Il Giudice Nencini è il presidente della Corte d'Appello d'Assise di Firenze, quella che ha condannato Amanda e Sollecito (ormai è così : la prima si chiama per nome, il secondo per cognome, a rimarcare il suo ruolo secondario, di attore non protagonista, però gli anni di galera sono tanti anche per lui ) per l'omicidio di Meredith Kerker, ribaltando la pronuncia dei colleghi di Perugia che invece li avevano assolti ritenendo che non ci fossero prove adeguate.
Il dott. Nencini non ha resistito alla possibilità di essere per un giorno il protagonista dei media, e ha rilasciato una lunga intervista in cui dice e non dice, facendo ipotizzare ma rimandando poi alle motivazioni che potranno conoscersi tra un po'. Qualcosina però l'ha detta, tipo che il fatto che Sollecito non si sia fatto interrogare, com'era suo diritto, in effetti qualche influenza sul giudizio può averla esercitata.
Ovviamente su questo si è scatenata l'ira dei difensori, tra cui la nota collega Bongiorno e si comprende bene : sarebbero loro che, nel caso, avrebbero suggerito al cliente di rilasciare solo dichiarazioni spontanee ma non di farsi interrogare. Peraltro questa cosa viene contestata, che a sentire Sollecito, nessuno l'ha mai chiesto in dibattimento questo interrogatorio...Ovviamente non so se sia così, come non lo sanno la stragrande maggioranza dei lettori, tutti come me assenti dalle aule in cui il processo si è tenuto.
Resta che su Nencini si sono addensati nuvoloni cupi, con parole di (pacato, non esageriamo) biasimo da parte della ANM, con la probabilità di una informativa al CSM con la possibilità di un richiamo disciplinare ma addirittura con la ventilata impugnazione della sentenza per farne dichiarare la nullità. Non se ne farà nulla, ma certo la sindrome da Grande Fratello non è più appannaggio di giovanissimi poco acculturati.
Il garbato "no comment" con cui sorridendo educatamente ci si rifiuta di rilasciare dichiarazioni non è più nelle corde della categoria, ancorché ad ogni inaugurazione di anno giudiziario i richiami al riserbo si ripetono, inutilmente.
Un caro amico, avvocato e penalista (e magari, tra non troppo tempo, qualcos'altro, sempre nel campo della Giustizia), commentava : "Per la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo il giudice che esprima opinioni sull'imputato "rivela carenza di imparzialità", da noi pare un gran risultato che si ammetta che forse si talvolta puo' essere magari "inopportuno".
Visto che le interviste fioccano, che ieri avevo dato conto di quella di Alberto Stasi (appena assolto dall'accusa di detenzione di materiale pedo pornografico, e in attesa di nuovo processo in corte d'appello, dopo due assoluzioni ma con la Cassazione che gli ha bocciato la seconda...) , ecco che prende la parola anche Sollecito.
Mi aspetto che l'avvocato Maresca se ne lamenti. Il collega è il difensore di Parte Civile, la famiglia Kerker, che si mostra più realista del re (in altre parole, più manettaro dei pm) che già ha polemizzato su Sollecito fermato alla frontiera con l'Austria. Non so se la Procura si sia attivata in questo senso, dopo l'episodio (Nencini aveva spiegato che riteneva il ritiro del passaporto misura al momento sufficiente. adesso chissà), però per me è pessimo che un avvocato, che in genere si batte per le garanzie, poi, vestendo i panni della sponda dell'accusa si distingue per essere più persecutorio della stessa.
Ma magari il collega ha mancato il concorso in magistratura, che il suo sogno da piccolo era fare il PM e i suoi idoli personaggi alla Di Pietro, De Magistris, Ingroia.
Ecco comunque le parole di Raffaele, come riportate nel servizio de La Stampa
Sollecito: “Se un interrogatorio poteva scagionarmi perché non chiederlo?”
Condannato per l’omicidio di Mez: sconcertato dalle parole del giudice
ANSA
Raffaele Sollecito, condannato a 25 anni di carcere
Parlano tra di loro sottovoce, Greta e Raffaele. Lei mi
chiede: le piace l’indiano? Piove, e a pochi minuti dall’una è come se
fosse in vigore il coprifuoco a Treviso. Un gran deserto. Greta è
discreta e silenziosa. Spettatrice. Hostess perché? «Mi piace volare. E
poi è uno stile di vita. Quattro giorni in volo, altrettanti a terra, di
riposo...». Unico commento che si riesce a strapparle.
Raffaele Sollecito, il sempre muto, occhi bassi, voce sussurrata, fragile, visto da vicino, sei anni e passa dopo l’omicidio di Meredith, quattro anni di carcere, decine di udienze di processo, è tutta un’altra persona.
«Dopo sei anni, non mi posso permettere di vedere un futuro. Non me ne danno la possibilità». Berretto di lana color cammello, prova a non farsi notare. «Difficile essere ottimista in questa situazione. Sono estraneo ai fatti. Non ho ucciso nessuno». La sua verve polemica esplode come un parafulmine quando attrae scosse elettriche, all’accusa di non essersi mai fatto interrogare. È polemica di queste ore le considerazioni del presidente della Corte d’assise d’appello di Firenze, Alessandro Nencini, sul suo silenzio in aula che potrebbe aver pregiudicato un esito diverso dello stesso processo: il magistrato è stato accusato di mancanza di imparzialità, e oggi il suo caso approda al Csm.
«Se solo me lo avessero chiesto.... Mica stavo in aula per riscaldare la sedia. Ero a disposizione. Il presidente Nencini mi disse che se avessi voluto prendere la parola sarebbe stato il benvenuto. Ero a disposizione ma in tutti questi anni nessun pubblico ministero o giudice ha mai fatto un cenno, mai si sono rivolti al sottoscritto chiedendomi di rispondere, precisare, difendermi. Trovo sconcertanti le considerazioni del presidente della Corte. E poi, se davvero le mie dichiarazioni avrebbero potuto cambiare il corso del processo perché nessuno ha avvertito l’esigenza di interrogarmi?».
Mano nella mano, gomiti poggiati sul tavolo del ristorante indiano, Greta e Raffaele sono due giovani innamorati. Ma è vero che volevate fuggire? L’altra sera, il giorno della sentenza, siete stati in Austria per poi rientrare? «Scappare? Non ci crederà ma io l’altra sera credevo nell’assoluzione. Se avessi voluto far perdere le mie tracce non mi sarei ridotto all’ultimo minuto, l’avrei fatto una volta uscito dal carcere. Io invece sto combattendo per la verità e lo farò con tutte le mie forze».
Uno pensa al soggiorno a Santo Domingo. Sbagliato. «Quello è stato recente, l’anno scorso. Ed è stato un viaggio per aprirmi una prospettiva di lavoro. No, la fuga l’avrei dovuta pianificare e attuare prima, una volta uscito dal carcere, nel 2011».
Durante il pranzo, Raffaele torna spesso sulla questione del suo contributo al dibattimento che avrebbe potuto cambiare l’esito del processo. È un groppone che non riesce a mandare giù. «Ho letto che avrei dovuto scaricare tutto su Amanda. La verità è che contro di me non c’era nulla. C’era il memoriale di Amanda, che su di me non aveva detto nulla. Io Meredith l’avevo vista una paio di volte ma non le avevo mai parlato. Insomma la mia era una conoscenza superficiale. Rudy addirittura non l’avevo mai incontrato. E questo giudice che parla di questa cosa, l’omicidio, che può succedere tra ragazzi. No, non mi riconosco nella immagine di un depresso dalle manie strane. Vivevo una vita felice. Allucinante dipingermi come uno che partecipa a un omicidio per solidarietà. Non c’ero. E sulla scena del crimine le mie tracce non le hanno trovate».
Controverso l’esame sul gancetto del reggiseno strappato di Meredith, che proverebbe la sua presenza. Controverse le impronte di piede insanguinate sul tappetino del bagno, rilevate dall’esame con il Luminol. Raffaele contesta tutto. Tento la provocazione: prima del fermo nelle dichiarazioni in questura una volta ammise che forse Amanda si ripresentò a casa sua in tarda mattinata. «Fu un equivoco. Ero sotto pressione e non riuscivo a capire a quale giorno si riferissero i poliziotti. Se il giorno prima o il giorno dopo. Oltretutto nel pormi le domande erano molto minacciosi».
Ma non sembrò strano a Raffaele che la mattina dopo, il 2 novembre, lei andò a casa sua a farsi una doccia? Non poteva farsela a casa Sollecito? «Effettivamente. Chiedetelo a lei. Comunque, quando tornò a casa, da me, mi chiese se fosse normale che la porta di via della Pergola fosse aperta, che ci fossero piccole tracce di sangue nel bagno, e nulla mi disse del disordine nella stanza della Romanelli, che invece io notai subito quando poi andai a casa di Amanda».
Amanda e ancora lei, quasi un’ossessione: «Il suo memoriale? Non so come è andata. Non sono io il responsabile delle sue dichiarazioni. Non posso accusarla perché non so nulla. Devo essere sincero: non ho alcun ricordo di quella serata senza di lei. Insomma, non ricordo». Ma com’era Amanda la “luciferina”? «Come tutte le donne, molto più sfuggente. L’ho conosciuta per così poco tempo che non posso esprimere un giudizio definitivo. Di certo era solare, espansiva, “Alice nel paese delle meraviglie”. Oggi è cambiata».
Disarmante Raffaele, quando risponde alla domanda: «Come penso che sia andata quella sera? Non mi riguarda. Io non c’ero. Sono estraneo e non sono io che devo trovare risposte. Rudy Guede aveva precedenti per rapine con modalità identiche. Vetro rotto, scalata, entrata nell’appartamento. Io quella sera ero a casa mia. Tra le 21 e 21.30. Prima “Il favoloso mondo di Amelie”, poi aprii il file di una puntata di “Naruto”. Sul cuscino di Mez c’era anche una macchia di sperma mai analizzata. Io non c’entravo eppure loro hanno deciso che dovessi esserci per forza nel cerchio».
La sua è quasi una arringa difensiva fuori tempo massimo. «Che tristezza - dice mentre si infila il giaccone- quello che è capitato a me può succedere a tutti. Perché questo accanimento contro un innocente?». Greta, la compagna di Raffaele, sempre silenziosa durante tutto il pranzo, si lascia andare: «Mi sforzo di essere ottimista».
Raffaele Sollecito, il sempre muto, occhi bassi, voce sussurrata, fragile, visto da vicino, sei anni e passa dopo l’omicidio di Meredith, quattro anni di carcere, decine di udienze di processo, è tutta un’altra persona.
«Dopo sei anni, non mi posso permettere di vedere un futuro. Non me ne danno la possibilità». Berretto di lana color cammello, prova a non farsi notare. «Difficile essere ottimista in questa situazione. Sono estraneo ai fatti. Non ho ucciso nessuno». La sua verve polemica esplode come un parafulmine quando attrae scosse elettriche, all’accusa di non essersi mai fatto interrogare. È polemica di queste ore le considerazioni del presidente della Corte d’assise d’appello di Firenze, Alessandro Nencini, sul suo silenzio in aula che potrebbe aver pregiudicato un esito diverso dello stesso processo: il magistrato è stato accusato di mancanza di imparzialità, e oggi il suo caso approda al Csm.
«Se solo me lo avessero chiesto.... Mica stavo in aula per riscaldare la sedia. Ero a disposizione. Il presidente Nencini mi disse che se avessi voluto prendere la parola sarebbe stato il benvenuto. Ero a disposizione ma in tutti questi anni nessun pubblico ministero o giudice ha mai fatto un cenno, mai si sono rivolti al sottoscritto chiedendomi di rispondere, precisare, difendermi. Trovo sconcertanti le considerazioni del presidente della Corte. E poi, se davvero le mie dichiarazioni avrebbero potuto cambiare il corso del processo perché nessuno ha avvertito l’esigenza di interrogarmi?».
Mano nella mano, gomiti poggiati sul tavolo del ristorante indiano, Greta e Raffaele sono due giovani innamorati. Ma è vero che volevate fuggire? L’altra sera, il giorno della sentenza, siete stati in Austria per poi rientrare? «Scappare? Non ci crederà ma io l’altra sera credevo nell’assoluzione. Se avessi voluto far perdere le mie tracce non mi sarei ridotto all’ultimo minuto, l’avrei fatto una volta uscito dal carcere. Io invece sto combattendo per la verità e lo farò con tutte le mie forze».
Uno pensa al soggiorno a Santo Domingo. Sbagliato. «Quello è stato recente, l’anno scorso. Ed è stato un viaggio per aprirmi una prospettiva di lavoro. No, la fuga l’avrei dovuta pianificare e attuare prima, una volta uscito dal carcere, nel 2011».
Durante il pranzo, Raffaele torna spesso sulla questione del suo contributo al dibattimento che avrebbe potuto cambiare l’esito del processo. È un groppone che non riesce a mandare giù. «Ho letto che avrei dovuto scaricare tutto su Amanda. La verità è che contro di me non c’era nulla. C’era il memoriale di Amanda, che su di me non aveva detto nulla. Io Meredith l’avevo vista una paio di volte ma non le avevo mai parlato. Insomma la mia era una conoscenza superficiale. Rudy addirittura non l’avevo mai incontrato. E questo giudice che parla di questa cosa, l’omicidio, che può succedere tra ragazzi. No, non mi riconosco nella immagine di un depresso dalle manie strane. Vivevo una vita felice. Allucinante dipingermi come uno che partecipa a un omicidio per solidarietà. Non c’ero. E sulla scena del crimine le mie tracce non le hanno trovate».
Controverso l’esame sul gancetto del reggiseno strappato di Meredith, che proverebbe la sua presenza. Controverse le impronte di piede insanguinate sul tappetino del bagno, rilevate dall’esame con il Luminol. Raffaele contesta tutto. Tento la provocazione: prima del fermo nelle dichiarazioni in questura una volta ammise che forse Amanda si ripresentò a casa sua in tarda mattinata. «Fu un equivoco. Ero sotto pressione e non riuscivo a capire a quale giorno si riferissero i poliziotti. Se il giorno prima o il giorno dopo. Oltretutto nel pormi le domande erano molto minacciosi».
Ma non sembrò strano a Raffaele che la mattina dopo, il 2 novembre, lei andò a casa sua a farsi una doccia? Non poteva farsela a casa Sollecito? «Effettivamente. Chiedetelo a lei. Comunque, quando tornò a casa, da me, mi chiese se fosse normale che la porta di via della Pergola fosse aperta, che ci fossero piccole tracce di sangue nel bagno, e nulla mi disse del disordine nella stanza della Romanelli, che invece io notai subito quando poi andai a casa di Amanda».
Amanda e ancora lei, quasi un’ossessione: «Il suo memoriale? Non so come è andata. Non sono io il responsabile delle sue dichiarazioni. Non posso accusarla perché non so nulla. Devo essere sincero: non ho alcun ricordo di quella serata senza di lei. Insomma, non ricordo». Ma com’era Amanda la “luciferina”? «Come tutte le donne, molto più sfuggente. L’ho conosciuta per così poco tempo che non posso esprimere un giudizio definitivo. Di certo era solare, espansiva, “Alice nel paese delle meraviglie”. Oggi è cambiata».
Disarmante Raffaele, quando risponde alla domanda: «Come penso che sia andata quella sera? Non mi riguarda. Io non c’ero. Sono estraneo e non sono io che devo trovare risposte. Rudy Guede aveva precedenti per rapine con modalità identiche. Vetro rotto, scalata, entrata nell’appartamento. Io quella sera ero a casa mia. Tra le 21 e 21.30. Prima “Il favoloso mondo di Amelie”, poi aprii il file di una puntata di “Naruto”. Sul cuscino di Mez c’era anche una macchia di sperma mai analizzata. Io non c’entravo eppure loro hanno deciso che dovessi esserci per forza nel cerchio».
La sua è quasi una arringa difensiva fuori tempo massimo. «Che tristezza - dice mentre si infila il giaccone- quello che è capitato a me può succedere a tutti. Perché questo accanimento contro un innocente?». Greta, la compagna di Raffaele, sempre silenziosa durante tutto il pranzo, si lascia andare: «Mi sforzo di essere ottimista».
FRANCESCO MAISANO
RispondiEliminaLungi da me ogni intenzione di difendere l'indifendibile Nencini. Il giudice non dovrebbe proprio parlare tra deliberazione e morivazione della sentenza! Non condivido però, minimamente, le critiche al collega Maresca (che personalmente,peraltro, nemmeno conosco.) non capisco cosa avrebbe fatto di anomalo se non sottolineare una situazione sicuramente emblematica (la vicinanza di sollecito al confine di stato). Scrivere che forse nei suoi sogni era un PM in pectore non mi pare corretto. Per quanto riguarda la difesa di sollecito questa deve rispondere solo a sè stessa. Se non ha voluto fare dichiarazioni spontanee sono scelte sulle quali nessuno dovrebbe interloquire. Se è stato un errore lo si vedrà al termine di tutti i gradi di giudizio leggendo la combinazione delle varie motivazioni. Su una cosa però non concordo: l'esame non doveva essere per forza di cose chiesto da una sola parte. In sede di ampia devoluzione,come quella nella quale era rimesso il processo chiunque poteva "sollecitare" la corte a rinnovare l'esame (se fatto anche in precedenza) in caso contrario accusa e difesa potevano chiederlo. L'interrogatorio non soffre limitazioni formali. Tutta la giurisprudenza sul l'abbreviato lo conferma ormai da un decennio.
VANINA ZARU
RispondiEliminaconoscendo il Collega personalmente ti posso assicurare che è ottimo Avvocato e non ha mancato nessun concorso nè sogna i Di Pietro o i PM. Ha commentato un fatto che a ciunque desta perplessità, ma lo ha fatto con toni pacati, a diffeserenza di altri. Ha affrontato questi sette anni nel più assoluto riserbo, così come si conviene ad un ottimo professionista ed elegante signore, quale lui è.
Dunque, poniamo senz'altro come probabile, perché è quello che avviene più spesso, che le dichiarazioni attribuite al collega Maresca siano frutto di esagerazione della stampa, ancorché in questi casi veniva usato il virgolettato (che non è una garanzia però, in mancanza di smentite, diciamo che è qualcosa di più significativo). Nel caso che così fosse avreste ragione voi. Ma se così non è, ( e non credo che lo sia, che dichiarazioni analoghe mi ricordo di averle snetite anche ai telegiornali) ci troveremmo di fronte all'ennesimo caso in cui le persone mostrano varie persenalità. Raccontava bene l'altro giorno Cataldo che non ne contava più di magistrati che a cena si mosrano ragionevoli e disponibili, e poi in aula , e ancor di più in camera di consiglio, tutta altra cosa. Venendo ai fatti, io ricordo le dichiarazoni in cui MAresca, e non con toni pacati, esortava Amanda a non criticare il sistema giudiziario italiano (orgoglio nazionale strano, che a Firenze sabato di critiche ne ho sentite tante, e trasversali) e a tornare in Italia per farsi processare. Il senso di dichiarazioni siffatte ? Il nesso col suo ruolo che immagino sia solo quello tecnico in aula ? Perché Maresca si sente in dovere di biasimare le scelte di Amanda Knox ? Se scrive o non scrive ai Kerker ? Trovo molto più sobria la condotta della sua cliente, Stephanie che a Roberto Costantini ha dichiarato " Sappiamo che i giudici e i giurati non conoscono con certezza la Verità". Nemmeno Maresca la sa, eppure non mostra dubbi quando esterna in tv. Infine anche questa cosa sul tentativo di fuga di Sollecito mi è sembrata, per usare un termine che si sente in questi giorni, "inopportuna". Caro Francesco, il mio riferimento al sogno attribuito al collega Maresca è evidentemente ironico e polemico (anche se poi, che ci sarebbe di male ? quandi hanno fatto gli avvocati perché non hanno passato il concorso ? ). La polemica sta nella contestazione, che faccio dal blog a voi penalisti, della schizofrenia di cui a volte alcuni danno prova quando da difensori dell'imputato passano al ruolo di parte civile, e diventano meno garantisti del pm più infoiato. Che finché lo fanno quelli che ai convegni non ci vanno, vabbé, ci sta, che alla fine è un mestiere come un altro, e nemmeno tra quelli che gode di migliore reputazione. Ma se invece lo fanno quelli che poi nei we si sbattono per il "Giusto Processo", "Le garanzie fondamentali" , "L'Habeas Corpus" ecc. ecc. , ebbé a me un senso di ipocrisia mi viene.
RispondiEliminaQuanto alla persona del collega, non lo conosco e sono sicuro che quanto scrive Vanina corrisponda al vero. Io biasimo singole condotte relative a questo singolo processo. Essere brave persone in generale non significa che a volte non si possa sbagliare. Vale ovviamente anche per il Camerlengo.
FRANCESCO
EliminaMa schizofrenia di cosa,scusa?? Il Patrono di parte civile è né più né meno quello che è il difensore per l'imputato : il "suo consorte necessario in lite" (bellissima frase sempre a me cara di Biagio Petrocelli) . Consorte=stessa sorte! Non capisco le critiche al collega Maresca. Cosa dovrebbe essere un difensore di serie B? Se è così allora, forse perché più vecchio manderò al camerlengo le mirabili arringhe di parti civili come Peppino Sotgiu e Giovanni Leone. Giudicherà da solo se tiravano col fioretto o con la durlindana!
PS) Leggo sempre con molta attenzione e simpatia il Camerlengo. Scrive sempre molto bene; anche una postilla di scuse (a Maresca) può essere ottimo esercizio di stile e bella letteratura. Stavolta ci vuole!
CATALDO INTRIERI
EliminaStefano è un uomo di destra che spesso scavalca a sinistra i suoi colleghi penalisti, per la passione che lo anima. Io non conosco Maresca, presente al convegno se non erro, ma è stato tenace, duro, puntuale nei motivi di ricorso come deve essere un avvocato di parte civile. Quanto a Sollecito posso capirlo se avesse voluto sottrarsi ad un nuovo arresto, sfiorato per un pelo
Perdona Francesco, ma non vedo perché dovrei scusarmi per delle critiche che penso. Mica gli ho detto che è un asino ! Ho spiegato , cercando di argomentare il mio pensiero, perché non apprezzo le sue esternazioni sui media. E continua a non piacermi l'idea dell'avvocato che è garantista nei giorni pari e manettaro in quelli dispari. SI presta la propria competenza tecnica, e va bene, ma poi ognuno dovrebbe avere anche dei principi guida, delle idee in cui crede fermamente. Quindi sostenere il ruolo di parte civile va benissimo, essere fermi nell'esercitare tale ruolo nella convinzione della colpevolezza dell'imputato pure, ma perché le polemiche con quest'ultimo ? Che c'entra l'avvocato della parte civile con l'adozione delle misure cautelari ? Può chiederle ? Domanda vera, non provocatoria perché veramente non lo so. Immagino e mi auguro di no. La mia polemica sta qui. Grazie per le belle parole sul Camerlengo
EliminaFRANCESCO
EliminaPrendo atto della tua tenacia, caro Camerlengo! ps) Non credo che il collega Maresca (che ,ribadisco, non ho il piacere d conoscere..) abbia chiesto al PG di "fare arrestare" il Sollecito. Ma se ha fatto notare situazioni di possibile pericolo di fuga ha fatto il suo dovere. Ci mancherebbe altro che ci tenessimo dentro quanto invece è opportuno e,a volte,doveroso dire nelle aule! Per il resto condivido quanto scrive l'avv.Intrieri, se Sollecito fosse scappato un secondo prima della lettura del dispositivo anche lui avrebbe esercitato un suo diritto "sostanziale". Tutto qui.
DUCCIO NICOLA CERFOGLI
RispondiEliminaPerò va detto che il Difensore di Parte Civile, spesso, si sente come investito di un "divino potere" che in realtà non ci appartiene, e ciò fa si che egli interloquisca (ufficiosamente) anche in tema di pena, quando questo (e lo sappiamo tutti) non gli è consentito e, per fare ciò, normalmente si rivolge agli organi di comunicazione/stampa argomentando con affermazioni che in Aula non può utilizzare. A tal fine, infatti, si fa ricorso alla "delusione" dei congiunti quando la pena inflitta è ritenuta incongrua, ovvero ricorrendo alla pietas citando o ricordando i familiari ecc. Tutto ciò non aiuta a fare si che un Processo si svolga secondo le regole, perché tende ad influenzare l'opinione pubblica e, in questo errore, Noi non dobbiamo cadere. Questa mia considerazione, tuttavia, è completamente slegata alla vicenda Meredith, bensì vuole solo fare riflettere sulle storture che, oggi sempre più spesso, tendiamo a prendere, perché la Parte Civile NON DEVE INTERLOQUIRE IN TEMA DI PENA!!!!!