domenica 9 settembre 2012

BASTA CHIEDERE! RISPOSTA IMMEDIATA DI RENZI ALLE DOMANDE DEL CORSERA

Ieri Antonio Polito aveva pubblicato sul Corriere della Sera 10 domande a Renzi, augurandosi che il candidato leader della Sinistra per le primarie prima e le elezioni del 2013 dopo avrebbe voluto rispondere.
Detto, fatto. Carta e penna, si fa per dire, e oggi sul Corriere della Sera c'erano le risposte di Renzi. A dire la verità NON puntuali, non specifiche. Renzi invita Polito a seguirlo nel suo viaggio per le 100 province italiane, dove assicura che sarà più preciso. Al momento, reputa sufficiente indicare un quadro Generale, dove l'Europa è primaria ( e quindi sì alle progressive riduzioni della sovranità nazionale), dove il debito venga abbattuto con le dismissioni e NON con le Tasse, nel lavoro, una riforma normativa che preveda un drastico sfoltimento normativo che renda la vita delle imprese più agile, facile, senza così tanti adempimenti e dubbi (speriamo che lo stesso discorso lo pensi in materia fiscale...).
Renzi continua a piacere tento a tutti quelli che NON appartengono alla sinistra marxiana, radicale, nonché a quelli che auspicano un cambiamento che non significhi Socialismo Reale (verso il quale in realtà il paese sta sempre più scivolando).
Reputo cosa utile riportare prima le dieci domande di Polito e poi di seguito la risposta di Renzi.
Buona Lettura


 1. Tra le Cento Idee non ce n’è una sull’Europa. Da capo del governo Renzi accetterà nuove cessioni di sovranità e maggiori controlli esterni sui nostri conti, in cambio di un’Unione politica e di bilancio più stretta? Sottoscriverebbe prima delle elezioni un memorandum di intese con l’Europa che vincoli anche il futuro governo, nel caso Monti sia costretto a chiedere un aiuto anti-spread?  

2. Renzi si propone di «portare il rapporto debito/ Pil al 100% in tre anni». Si tratterebbe di un’impresa titanica: 400 miliardi di euro da restituire in 36 mesi, a un ritmo più che doppio rispetto a quello che ci impone il Fiscal Compact europeo. Quale parte del patrimonio dello Stato intende vendere e quale parte del patrimonio degli italiani intende tassare, per riuscirci?

3. Sull’articolo 18 Renzi dichiarò: «Non me ne può fregare di meno». Vuol dire che una volta al governo non cambierà la riforma Fornero o che la cambierà? Lascerebbe intatta anche la riforma delle pensioni o la modificherebbe, come propone il suo partito, a favore dei cosiddetti «esodati»?  

4. Conferma la proposta di dare un bonus di 4.000 euro l’anno per due anni a tutte le famiglie che abbiano un secondo o un terzo figlio e un bonus di 2.000 euro a tutti i laureati con 110 e lode? Con quale copertura finanziaria? 

5. Renzi promette di rivedere il piano delle infrastrutture «scegliendo le grandi opere che servono davvero». Vi è compresa la Tav Torino-Lione?

6. Mantiene la sua proposta di un’«amnistia condizionata » per i politici corrotti?

7. Da presidente del Consiglio Renzi favorirà una legge che limiti il ricorso alle intercettazioni e ne proibisca la pubblicazione quando riguardino soggetti non indagati?

8. Renzi si è dichiarato a favore di una «regolamentazione delle unioni civili». Più di recente ha parlato di «civil partnership» per gli omosessuali. Vuol dire che è contrario al matrimonio gay e alle adozioni?

9. Una domanda di «vecchia politica»: se vincerà le primarie, proporrà a Udc e Sel un governo comune, come fa Bersani, o ha altre idee?

Infine, dopo nove domande rivolte all’aspirante premier, una mezza domanda finale nell’ipotesi che invece Renzi non vinca le primarie: darà vita anche lui a un’altra «componente» del Pd, come hanno finora fatto tutti i candidati sconfitti, da Franceschini a Letta, da Bindi a Marino?


Caro direttore,

non sono scomode le domande che pone Antonio Polito nell'editoriale di ieri. Chi si propone di cambiare l'Italia deve dire come intende farlo. Noi lo faremo in un lungo viaggio che da Verona, giovedì prossimo, toccherà le oltre cento province italiane. Sta qui il senso della sfida delle primarie: non una competizione sulla simpatia dei candidati, ma un confronto duro e leale su due idee diverse della società, su due visioni del futuro. Polito pone singole domande, specifiche. Se gli rispondo punto per punto mi accuseranno di essere rimasto fermo al tempo in cui partecipavo ai telequiz. Mi limito a una minima riflessione politica, augurandomi che Polito ci segua, dal 13 settembre in poi, quando presenteremo la prima bozza di programma che sarà discussa da centinaia di comitati in tutta Italia e diventerà il programma a novembre, alla Stazione Leopolda. 
 L'Europa. Ho già detto pubblicamente che non basta l'unione monetaria. Il futuro è l'unione politica, con il servizio civile europeo, l'esercito europeo, la diplomazia europea. Se non ci diamo quell'obiettivo, l'euro sarà un fallimento, spread o non spread. Ci arriveremo. In una generazione, certo, non in una legislatura. Ma ci arriveremo. Non mi sfugge che l'apertura del mio viaggio in Italia arriverà all'indomani della sentenza della Corte Costituzionale tedesca sul trattato Esm. L'Europa che voglio per mio figlio, però, è anche un'Europa che non parla solo del debito sovrano, ma anche dei ragazzi siriani, dei cristiani uccisi in Nigeria, del Mediterraneo e di una primavera araba che rischia rapidamente di trasformarsi in un inverno gelido.

Sì, vogliamo ridurre il debito pubblico ma senza aumentare le tasse. Polito vuole evitare ogni riferimento alla mia esperienza amministrativa. Peccato. Quando uno si candida deve anche dire cosa ha fatto fino a quel momento. Bene, io, da sindaco e prima ancora da presidente della Provincia, ho abbassato le tasse locali. In Italia le tasse le pagano sempre i soliti e le pagano troppo alte. Abbassarle è un imperativo, anche per disegnare un futuro basato sulla giustizia e sul merito anziché sulle rendite di posizione. La conseguenza logica, beninteso, è che occorre insistere su un ambizioso processo di dismissioni e di privatizzazioni. Ma nessun fondo immobiliare cui conferire pezzi di patrimonio pubblico avrà valore se le procedure burocratiche e urbanistiche non saranno modificate. Non bastano le slide dei professori per risolvere i problemi degli italiani, fidatevi della parola di un sindaco.

Sul lavoro, mi permetto di insistere: il problema delle aziende non è un articolo dello Statuto dei lavoratori, oggetto di una battaglia tutta ideologica e rivolta al passato. Il problema è che il diritto del lavoro in Italia è fatto di un corpus di oltre duemila norme che genera incertezza sia per i lavoratori che per le aziende. Cinquanta, sessanta norme chiare, traducibili in inglese, immediatamente comprensibili. Mi spiace per i consulenti del lavoro, ma il futuro sarà semplice o non sarà.

Sugli interrogativi più «politici» su correnti e alleanze, mi limito a questo. Per la prima volta un gruppo di amministratori ha deciso di mettersi in gioco ponendo una sfida che non è solo generazionale, ma punta a un radicale ricambio di idee. Non sappiamo se gli elettori delle primarie del centrosinistra premieranno questa sfida: quello che è certo è che saranno idee chiare, puntuali, verificabili. E chi avrà tempo e voglia di seguire il nostro lungo viaggio per l'Italia avrà modo di rendersene conto. Magari non tutti saranno d'accordo con noi, ma quello che è sicuro è che al centro della politica italiana, per una volta, ci saranno i contenuti. E non l'ennesimo dibattito sui contenitori.

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