggio di sé.

Se la società italiana vuole togliersi dalla paralisi che la attanaglia da vent’anni, deve abbattere un muro. E il muro è quello della spesa pubblica: più ne tira giù, meglio sarà.

Ma allora il problema non è urlare di fronte a un taglio inferiore all’1 per cento, ma chiedersi come si deve fare per tagliare il 10 o il 15 per cento. A meno che non si pensi di proseguire come si è fatto finora, mandando poi il conto alla signora Merkel.
 
" Questa rubrica ha ricevuto negli ultimi tempi lettere di due tipi. Quelle del primo tipo lamentano sprechi che possono essere addebitati alla classe politica, ai banchieri, ai ceti dirigenti della società: pensioni d’oro, bonus, macchine blu, viaggi a spese dell’erario, paternalismo, incarichi privi di qualsiasi utilità pubblica. Quelle del secondo tipo, giunte soprattutto dopo le ultime decisioni del governo, lamentano i tagli destinati ad avere ripercussioni su chi ne sarà direttamente o indirettamente colpito: i dipendenti degli uffici soppressi o rimpiccioliti, i cittadini che non avranno più i tribunali, gli ospedali e gli uffici della Provincia a portata di mano.
Le due proteste possono apparire a prima vista completamente diverse e le prime più giustificate delle seconde. Temo invece che entrambe riflettano i vizi di un Paese corporativo dove ogni gruppo sociale difende strenuamente ciò che gli conviene e accetta i tagli soltanto quando sono fatti a spese degli altri. Se facessero un esame di coscienza, molti italiani si accorgerebbero, ad esempio, che l’inefficienza della pubblica amministrazione e gli eccessi della spesa pubblica sono, soprattutto in alcune regioni, una responsabilità collettiva. Di quante assunzioni clientelari siamo responsabili? Quali e quante complicità ci hanno permesso di ottenere una pensione per invalidità, un certificato medico di favore, un posto di lavoro fittizio? Su quante connivenze abbiamo potuto contare per evadere il fisco?

La sua lettera, caro Vanetti, ha il merito di ricordare che i tagli migliori e più efficaci sono quelli dovuti a un uso prudente e razionale delle risorse negli ospedali, nelle scuole, nelle università, nelle procure, negli enti locali. I tagli del governo Monti sono necessari, anche se probabilmente insufficienti, ma saranno veramente utili soltanto se costringeranno gli enti pubblici e i cittadini che hanno bisogno dei loro servizi a eliminare gli sprechi di cui siamo tutti, collegialmente, responsabili. Quando debbono farlo in famiglia gli italiani sono bravissimi. Cerchino di esserlo anche quando usano il denaro pubblico".

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