lunedì 25 marzo 2013

MONTI REPLICA AL CORRIERE DELLA SERA, MA NON CONVINCE


Piccato, come sempre , da ogni scritto critico, Mario Monti, risponde sul Corriere all'editoriale di ieri di Galli della Loggia, dove il professore di politologia criticava il centro montiano e ne spiegava l'insuccesso elettorale.
Lo stile di Monti è sempre lo stesso, educato nelle premesse ma glaciale e colma di causticità nella sostanza.
Con questo modus rivendica i meriti del suo governo prima e la nobiltà della scelta politica poi.
Ovviamente Monti non risponde alle osservazioni che da tempo e certo non solo da Galli della Loggia gli vengono mosse . Io ne riporto alcune, certo che altre mi sfuggano :
1) Il suo governo avrà sistemato i conti, nel senso che le spese correnti sono state quasi pareggiate dalle entrate. Ma come ha ottenuto questo ? Tassando a man bassa, aggravando anziché iniziare a risolvere il problema impresa paese, che dal lungo ristagno è passato alla recessione. E comunque il debito pubblico è aumentato.
2) Di riforme strutturali alla fine ne ha fatte due. Entrambe dolorose, e solo la prima  valida (ancorché con errori anche grandi, come il caso esodati ma anche quello dei lavoratori facenti capo a più enti previdenziali, che devono pagare un botto di soldi per unificare la loro posizione ) . Parliamo dell'accelerazione della riforma pensionistica, con elevamento dell'età e l'abolizione delle pensioni di anzianità, l'introduzione definitiva del sistema contributivo al posto del più oneroso retributivo. Sel e Grillo la vogliono sfaldare....Poi c'è la riforma del Lavoro, e lì c'è veramente nulla da vantarsi...La disoccupazione con quella legge CRESCE, avendo reso più rigida la modalità d'ingresso , rispetto agli spazi della legge Biagi, senza aver per nulla risolto quella nota di uscita. Altro NON c'è, nella sostanza. Ah, per fare la prima, c'è voluto un mese scarso...poi, in un anno, il governo dei tecnici ha solo registrato impasse e retromarce.
3) Se Monti non era riuscito tramite il ricatto europeo a realizzare il programma che voleva nonostante la forzata ma amplissima maggioranza parlamentare (che oggi Napolitano continua ad auspicare, insieme ad altre forze come l'unica ricetta per la persistente situazione di crisi economica finanziaria) che si ritrovava, come pensava mai di riuscirci da leader politico di una forza che, nella migliore delle prospettive, avrebbe potuto realizzare il 20% (nei sogni il 25) dei voti ? La realtà lo sappiamo è stata molto peggiore, con Lista civica sotto il 10, e i partiti coalizzati  (facenti capo a Casini e Fini) triturati . Ma quand'anche fosse andata diversamente , Monti si aspettava di poter raggiungere compromessi utili con un PD così sbilanciato a sinistra  ? Forse sì, ma in nome di una politica non certo di impronta liberale ma semmai statalista e dirigista.
Ed è questo che mi viene da obiettare anche a Galli della Loggia e a coloro che legittimamente auspicavano un Monti Leader del Centro Destra. Monti non è uomo da "Meno Stato, meno Tasse". Siccome gli stanno a cuore i conti, non si limiterebbe, come piacerebbe alla Sinistra, ad agire solo sulla leva fiscale, tenendo alte le tasse e recuperando altre risorse con la guerra all'evasione, ma vorrebbe anche ridurre le spese. Ma questa credo sarebbe l'unica frattura. Il capitalismo di Monti è di tipo socialista, diretto e governato dallo Stato, modello tedesco, svedese, non certo anglosassone. Ok, siamo in Italia, e quindi un sistema liberale di quel tipo non lo avremo mai. Rassegnamoci. Ma gli italiani sono anche anarcoidi, come sperimentò addirittura un dittatore , che concluse che era inutile provare a governarli...E il dirigismo statalista non lo apprezzano. Di qui il viscerale anticomunismo. Certo, gli piace lo Stato che provveda ai servizi, alla scuola, alla sanità, ai trasporti, alla sicurezza (alla difesa no, perché siamo abituati alla pace e a che provvedano gli americani ) ed altre mille cose...E gli piace che se le imprese chiudono perché strozzate da fisco e crisi , lo stato le tenga aperte per forza. Insomma, lo stato elargitore e provvidenziale sì, regolatore, severo  e invadente no.
In teoria la botte piena e la moglie ubriaca non sono traguardi compatibili eppure in Italia per molto tempo ci si è riusciti col trucco del debito pubblico....Che però, con l'Unione europea, pare essere finito....
E qui bisogna fare una scelta di campo, e siamo noi italiani a doverla fare : o meno Stato, meno spese e più soldi in tasca con i quali però non avere tutto ma scegliere le proprie priorità, oppure essere seguiti dalla culla alla tomba, ma marciando come soldatini svedesi.....
Monti appartiene alla seconda scelta
4) Monti vanta come un merito il fatto che grazie alla sua lista Berlusconi non abbia vinto le elezioni. Sarà anche un politico alle prime armi, ma il giochino di di essere "contro" piuttosto che "per" lo ha imparato subito. Bravo. Il vantaggio per l'Italia, senza governo sarebbe ?
Non parliamo per carità di patria della politica estera, dove la vicenda di Marò grida vendetta al cielo.
Del resto, si legge che Casini si sia grandemente pentito della scommessa fatta. Monti ha sbagliato a non dare retta a Napolitano e a salire in politica, e ho seri dubbi che se si tornasse a votare non accadrebbero cose importanti anche a livello di Leadership dalla parti del Centro.
Comunque ecco la risposta di Monti, Presidente del Consiglio (come modestamente si firma)


LA LETTERA

Monti: «Io, la sfida del Centro
e la vera leadership senza demagogie»

Il presidente del Consiglio uscente replica a Galli della Loggia: «C'è chi governa per un obiettivo e non per il consenso»

(Ansa/Scardino)(Ansa/Scardino)
Caro direttore, ho letto con il consueto interesse, nel Corriere di ieri,l'editoriale di Ernesto Galli della Loggia («Ciò che il Centro non ha capito»). Concordo con un punto importante: sarebbe stato un errore «contrapporsi frontalmente e sprezzantemente all'elettorato che fino ad allora era stato della Destra». Dissento invece, con grande rispetto verso l'autore, da tutte le altre asserzioni contenute nell'articolo.
Esse mi fanno ritenere che l'autore non abbia colto le motivazioni del progetto politico di Scelta civica, né i vincoli entro i quali questa atipica esperienza politica si è collocata.
Prima c'è stato, per il governo nato nel novembre 2011, come Galli della Loggia riconosce, il duro vincolo imposto dalle circostanze: salvare l'Italia dalla crisi finanziaria. L'autore ci rimprovera, forse giustamente, di non avere avuto «la capacità di parlare ai cuori più che alle menti». Quella capacità l'avevano, e l'hanno molto esercitata, i precedenti governi di Centro-sinistra e di Centro-destra, che però per 15 anni, sempre pensando alle prossime elezioni, non avevano fatto né le riforme necessarie per la crescita e l'occupazione, né quelle necessarie per una finanza pubblica sostenibile. Poi ci siamo dati noi un vincolo, proponendo agli elettori la prosecuzione di un percorso, capace certo di far fruttare i molti sacrifici in una crescita a medio termine, ma fondato sul realismo e sulla responsabilità, non sulle illusioni.
Parrà incomprensibile a un politologo che ci sia chi governa per realizzare non il consenso ma ciò che ritiene essere, in un dato momento, l'obiettivo vitale per la sopravvivenza del Paese e per la sua sovranità, senza cederla a una troika di occupazione (quella sì) tecnocratica. Ma non crede che l'avere spiegato ai cittadini che l'Italia ce l'avrebbe fatta da sola, senza chinare il capo e chiedere prestiti all'Europa o al Fondo monetario internazionale - come la Grecia, il Portogallo, la Spagna - abbia «invogliato al riscatto, mosso alla tenacia, all'orgoglio»? Perché in Italia, a differenza che in quei Paesi, i durissimi sacrifici non hanno portato alla rivolta sociale o di piazza?
Parrà ancora più incomprensibile a un politologo che ci sia chi proponga alle elezioni un progetto che non concede nulla al populismo e alla demagogia, pur in un «Paese percorso dalle performance di Grillo» e di un redivivo, formidabile Berlusconi. E che insiste su riforme, come quelle sul mercato del lavoro, indigeste alla Sinistra ma essenziali, con altre, per dare lavoro e speranza ai giovani. Così come propone di proseguire le azioni contro l'evasione fiscale e la corruzione che hanno trovato ostacoli a Destra durante il governo che sta per chiudersi.
Ma questa Scelta civica - penserà il politologo - ha fatto proprio di tutto per perdere le elezioni! Come se non bastasse, è stata così ingenua da rivendicare i «meriti» del governo uscente, che ha dovuto prendere i provvedimenti più impopolari della storia repubblicana, invece di prenderne le distanze come hanno fatto le altre forze che avevano approvato quei provvedimenti, platealmente il Pdl, in modo meno chiassoso il Pd.
Chi governa così, chi si presenta alle elezioni così, secondo Galli della Loggia denota «scarsa capacità di leadership». Non tocca certo a chi viene giudicato di giudicare il giudice. Ma sarebbe interessante capire meglio che cosa debba intendersi per leadership. È migliore leader chi cerca, magari facendo molti errori perché è un politico inesperto, di guidare il Paese verso quello che considera l'interesse generale e cerca il consenso degli elettori su ciò che è poco gradevole ma utile a più lungo termine; o chi cerca, magari non facendo nessun errore perché è il più abile dei politici, di assecondare gli elettori proponendo proprio ciò che essi vogliono vedersi proporre perché è più gradevole anche se dannoso a più lungo termine? È meglio, per un Paese, avere dei leader non perfetti o dei perfetti follower? Ai politologi l'ardua sentenza.
Forse, il professor Galli della Loggia ha in mente il secondo scenario, quando emette le sue sentenze liquidatorie: «il fallimento del Centro», «il fallimento del personale di governo alla guida del Paese per oltre un anno», il Centro è diventato «un attore politico di terz'ordine». Siano consentite due osservazioni.
Centro. Si direbbe, con l'uso di questo termine come sinonimo di Scelta civica, che l'autore non abbia prestato nessuna attenzione allo sforzo fatto da Scelta civica per spiegare la propria identità. Non si tratta di qualcosa di intermedio tra la Sinistra e la Destra lungo l'asse, a nostro giudizio screditato, di un inconcludente bipolarismo italiano, che alla fine ha avuto bisogno di un governo tecnico per fare alcune riforme che sapeva necessarie, senza mai trovare la forza politica per farle. Si tratta di un impegno nuovo, per unire volontà riformatrici ed europeiste, prima disperse nei due poli contrapposti.
Fallimento. Non ho mai parlato di successo di Scelta civica.
Trovo però curioso che si parli di fallimento per un'entità politica nuova, costruita nella scia di un governo che non aveva fatto proprio nulla per non essere impopolare, portata avanti dall'impegno generoso di molti ma certo senza l'esperienza e la professionalità dei partiti tradizionali o l'articolazione del M5S; e che tuttavia in cinquanta giorni è riuscita a raccogliere tre milioni di voti laddove il Pd e il Pdl hanno perso molti milioni di voti. Se non vi fossero stati quei voti a Scelta civica, provenuti in particolare dalla Destra, la coalizione Pdl-Lega sarebbe ora in grado di formare il governo e, dal 15 aprile, di eleggere il presidente della Repubblica.
Concludo con il punto, importante, sul quale il mio pensiero coincide con quello di Galli della Loggia. Sarebbe stato un errore «contrapporsi frontalmente e sprezzantemente all'elettorato che fino ad allora era stato della Destra». Ha ragione l'autore quando, pur con cattiveria eccessiva, scrive «Uno stereotipo tanto più potente perché in sostanza pre-politico, attinente al bon ton civil-culturale. Con la Destra dunque l'élite italiana non vuole avere nulla a che fare: per paura di contaminarsi ma soprattutto per paura di entrare nel mirino dell'interdizione della Sinistra». Per parte mia, forse perché ho idee mie ben radicate, non ho mai condiviso la paura di contaminarmi con la Destra. Sono orgoglioso di aver fatto cooperare per il bene del Paese, nella «strana» maggioranza, Bersani e Berlusconi (oltre a Casini). Né temo l'interdizione della Sinistra, che pure ho sperimentato, in alcuni suoi alti esponenti politici e culturali detentori della moralità, per il solo fatto di avere promosso un movimento politico.
Ma Scelta civica, caro professor Galli della Loggia, non ha compiuto quello che lei e io consideriamo un errore: non si è contrapposta agli elettori della Destra. Anzi, ne ha sollecitato il voto. E sono sorpreso che tanti abbiano scelto Scelta civica e non il Pdl, che pure recava nella scheda il profumo dei soldi, il rimborso dell'Imu.
Quello che non ho fatto, qui lei ha ragione, è accettare l'invito di Berlusconi ad essere il «federatore dei moderati». Per questo invito, che mi ha fatto piacere, ho ringraziato Berlusconi. Ma non l'ho accettato non per sprezzo degli elettori di Destra, ma per due diverse ragioni. In primo luogo, mi sembrava più importante unire i riformatori che federare i moderati. In secondo luogo, avrei forse potuto federare i moderati ma solo se Berlusconi si fosse davvero ritirato dal progetto che cortesemente mi offriva. Non avrei voluto trovarmi nella situazione di Alfano.
Presidente del Consiglio


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