Nel vedere le solite piazze arabe bruciare le bandiere americane - anche a Bengasi, che se non era per Obama e Sarkozy, adesso stavano peggio di Aleppo e Damasco - , le folle facilmente strumentalizzate da movimenti jidaisti e terroristici come Al Qaeda , mi rivengono in mente le parole furiose di Oriana Fallaci contro la miopia e la viltà dell'Occidente.
I paesi islamici , la gente islamica, non è simile a noi. Hanno, per storia, cultura e religione, una struttura completamente diversa. Solo a loro può venire in mente , nel 2012, di prendere d'assalto le ambasciate occidentali, americane in primis, perché un folle produce un filmaccio da due soldi dove il loro profeta viene descritto in modo squallido e blasfemo. Cosa farebbe un paese civile ? Protesterebbe. Magari presenterebbe una richiesta perché il film venga ritirato e non trasmesso (gli USA hanno provato a farlo e si sono scontrati con l'ottica non censoria di Google , ancorché poi in qualche modo dei compromessi sono stati raggiunti ) . Ammettiamo pure che ci siano proteste in piazza per manifestare il sentimento popolare di indignazione. Ma gli assalti e i morti ??
E' questo quello che è venuto fuori dalle primavere ? Dalle libere elezioni ? Beh, come non rimpiangere i dittatori se questa è la LORO Democrazia ??
In realtà, come spiega bene Panebianco con un suo intervento sul Corsera, non c'è democrazia vera se alla sua base non venga posto il culto di determinate libertà individuali, condivise e intoccabili.
Questo è alla base delle rivoluzioni democratiche in occidente. LA LIBERTA', degli individui, e poi il resto.
Così in Inghilterra, poi negli Stati Uniti, infine in Francia (dove assunsero più importanza anche istanze sociali di uguaglianza e solidarietà).
Da loro democrazia è solo il fenomeno elettorale del voto, per cui alla dittatura degli autarchi viene sostituita quella della maggioranza. Ecco perché poi le minoranze religiose tengono a sostenere i dittatori (ieri Gheddafi, oggi Assad) piuttosto che i "democratici" : hanno più speranze di tutela dai primi che dai secondi !
L'Occidente deve parlare e trattare con l'Islam, ma lo deve fare senza timidezze e complessi .
Buona Lettura
NOI E L'ISLAM
La cultura delle
colpe collettive e i rischi per la
libertà delle persone
È rassicurante
pensare, come molti in Occidente pensano, che le rivolte antiamericane e
antioccidentali che si sono diffuse in tutto il mondo islamico, siano state il
frutto di una regia eversiva orchestrata da gruppi di radicali islamici più o
meno infiltrati da jihadisti di Al Qaeda. Le regie ci sono state certamente. Ma
i calcoli e i progetti degli estremisti avrebbero fallito il bersaglio se non
avessero potuto contare su un contesto favorevole, se non avessero sfruttato un
habitat culturale in cui è facile trasformare le responsabilità individuali in
«colpe collettive».
La cultura
occidentale è una cultura individualista. Ciò significa che essa attribuisce
all'individuo la responsabilità delle sue azioni. È questo fondamento
individualista a giustificare il nostro sistema di libertà: tuteliamo le
libertà individuali perché, dopo un lungo e travagliato processo storico,
abbiamo fatto dell'individuo (e non di «entità collettive»: famiglia, clan,
nazione, eccetera) il soggetto morale fondamentale delle nostre società.
Al di là del ruolo
svolto da estremisti salafiti e qaedisti, l'aspetto più inquietante delle
manifestazioni antioccidentali nel mondo islamico (come di quelle innescate,
qualche anno fa, dalle vignette satiriche su Maometto) è il fatto che la
responsabilità di un film offensivo non venga attribuita a chi lo ha prodotto,
punto e basta, ma «all'America», al «governo americano», agli «occidentali».
Per quanto crudele e ingiustificata (ai nostri occhi), la fatwa che Khomeini
lanciò nel 1989 contro lo scrittore Salman Rushdie era pur sempre rivolta
contro un individuo per le sue presunte colpe. Ma eravamo allora solo
all'inizio di quel processo storico che è stato battezzato «risveglio
islamico». Oggi, a risveglio islamico avvenuto, la responsabilità delle azioni
di uno può essere imputata a tutti, a intere collettività. È questa la vera
frattura culturale. È questo il terreno che alimenta lo scontro di civiltà. Chi
è figlio di una cultura individualista non parla solo una lingua diversa
rispetto a chi non lo è, appartiene a un pianeta diverso, «vede» cose
radicalmente diverse da quelle che vede l'altro.
Le conseguenze sono
devastanti. Da un lato, ipotecano la democratizzazione del mondo arabo
torcendola e indirizzandola lungo binari pericolosi. Dall'altro, mettono sotto
pressione le nostre libertà.
Piacquero a tutti,
in Occidente, quei ragazzi che nel 2011 innescarono la rivolta contro il regime
egiziano di Mubarak. Li riconoscemmo simili a noi: volevano quella stessa
libertà di cui noi godiamo. Ma quei giovani erano minoranza. Scossero l'albero
ma i frutti vennero raccolti dai movimenti islamisti. Per lo più «moderati»
(secondo la fuorviante etichetta che noi occidentali appiccichiamo ai più
realisti, ai più «politici», fra gli islamici). Moderati? Già, ma perché
allora, tanto per fare un esempio, il presidente egiziano Morsi ha già liberato
molti estremisti islamici arrestati a suo tempo dai militari mentre lascia in
galera i laici? E perché i «moderati», ora democraticamente al potere in
Tunisia, hanno già fatto i primi passi per cambiare (in peggio) la condizione
legale delle donne? Poiché le libertà degli individui poggiano su fondamenta
individualiste, laddove quelle fondamenta manchino l'esito della
democratizzazione può essere solo una democrazia illiberale. Questo spiega il
paradosso solo apparente per cui le minoranze (a cominciare dai cristiani) si
sentono più protette dalle dittature che dalle democrazie islamiche: temono,
con buone ragioni, di cadere vittime della tirannia delle maggioranze.
Gli occidentali
dovranno usare un mix di fermezza, diplomazia e realismo per trattare con quel
mondo. Ma bisognerà anche evitare di credere che l'eventuale presenza di
processi elettorali lo rendano simile al nostro: democrazia e protezione delle
libertà individuali non sono sinonimi, né vanno necessariamente a braccetto.
A rischio ci sono
anche i nostri principi e le nostre libertà. Chi scrive prova una profonda
avversione per chiunque offenda gratuitamente i sentimenti dei credenti di
qualunque religione. Ma non è questo il punto. Il punto è che qui si parla di
censure preventive, di processi ai colpevoli di islamofobia, eccetera. Si
parla, cioè, di indebolire o compromettere il nostro sistema delle libertà. Il
risveglio islamico, vuoi in variante jihadista vuoi in variante democrazie
illiberali, comporta la richiesta a noi occidentali di diventare meno liberali.
Avremo abbastanza coraggio e fermezza per respingere al mittente la richiesta?
Nella prima metà del
XIX secolo Alexis de Tocqueville riconobbe nella democrazia il destino
ineludibile dell'uomo moderno. Ma sostenne anche che essa avrebbe assunto, a
seconda delle circostanze, l'uno o l'altro di due volti: liberale o dispotico.
È una tesi sempre attuale.
Il potere occulto in qualsiasi parte del Mondo . Non ha paura degli uomini forti, degli scalmanati ... ma della intelligenza degli altri. Per questo trema e mette uno contro l'aòtro. "TRA I DUE LETICANTI IL TERZI GODE" >ogni pretesto è buono<
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