mercoledì 1 agosto 2012

L'ORGOGLIO DI ESSERE GARANTISTA


La Cassazione dichiara che Lusi non deve stare in cella. Bella figura i senatori che giudicarono che il carcere potesse essere misura non persecutoria nei confronti del collega caduto in disgrazia...
La Corte della Legge, ha ricordato ai giudici che il carcere "cautelare" è misura STRAORDINARIA. Quindi NON basta che esistano "gravi elementi" per ritenere adottabile, nel singolo caso,  la misura ECCEZIONALE della restrizione della libertà personale PRIMA di una condanna definitiva, ma deve anche essere spiegato perché non si   ritengano  assumibili  altre misure, pure "cautelari" però  meno afflittive rispetto alla prigione.
Oggi si legge che il "re della Mozzarella" Giuseppe Mandara è stato rimesso in libertà dal Tribunale del Riesame. Io ricordo ancora la vergogna del caso Scaglia, ex AD di Fastweb ( http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2011/07/mani-pulite-due-la-vendetta.html ), che, indagato, tornò appositamente in Italia per mettersi a disposizione dei magistrati che invece lo ARRESTARONO. Motivazione? Pericolo di fuga non ebbero la faccia tosta di sostenerlo, visto che era TORNATO IN ITALIA da solo. Reiterazione del reato difficile dirlo visto che NON ERA PIù AMMINISTRATORE di FASTWEB.

Allora inquinamento delle prove? Ma dai!!! Intanto sempre il fatto che a Fastweb non c'era più era praticamente impossibile farlo, e poi si trattava di un reato di false fatturazioni, roba di cui poteva rispondere in quanto "mandante" ma certo non come esecutore che poi cerca di far sparire "le prove"....
E comunque una persona incensurata, che torna in Italia, che si mette a disposizione, tu l'arresti????
Ohi anche quelli del PD, qualcuno almeno, si imbarazzò della cosa e  protestò, non troppo forte.
Insomma questo signore si è fatto un anno senza libertà tra prigione e arresti domiciliari .
Lo Stato Italiano pagherà come al solito i danni, i giudice dementi che presero la decisione e ostinatamente la conservarono NO.  Può continuare questa cosa? 
La difesa del garantismo, uno dei capisaldi del Camerlengo, non nasce , per quanto mi riguarda, da un finto buonismo, da una positiva esortazione a non anticipare giudizi, che pure sono valori positivi che purtroppo non mi appartengono. Non sono "Buono" e giudico spesso  cose e persone (ben sapendo di subire la stessa sorte e accettandolo).
Però questa mia caratterialità non si traduce in un POTERE. Se lo avessi, mi comporterei diversamente, attenendomi con scrupolo a principi di garanzia.

Faccio un esempio. Personalmente sono convinto che la campionessa cinese, la YE SHIWEN, capace di una frazione dei 100 metri SL di nuoto condotta con tempi INFERIORI a campioni maschi come Lochte e Phelps, sia dopata. La mia convinzione sposa un pregiudizio: un tempo del genere NON è possibile col solo "sudore della fronte". Oltretutto, già le cinesi nel 1994 avevano dato luogo a questi exploit sportivi, allora spiegati col "sangue di tartaruga!!?!?!?, e poi fu scoperto il doping.
Il sospetto quindi è del tutto legittimo.
PERO', e qui sta la differenza, io mi limito a scrivere un blog, non sono un Giudice, non ne ho il POTERE.  Io posso riportare un fatto ed esprimere un mio giudizio. SE fossi invece un giudice CIO, NON sospenderei l'assegnazione della medaglia sulla base della mia convinzione personale. Se non ho la prova del doping, la YE resta la campionessa olimpica. Non sostituisco la mia convinzione alla legge.
Sul tema del garantismo, e sul giusto orgoglio di chi  sente vivo dentro di sé questo alto principio di civiltà, ha scritto un bell'intervento Pierluigi Battista qualche giorno fa.
Io lo leggerei. Ah, ho evidenziato TUTTO. Non ho potuto farne a meno.

Quel garantismo orgoglioso di sé"  

C'è sempre un sospetto che grava sul garantismo: di essere uno schermo protettivo dei potenti e dei delinquenti che si attaccano ai cavilli della forma per eludere la «sostanza» della giustizia. Hanno anche accoppiato al garantismo un aggettivo insensato ma intimidatorio: «peloso», «garantismo peloso». Chi lo ha inventato è certamente un maestro della disinformazione e del linciaggio. Ma spesso i garantisti si lasciano svillaneggiare da chi si considera, con pretesa ridicola e largamente smentita dai fatti, depositario monopolistico della Virtù. Bisognerebbe che i garantisti fossero più convinti che la difesa intransigente dello Stato di diritto è un valore fondamentale della civiltà liberale, non un puntiglio formalistico. Che le intercettazioni a «strascico», di fatto illimitate, pervasive, indiscriminate e che poi vengono pubblicate per massacrare la reputazione di cittadini non indagati sono una barbarie, in larghissima parte del tutto inessenziali nella fase investigativa, abusate da una fetta della magistratura smaniosa di titoli in prima pagina, camuffate dai media come imprescindibile dovere di cronaca. Difendere il diritto delle persone a non essere massacrate da un meccanismo mediatico-giudiziario è un valore in sé, non un escamotage per mettere il bavaglio alla libera stampa e per imbrigliare l'azione dei magistrati. È un valore il diritto alla difesa degli indagati e degli imputati, spesso considerato dalla media cultura forcaiola italiana un mero pretesto ostruzionistico. È un valore quello della pretesa di un processo giusto. È un valore il principio di non colpevolezza fino a sentenza definitiva costituzionalmente tutelato. È un valore la pretesa che la magistratura sia in grado di accumulare prove e di non costruire teoremi suggestivi e fantasiosi. È un valore il rifiuto del linciaggio a mezzo stampa. È un valore salvare dall'oblio l'articolo 15 della Costituzione, quello che tutela la riservatezza della corrispondenza, sempre messo da parte dai tonitruanti sacerdoti dimezzati che non hanno mai il coraggio nemmeno di menzionarlo. È un valore rifiutare la carcerazione preventiva come mezzo di pressione per estorcere confessioni ed è un valore per i «poveri cristi» come per i parlamentari. È un valore esigere che l'Italia rientri, dopo che il livello delle garanzie individuali è crollato nel corso degli anni verso soglie oramai allarmanti, nella civiltà del diritto, nei Paesi dove quei «valori» sono ovvietà garantiste e non «formalismi» da sottoporre ai rituali del sospetto. Il diritto che si spegne è la morte di una civiltà e anche, come si è visto in questi giorni, causa della sofferenza e della morte di persone stritolate dalla cultura del sospetto e dalla ghigliottina della condanna preventiva. Perciò il garantismo dovrebbe ritrovare orgoglio e stima di sé, senza lasciarsi intimidire dai cantori della giustizia «sostanziale» e irrispettosa delle forme.
   

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