L'altro giorno Renzi ha partecipato alla trasmissione di Lilli Gruber (che sembrava uscita dalle mani del medico della Isabella Biagini....) , otto e mezzo, a cui partecipava MAssimo Franco, un notista del Corriere della Sera che io leggo poco, trovando noiosetta la sua prosa, per quanto l'uomo non sia ovviamente sciocco.
Il buon rottamatore se l'è cavata egregiamente.
al di là, com'è ovvio, che io non condivida tutto quello che ha detto (in primo luogo l'impegno a nominare più ministri donne che uomini...le deprecabili quote rosa in salsa governativa) .
Renzi al momento è la sola vera novità del panorama politico . Grillo si sta progressivamente sgonfiando e comunque non è il suo un movimento che si ponga l'obiettivo di governare quanto di fare da "guastatore" (oddio, cose da guastare ce ne sono, ma poi bisogna anche FARE, e su questo il discorso dei grillini s'impantana). Vendola ormai da mo', con tutti gli scandali della sanità pugliese, il suo insistere sulle questioni gay , è vecchio. A destra non ne parliamo, dove si è in attesa che il Messia decida se tornerà sulla terra....
Si spera , noi liberali, che dal rassemblement di movimenti come Fermale il Declino, Italia Futura e altri esca una proposta valida, credibile, attorno alla quale si coaguli il fronte liberal democratico, alternativo alla sinistra vendoliana, fassiniana che condizionerà pesantemente un Bersani vittorioso. Ma certo, che il leader sia Montezemolo....che sarà pure "vergine" in politica ma che i suoi 65 anni ce li ha e non solo...
Insomma, Renzi ha un altro appeal.
E infatti ottiene l'attenzione di tanti opinionisti di valore. Tra questi Polito e Luca Ricolfi. Di Polito avevo già postato l'articolo giustamente sardonico sugli intenti veri dell'abbraccio mortale , ancorché ideale, di Berlusconi. ( http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/09/il-bacio-della-morte-di-berlusconi-renzi.html ).
Ricolfi ne ha scritto un alto sulla Stampa che posto di seguito
A Matteo Renzi,
ultimamente, vengono rimproverate un mucchio di cose, ma soprattutto una: la
tendenza a glissare sui contenuti, sulle proposte programmatiche, sulle cose
concrete che farebbe se diventasse presidente del Consiglio.
Pochi giorni fa, ad
esempio, sul «Corriere della Sera» Antonio Polito lo ha invitato a prendere
posizioni precise su nove punti, fra cui alcuni della massima importanza (ad
esempio: come farà a ridurre il debito pubblico di 400 miliardi in soli 3
anni?). Renzi, nella risposta, svicola con un espediente retorico: «Se rispondo
punto per punto mi accuseranno di essere rimasto fermo al tempo in cui
partecipavo ai telequiz».
Anche nel discorso
di Verona, in cui annuncia la sua candidatura a premier, liquida quasi con
fastidio l’idea di doversi soffermare sui programmi, definiti un po’
spregiativamente come «lista della spesa». E rimanda gli appassionati di
contenuti a una «bozza di programma on line», aperta alla discussione. Come
dire: se proprio volete annoiarvi, trovate tutto lì.
Finora questa
reticenza di Renzi aveva lasciato perplesso anche me. Poi però ho deciso di
ascoltare tutto il suo discorso (disponibile su YouTube), dalla prima sillaba
all’ultima, e vi devo confessare che mi sono ricreduto. Perché dentro un
discorso ci possono essere passaggi che non incontrano il tuo gusto, o giri
retorici che preferiresti non sentire, però alla fine – se chi parla sa
parlare, e Renzi indubbiamente sa parlare – il senso generale del messaggio
emerge. E il senso del messaggio di Renzi è chiaro, molto chiaro.
E’ chiaro sul piano
politico, innanzitutto. Renzi sta occupando, con un coraggio e un’energia
incommensurabilmente superiore ai suoi predecessori, lo slot che – a suo tempo
– hanno provato ad occupare i rappresentanti delle correnti liberali e
riformiste del Pd, i vari Veltroni, Morando, Ichino, Letta, Chiamparino, Rossi,
lo stesso Bersani quando non giocava da segretario del Pd ma da ministro delle
Liberalizzazioni, le famose «lenzuolate». Con la fondamentale differenza che
Renzi ci prova, a sfidare la maggioranza del suo partito, mentre nessuno degli
altri lo aveva fatto finora (Veltroni perché la segreteria del Pd gli è stata
gentilmente offerta, gli altri per motivi che ignoro). La differenza di metodo
è fondamentale, perché con Renzi la posta in gioco non è di conquistare o mantenere
una piccola voce in capitolo nelle scelte del partito, ma di spostare il Pd su
posizioni di sinistra liberale. Un’impresa meritoria, ma che a mio parere si
scontra con un dato di fatto: finora la base del Pd è sempre stata più vicina a
Vendola che ad Ichino, e lo stesso Bersani è decisamente meno radicale dei
militanti che lo appoggiano.
Ma non c’è solo il
posizionamento politico, che riprende quasi tutte le idee-chiave della sinistra
liberale in campo economico: meritocrazia, meno tasse sui produttori, spending
review, semplificazioni burocratiche. La novità fondamentale di Renzi sta, a
mio parere, in due mosse che nemmeno la sinistra liberale ha finora compiuto
fino in fondo. Due mosse che non stanno sul piano dei programmi e delle cose da
fare, ma che vengono prima, e forse spiegano perché, in questa fase di stato
nascente, il racconto, la narrazione, i temi identitari la facciano da padroni,
e lascino i programmi un po’ sullo sfondo.
La prima mossa è
nell’analisi della crisi in cui siamo tuttora immersi. Nel discorso di Verona
sono del tutto assenti gli accenti vittimistici sulla questione giovanile, e
c’è un’idea della crisi come fatto epocale, come «trasformazione definitiva del
nostro modo di vivere», che ci invita anche a cambiare i nostri comportamenti,
con una rivalutazione dei doveri, dell’impegno, del sacrificio. C’è la
gratitudine alle generazioni passate per il benessere che hanno saputo
costruire, ma c’è anche il sospetto che la «prospettiva di benessere» che le
nuove generazioni hanno ereditato sia «forse persino eccessiva». Di qui la
pulce nell’orecchio ai suoi coetanei: «Non vorrei che il troppo avere ci abbia
fatto dimenticare il nostro essere».
Ma c’è anche una
seconda mossa, che rende Renzi indigeribile non tanto alla base del suo
partito, ma più in generale alla cultura di sinistra di matrice sessantottina.
Qui, nonostante tutto, sopravvive ancora l’idea che la politica sia una
missione etica, che la sinistra rappresenti la parte migliore del Paese, che
chi vota a destra possa essere mosso solo dall’interesse o dall’ignoranza. Su
questo la rottura del sindaco di Firenze è totale e senza alcuna incertezza.
L’appello di Renzi agli elettori del Pdl, prima che una mossa politica, è la
conseguenza logica della sua analisi della società italiana e del suo
atteggiamento verso gli elettori. E’ perché non pensa che gli «altri», i
cittadini di destra, siano «la parte peggiore del Paese» che Renzi può
concludere il suo discorso descrivendo la politica con parole come
«leggerezza», «sorriso sulle labbra», «Voglia di non parlare male degli altri».
Per lui è naturale, perché vede l’elettore di destra come una persona a tutti
gli effetti, e non come un’entità malsana, da neutralizzare, combattere, o
tutt’al più rieducare.
E il fatto che, sul
versante di Bersani, questo passaggio sia letto in chiave strettamente
politica, come un’incapacità di Renzi di rompere senza ambiguità con il
berlusconismo, mostra solo quanto lunga sia la strada che la sinistra deve
compiere per superare il complesso di superiorità che ancora l’affligge. Per il
militante di sinistra medio è semplicemente inconcepibile che una persona che
ha votato per Berlusconi possa essere una persona per bene. Per questo non
capisce come se ne possa chiedere il voto. Per questo Renzi gli risulta
letteralmente incomprensibile. E per questo, temo, la strada di Renzi dentro il
suo partito sarà molto in salita.
Io ho trovato l'articolo di Ricolfi postato sul blog di Giovanni Taurasi, QUINTO STATO, che fa un'ottima rassegna stampa.
L'articolo di Ricolfi era stata commentato con toni sprezzanti da tre giovanotti, evidentemente parte militante di quella sinistra complessata e patologicamente ossessionata da Berlusconi a cui il professore chiaramente si riferiva.
Io ho risposto loro così :
"Non
credo che il prof Ricolfi legga tutti i blog che riportano i suoi articoli
(bravo Giovanni ad averlo fatto, e lo ringrazio ). Meglio così, anche se ,
avendo ben descritto il complesso di superiorità (una nevrosi, una patologia
della mente, questo è un complesso ) che affligge il mondo della sinistra, non
rimarrebbe certo sorpreso nel leggere i toni sprezzanti dei commenti che mi
hanno preceduto. Io condivido invece l’analisi del professore. Aggiungo, come
chiosa, che il bacio della morte di Berlusconi (“Renzi ha le mie stesse idee”,
pensa che favore gli fa…) è chiaramente motivato : Un ticket Bersani – Vendola
potrebbe compattare il centro destra, e se così fosse, la sinistra perderebbe
come sempre (Tuttora i sondaggi non danno PD + SEL oltre il 30-32 %, meno del
PD di Veltroni che perse nel 2008 col 33% + il 4% dell’IDV). Viceversa, un
Renzi leader, perderebbe i voti di SEL (6%), conserverebbe quelli del PD (26%),
perché partito alla fine disciplinato (e infatti è coi voti del PD disciplinato
che Pisapia, ma soprattutto Doria, De MAgistris e Orlando sono sindaci , se
questi candidati avessero dovuto contare solo sui voti della sinistra “dura e
pura” stavano freschi)., e rastrellerebbe tantissimi voti in un settore
moderato che avrebbe fiducia in lui, non credendo certo più in Berlusconi.
Ragion per cui il Cavaliere gli sorride e lo pugnala".
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