Io credo che pochi come Polito, che è un liberal di sinistra, ex senatore del PD all'epoca del secondo governo Prodi, sappiano descrivere così bene le vicende che si svolgono in quel campo.
Nell'articolo che trovate postato di seguito viene perfettamente spiegato:
1) La sinistra è robusta formazione di minoranza nel nostro paese. PD più SEL (la formazione che fa capo a Vendola) superano di poco il 30%
2) Non si tratta di formazione omogenea, come dimostra il sia pur sofferto appoggio del PD a Monti e alla politica di rigore, mentre Vendola. critica aspramente le riforme dell'attuale governo.Non arriva alle posizioni di rottura di Di Pietro, che infatti grazie ad esse si trova oggi estromesso (ma da qui alla primavera prossima avoglia a giri di valzer !!) dalla foto di Vasto. Però la difesa dello Stato sociale e del Lavoro così come si sono delineati dagli anni 70 in poi appare del tutto inconciliabile con le regole europee, e chi si illude che una Germania sotto l'egida SPD ( che nemmeno è probabile si vedrà) rivoluzionerà le tendenze attuali, si ILLUDE.
3) La disomogeneità interna non solo con SEL ma anche interna al PD, con gente come Ichino, Renzi, Veltroni, Letta, Fioroni, Follini da una parte e Fassina, Orsini, Damiano dall'altra, con in mezzo i pontieri che fanno capo al segretario, D'Alema, Fassino, Franceschini....non è certo prodromica di un governo stabile e coerente, come del resto già si è visto nelle precedenti edizioni del centrosinistra . Aggiungiamoci l'alleanza post elettorale con i moderati dell'UDC e il piatto del caos prossimo venturo è servito!
4) Il caposaldo economico del programma presentato da Bersani è la patrimoniale, oltre alla regolarizzazione delle unioni gay. Bersani è stato onesto, non sconfessando la fissa di colpire i "patrimoni" che da sempre vige a sinistra. Solo che i ceti medi dovrebbero aver capito, dall'andazzo della tassazione degli ultimi anni, che a pagare la patrimoniale NON Saranno i " Paperoni", ma LORO, possessori di una casa, forse una seconda destinata al figlio o a integrare con l'affitto (tassatissimo) la pensione. Insomma coloro che sognano uno Stato meno invadente, con una pressione fiscale nettamente inferiore, al prezzo di uno stato sociale più magro, rivolto essenzialmente alle categorie veramente deboli e non a TUTTI, non dovrebbero votare da quella parte, perché il programma è il solito.
E questo a prescindere dalla fattibilità e sostenibilità dei propositi Bersaniani.
A voi e Buona lettura
Un’alleanza sottovoce
La «narrazione» di
Nichi Vendola è sempre complessa, ma ieri lo è stata di più. Non era nemmeno
uscito da un incontro con Bersani per concordare un’alleanza col Pd chiusa a Di
Pietro e aperta all’Udc, che già convocava una conferenza stampa per smentire
di aver aperto all’Udc e chiuso a Di Pietro. Nel mezzo, la rivolta in Rete dei
suoi militanti, che di Casini non vogliono sentire nemmeno parlare. Ma la
sinistra ha i suoi riti, e quella cui stiamo assistendo è un’elaborata danza di
corteggiamento: Vendola non può fare a meno di Bersani, ma non può neanche fare
a meno dei suoi elettori, regalandoli a Grillo o a Di Pietro. Così si tenta un
avvicinamento graduale e progressivo, fatto di un’allusione e di una smentita,
di un passo avanti e uno indietro.
Affabulazioni a
parte, sembra però ormai chiaro quale è lo schema di gioco di questa parte politica
che ormai apertamente, e incurante dell’infausto precedente del ’94, si
definisce «progressista»: mettere insieme la più forte minoranza del Paese,
profittando del vuoto che c’è a destra, e allearsi con i moderati dell’Udc dopo
il voto, per fare una maggioranza parlamentare. Questo modulo a due punte dei
progressisti ha il vantaggio non indifferente di introdurre un elemento di
chiarezza: la terza punta, che appariva nella foto di Vasto, è stata tagliata
via. Di Pietro non farà parte della squadra perché di fatto ne ha già scelta
un’altra, quella dell’opposizione antisistema. Gli interessano più i proclami
di Grillo che i programmi di governo. Comparando Napolitano e Monti a
Berlusconi ha tagliato definitivamente i ponti col Pd, e se Vendola vuole stare
con il Pd non può stare con Di Pietro. La speranza comune è di sostituirlo con
la terza ruota di una «lista arancione », capitanata dai sindaci- pm de
Magistris ed Emiliano, nel tentativo di attrarre i voti «puritani» della
cosiddetta società civile e dare una copertura «morale» alla rottura con
Tonino.
Ma la manovra
cominciata ieri a sinistra presenta anche lo svantaggio di dover far ricorso a
una dose di ambiguità molto elevata, potenzialmente esplosiva. Vendola, per
esempio, ha dovuto condire la svolta con la sua candidatura ufficiale alle
primarie del centrosinistra, per dimostrare che entra dalla porta principale e
non per annessione. Così facendo ha però creato qualche problema non da poco a
Bersani, che con Renzi competitore a destra e Nichi competitore a sinistra
forse uscirà comunque vincitore, ma difficilmente trionfatore da quella che
doveva essere l’investitura alla leadership e dunque la candidatura a Palazzo
Chigi.
In secondo luogo,
gli «intenti» presentati dal Pd, e ancor più quelli enunciati da Vendola, non
sono credibili come la base di un patto d’azione con i moderati, e dunque
andranno ricontrattati dopo il voto. Nel lungo documento presentato da Bersani
le uniche due proposte chiare sono la patrimoniale e le unioni gay. E se ci
sono due cose per le quali ceti medi proprietari ed elettori cattolici sono
preoccupati sono proprio il patrimonio e il matrimonio. L’incubo di una
riedizione dei conflitti interni alla coalizione dell’ultimo Prodi non sembra
dunque per niente scongiurato.
D’altra parte, la
visione del conflitto sociale ribadita ieri da Vendola è più compatibile con la
Fiom che con la Commissione europea, poiché nemmeno una Germania eventualmente
governata dalla Spd ci consentirebbe di avviare un esperimento di keynesismo in
un Paese solo e con i soldi degli altri, abbandonando le politiche di
austerità.
La mossa a sinistra
di ieri è dunque solo l’apertura della lunga partita a scacchi che si
concluderà nella prossima primavera e che tiene in apprensione i mercati, in
attesa di capire che cosa sarà dell’Italia dopo Monti. Vendola ha proposto di
chiamare questa nuova alleanza il «Polo della speranza», e la speranza, si sa,
è l’ultima a morire. Ma per fare pronostici sulla sua sorte bisognerà vedere
come reagirà il centrodestra, il quale al momento sembra totalmente privo di
uno schema di gioco, e però se ne trova uno torna immediatamente in gioco. E,
soprattutto, bisognerà vedere come si chiuderà la partita interna
all’elettorato di sinistra, e quanti all’alleanza di governo di Bersani e
Vendola preferiranno quella di non governo di Grillo e Di Pietro.
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