Detto, fatto. Carta e penna, si fa per dire, e oggi sul Corriere della Sera c'erano le risposte di Renzi. A dire la verità NON puntuali, non specifiche. Renzi invita Polito a seguirlo nel suo viaggio per le 100 province italiane, dove assicura che sarà più preciso. Al momento, reputa sufficiente indicare un quadro Generale, dove l'Europa è primaria ( e quindi sì alle progressive riduzioni della sovranità nazionale), dove il debito venga abbattuto con le dismissioni e NON con le Tasse, nel lavoro, una riforma normativa che preveda un drastico sfoltimento normativo che renda la vita delle imprese più agile, facile, senza così tanti adempimenti e dubbi (speriamo che lo stesso discorso lo pensi in materia fiscale...).
Renzi continua a piacere tento a tutti quelli che NON appartengono alla sinistra marxiana, radicale, nonché a quelli che auspicano un cambiamento che non significhi Socialismo Reale (verso il quale in realtà il paese sta sempre più scivolando).
Reputo cosa utile riportare prima le dieci domande di Polito e poi di seguito la risposta di Renzi.
Buona Lettura
1. Tra le Cento Idee
non ce n’è una sull’Europa. Da capo del governo Renzi accetterà nuove cessioni
di sovranità e maggiori controlli esterni sui nostri conti, in cambio di
un’Unione politica e di bilancio più stretta? Sottoscriverebbe prima delle
elezioni un memorandum di intese con l’Europa che vincoli anche il futuro
governo, nel caso Monti sia costretto a chiedere un aiuto anti-spread?
2. Renzi si propone di «portare il rapporto debito/ Pil al
100% in tre anni». Si tratterebbe di un’impresa titanica: 400 miliardi di euro
da restituire in 36 mesi, a un ritmo più che doppio rispetto a quello che ci
impone il Fiscal Compact europeo. Quale parte del patrimonio dello Stato
intende vendere e quale parte del patrimonio degli italiani intende tassare,
per riuscirci?
3. Sull’articolo 18 Renzi dichiarò: «Non me ne può fregare
di meno». Vuol dire che una volta al governo non cambierà la riforma Fornero o
che la cambierà? Lascerebbe intatta anche la riforma delle pensioni o la
modificherebbe, come propone il suo partito, a favore dei cosiddetti «esodati»?
4. Conferma la proposta di dare un bonus di 4.000 euro
l’anno per due anni a tutte le famiglie che abbiano un secondo o un terzo
figlio e un bonus di 2.000 euro a tutti i laureati con 110 e lode? Con quale
copertura finanziaria?
5. Renzi promette di rivedere il piano delle infrastrutture
«scegliendo le grandi opere che servono davvero». Vi è compresa la Tav
Torino-Lione?
6. Mantiene la sua proposta di un’«amnistia condizionata »
per i politici corrotti?
7. Da presidente del Consiglio Renzi favorirà una legge che
limiti il ricorso alle intercettazioni e ne proibisca la pubblicazione quando
riguardino soggetti non indagati?
8. Renzi si è dichiarato a favore di una «regolamentazione
delle unioni civili». Più di recente ha parlato di «civil partnership» per gli
omosessuali. Vuol dire che è contrario al matrimonio gay e alle adozioni?
9. Una domanda di «vecchia politica»: se vincerà le
primarie, proporrà a Udc e Sel un governo comune, come fa Bersani, o ha altre
idee?
Infine, dopo nove domande rivolte all’aspirante premier, una
mezza domanda finale nell’ipotesi che invece Renzi non vinca le primarie: darà
vita anche lui a un’altra «componente» del Pd, come hanno finora fatto tutti i
candidati sconfitti, da Franceschini a Letta, da Bindi a Marino?
Caro direttore,
non sono scomode le domande che pone Antonio Polito
nell'editoriale di ieri. Chi si propone di cambiare l'Italia deve dire come
intende farlo. Noi lo faremo in un lungo viaggio che da Verona, giovedì
prossimo, toccherà le oltre cento province italiane. Sta qui il senso della
sfida delle primarie: non una competizione sulla simpatia dei candidati, ma un
confronto duro e leale su due idee diverse della società, su due visioni del
futuro. Polito pone singole domande, specifiche. Se gli rispondo punto per
punto mi accuseranno di essere rimasto fermo al tempo in cui partecipavo ai
telequiz. Mi limito a una minima riflessione politica, augurandomi che Polito
ci segua, dal 13 settembre in poi, quando presenteremo la prima bozza di
programma che sarà discussa da centinaia di comitati in tutta Italia e
diventerà il programma a novembre, alla Stazione Leopolda.
L'Europa. Ho già
detto pubblicamente che non basta l'unione monetaria. Il futuro è l'unione
politica, con il servizio civile europeo, l'esercito europeo, la diplomazia
europea. Se non ci diamo quell'obiettivo, l'euro sarà un fallimento, spread o
non spread. Ci arriveremo. In una generazione, certo, non in una legislatura.
Ma ci arriveremo. Non mi sfugge che l'apertura del mio viaggio in Italia
arriverà all'indomani della sentenza della Corte Costituzionale tedesca sul
trattato Esm. L'Europa che voglio per mio figlio, però, è anche un'Europa che
non parla solo del debito sovrano, ma anche dei ragazzi siriani, dei cristiani
uccisi in Nigeria, del Mediterraneo e di una primavera araba che rischia
rapidamente di trasformarsi in un inverno gelido.
Sì, vogliamo ridurre il debito pubblico ma senza aumentare
le tasse. Polito vuole evitare ogni riferimento alla mia esperienza
amministrativa. Peccato. Quando uno si candida deve anche dire cosa ha fatto
fino a quel momento. Bene, io, da sindaco e prima ancora da presidente della
Provincia, ho abbassato le tasse locali. In Italia le tasse le pagano sempre i
soliti e le pagano troppo alte. Abbassarle è un imperativo, anche per disegnare
un futuro basato sulla giustizia e sul merito anziché sulle rendite di
posizione. La conseguenza logica, beninteso, è che occorre insistere su un
ambizioso processo di dismissioni e di privatizzazioni. Ma nessun fondo
immobiliare cui conferire pezzi di patrimonio pubblico avrà valore se le
procedure burocratiche e urbanistiche non saranno modificate. Non bastano le
slide dei professori per risolvere i problemi degli italiani, fidatevi della
parola di un sindaco.
Sul lavoro, mi permetto di insistere: il problema delle
aziende non è un articolo dello Statuto dei lavoratori, oggetto di una
battaglia tutta ideologica e rivolta al passato. Il problema è che il diritto
del lavoro in Italia è fatto di un corpus di oltre duemila norme che genera
incertezza sia per i lavoratori che per le aziende. Cinquanta, sessanta norme
chiare, traducibili in inglese, immediatamente comprensibili. Mi spiace per i
consulenti del lavoro, ma il futuro sarà semplice o non sarà.
Sugli interrogativi più «politici» su correnti e alleanze,
mi limito a questo. Per la prima volta un gruppo di amministratori ha deciso di
mettersi in gioco ponendo una sfida che non è solo generazionale, ma punta a un
radicale ricambio di idee. Non sappiamo se gli elettori delle primarie del
centrosinistra premieranno questa sfida: quello che è certo è che saranno idee
chiare, puntuali, verificabili. E chi avrà tempo e voglia di seguire il nostro
lungo viaggio per l'Italia avrà modo di rendersene conto. Magari non tutti
saranno d'accordo con noi, ma quello che è sicuro è che al centro della
politica italiana, per una volta, ci saranno i contenuti. E non l'ennesimo
dibattito sui contenitori.
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