Quello che posto è il documento emesso da Magistratura Democratica di forte biasimo alle tracimazioni mediatiche del collega , anche di corrente sindacale, Giuseppe Ingroia,
ROMA - La necessità
di un confronto continuo tra la giurisdizione e la società civile è convinzione
fondante della identità del nostro gruppo: per questo MD, da sempre, rivendica
l'opportunità della partecipazione dei magistrati al dibattito politico,
sostiene la legittimità della critica pubblica ragionata ai provvedimenti
giudiziari e alle attività di indagine, afferma l'intrinseca politicità
dell'attività giurisdizionale e contrasta quelle posizioni culturali che
tendono, nella sostanza, a restaurare una figura di magistrato avulso dalla
realtà in cui opera.
Con la stessa
fermezza e lo stesso vigore, però, MD, da sempre, ritiene che l'intervento
pubblico del magistrato debba non sovrapporsi al proprio lavoro giudiziario,
investire questioni generali ed essere caratterizzato da chiarezza, equilibrio
e misura, cioè debba essere svolto in modo da non arrecare pregiudizio al
lavoro giudiziario e alla immagine della giurisdizione. E ciò vale, in misura
ancor maggiore, per i magistrati che conducono indagini particolarmente
rilevanti e delicate sulle quali si concentra l'attenzione pubblica con rischi
evidenti di strumentalizzazione, pensiero del resto condiviso in un recente
intervento dalla stessa ANM. Soprattutto in questi casi, infatti, è evidente
l'inopportunità della ricerca esasperata di esposizione mediatica, anche
attraverso la sistematica partecipazione al dibattito, da parte di magistrati, che
approfittano dell'autorevolezza e delle competenze loro derivanti dallo
svolgimento della attività giudiziaria e utilizzano nel confronto politico le
conoscenze acquisite e le convinzioni maturate nel contesto di un'indagine.
Tra l'altro, un
esito pericoloso di questa distorsione è la possibile creazione, in luogo
diverso dall'ambito processuale, di "verità" preconfezionate che
rischiano di influenzare o comunque di far "apparire" parziali
l'operato della magistratura e le decisioni giudiziarie. Ed è egualmente
inaccettabile la sollecitazione e la ricerca da parte di magistrati del
"consenso" ad indagini o all'esito di processi in corso, specialmente
se si tratta dei magistrati direttamente investiti di quelle indagini e di quei
processi o comunque appartenenti al medesimo ufficio.
Che dire ? Personalmente dissento totalmente dalla premessa : "afferma l'intrinseca politicità dell'attività giurisdizionale e contrasta quelle posizioni culturali che tendono, nella sostanza, a restaurare una figura di magistrato avulso dalla realtà in cui opera".
Personalmente ritengo che il Magistrato non abbia e non debba avere questa valenza "politica" e spero che MD sia e resti sempre minoranza nella magistratura (se sparisse, meglio ).
Però un minimo di conforto lo dà vedere che anche per gente come loro, uno come Ingroia sia TROPPO.
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