venerdì 30 novembre 2012

ANIME TROPPO DIVERSE. RENZI ABBIA IL CORAGGIO DI ROMPERE E PRENDA IL LARGO. O ADESSO O MAI PIU' .



Ieri, a Porta a Porta, c'era il segretario Bersani, prossimo vincitore delle primarie della sinistra (con sconfitta del centro) e probabile delle elezioni politiche del 2013. 
Dall'incontro in TV mi hanno colpito tre cose , più delle altre :
1) Bersani dice di se stesso di avere una natura anche liberale. Ne prendo atto, ma se si riferisce solo alle liberalizzazioni fatte quando era ministro dell'Industria dove il progetto non era tanto quello dell'efficienza (sacrosanto) ma quello di esaltare la concorrenza per favorire i cittadini (a rischio, esagerando, di strozzare ogni margine ragionevole di utile e a scapito della qualità, come anche avviene ) , non è che sia poi sto granché. Il tema della concorrenza è un tema assai delicato, che va affrontato a parte. Il principio in sé lo condivido ( ci mancherebbe, io che liberale lo sono senza "anche" )  ma poi ne vedo applicazioni piuttosto distorte, e non a caso questo tipo di liberalizzazioni piacciono alla sinistra....
2) Lui condivide il valore del Merito, esaltato da Renzi, ma senza perdere mai di vista quello , per lui prioritario dell'Uguaglianza. E qui bisogna intenderci. Uguaglianza di COSA ? Dei diritti ? Nessuno la discute, nemmeno a destra. Dei punti di partenza, delle opportunità iniziali ? Nemmeno questo principio è discusso, ancorché mai pienamente realizzabile. E' la rotta diciamo. L'Uguaglianza livellatrice , per non dire propriamente quella marxiana dei punti di arrivo ? Da ciascuno secondo le sue capacità a ciascuno secondo i suoi bisogni ? E qui non ci siamo più. Se con la parabola dei deboli, di quelli che non devono essere lasciati indietro, arriviamo alla massificazione che ha immeserito i paesi comunisti , all'invidia sociale per chi ha di più perché più capace, tenace, ambizioso, allora a questo tipo di Uguaglianza rispondiamo "No Grazie".
3) Bersani , l'ho scritto e lo ripeto, appare ( e sono convinto che lo sia) una brava persona, dall'eloquio tendenzialmente ragionevole. Ma provate a contraddirlo. Si  commuove davanti ai genitori comparsi in un filmato propostogli da Vespa (in effetti tenerissimi, entrambi ) , ma s'innervosisce parecchio quando viene contraddetto dagli ex amici (Polito , editorialista del Corsera, fu senatore indipendente dell'Ulivo nel 2006, e andava spesso in tv come esponente del centrosinistra di allora) .  Non è che alla fine scopriamo che la preferenza per gli yes men alla fine piace a tutti i politici, compresi quelli  che attribuiscono al solo Cavaliere questo difetto ? 
Detto questo, veniamo alla primarie e al futuro di Renzi. Ieri avevo postato un articolo nel quale scrivevo perché avrei votato per il sindaco di Firenze ( http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2012/11/giuro-sul-segretario-che-domenica-stavo.html ) . Sono arrivati commenti acidissimi di elettori che più che bersaniani definirei anti Renzi, che continua ad essere vissuto come un corpo estraneo, e LO E', per quella gente, che continua a tradurre l'essere di sinistra col socialismo sindacale e collettivista (per non dire post comunista sic et simpliciter) . 
 E questo conferma la mia convinzione.  Il PD è lontano dal partito che voleva essere, e la spaccatura tra Renziani e gli Altri (secondo me per molti Bersani è anche troppo moderato per i loro gusti...Fassina sarebbe molto meglio ) è molto più netta di quello che sarebbe sopportabile in una formazione politica che dovrebbe avere una UNICA anima sia pure con sfumature diverse. Qui altro che sfumature !! Renzi deve dare una casa diversa alla componente Liberal che ormai nulla a più a che fare con i socialisti (molti come detto post comunisti ) che si sono impadroniti del partito che doveva essere dei progressisti. Lo facesse, e vediamo i sondaggi del PD quanto calano. Quanto al rispetto delle regole, tanto decantato da Bersani, anche nel fascismo e nel comunismo sovietico venivano fatte le leggi, solo che se le facevano da soli.
Trovo intelligente quanto scritto da Ignazi , su Repubblica, che auspica un cambiamento dell'organizzazione interna del PD per conservare il nuovo slancio derivante dall'allargamento della platea del partito, troppo regredito nelle riserve del socialismo antico. Però non credo che il suo auspicio sia realizzabile.  In particolare, io vedo che la divisione tra Renzi e Bersani ripropone, all’interno dello stesso partito, le differenze esistenti tra Margherita e DS prima dello scioglimento e la successiva fusione. Del resto i primi erano il CENTRO, del centro -sinistra. L’unione dei due gruppi voleva essere, nel progetto, il SUPERAMENTO di questa divisione tra l'anima socialista più conservatrice  e quella Liberal.democratica , che in realtà NON c’è stata. Come nel PDL Forza Italia e AN sono rimasti gruppi distinti, così è accaduto nel PD. L’astio che più spesso si vede tra i rappresentanti dei due gruppi va oltre la normale competizione tra forze che si disputano la vittoria. Qui non c’è una sola anima, con sensibilità diverse, ma proprio una diversa visione della società su punti nevralgici : Lavoro, Tasse, Scuola. Con Bersani più teso alla conservazione, nella convinzione (assolutamente legittima) che le vecchie ricette, applicate con serietà, onestà, rigore, funzioneranno , e Renzi che pensa che bisogna proprio cambiare i vecchi schemi. Sono d’accordo con Ignazi che se queste due anime si avvicinassero, trovassero una buona sintesi, il PD sarebbe formazione che raccoglierebbe oggi, nel disastro del centro destra, un consenso ben maggiore del 30% attribuitogli dai sondaggi. Ma questo non è dato vederlo e allora a Renzi forse conviene cogliere l’occasione per staccarsi da un PD socialista e creare una casa di vero centrosinistra, Liberal, dove confluirebbero gli elettori della Margherita di ieri e tantissimi moderati e liberali senza tetto di oggi. Scommettiamo che sarebbero più dei votanti del PD residuo ?
Forte l'esortazione di Davide Giacalone in questo senso, e credo che Gian Burrasca debba rifletterci molto su. Il capitale di visibilità e consensi che ha accumulato è notevole ma tutta'altro che durevole. Ha un'occasione unica, a meno che veramente non voglia restare a fare il sindaco di Firenze.
Buona Lettura

Renzi Rompa


Matteo Renzi deve stare attento a non subire la sorte di Mario Segni: da protagonista di una stagione a protagonista di un futuro già passato. Il ballottaggio delle primarie sarà vinto da Pier Luigi Bersani. Sono pronto a festeggiare (e votare, alle elezioni vere) il contrario, ma non ci credo. Intanto s’è scatenata una guerra interna, anche solo sulla contabilità dei voti espressi (meno della volta scorsa, quindi non certo un boom), per non dire di quanti avranno diritto al voto, domenica prossima. A Renzi è rimproverata la violazione delle regole, anche a causa di pagine pubblicitarie comprate per aumentare il numero dei votanti. In effetti, quando quelle regole furono fissate mi parve che la partita fosse stata decisa. Mi domandai anche se Renzi era un perdente consenziente. Non se ne erano accorti, lui e i suoi quotati collaboratori? Ma la domanda politicamente rilevante è un’altra: cosa succede, lunedì mattina?
Difficile che un centro destra con l’encefalogramma politico piatto raccolga la (solo apparentemente strana) sollecitazione di Maurizio Belpietro. Difficile che lo stesso Renzi sia in quel senso disponibile. Ma difficile anche immaginare che possa farsi da parte e attendere un’occasione successiva, perché in pochi mesi lo scenario cambierà e il patrimonio di consensi che oggi potenzialmente gli spetta può svanire.
Dopo la prima assemblea della Leopolda, tenuta nel 2010, osservai che i contenuti di quell’incontro erano assai interessanti e promettenti. Nel febbraio e nel marzo del 2011 tornai, qui, a scrivere che Renzi era un ottimo candidato per una sinistra occidentale e di governo. E ricordo le due tipologie di lettori che m’indirizzarono il loro vivace dissenso: a. cittadini di Firenze (confermando la natura di quella splendida città); b. antiberlusconiani-moralisti, a prescindere. Anche le proteste aiutavano a capire che quel candidato poteva attingere a bacini elettorali fin lì non comunicanti.
Il fatto è che a cavallo o dopo le prossime elezioni politiche l’Italia sarà spinta a chiedere gli aiuti europei, non essendosi risolta la crisi dell’euro. A quel punto i probabili vincitori delle elezioni (stante il disfacimento del Pdl) si ritroveranno con una maggioranza disomogenea alla Camera e probabilmente senza maggioranza al Senato, e con assemblee elettive affollate da parlamentari eletti sventolando il rifiuto dei vincoli europei, esattamente quelli cui si dovrà sottostare. In ogni caso con una piattaforma politica disomogenea rispetto alla condizione oggettiva in cui sarà l’Italia. Ciò potrebbe propiziare la nascita di un nuovo governo commissariale, ma a parti invertite, rispetto alla legislatura che sta agonizzando: la sinistra che deve passare la mano e la destra che giunge in soccorso. Ulteriore commissariamento che sarà ancora servente le imposizioni esterne, ma incapace di profonde riforme interne, per le quali è indispensabile una maggioranza politica.
Allora, che succede lunedì mattina? Renzi s’acconcia ad essere il perdente, accomodandosi in panchina e attendendo il proprio turno? Rischia di non arrivare mai. E se è vero che una sinistra guidata da Renzi raccoglierebbe, oggi, la vittoria, è anche vero che il coraggio della rottura, sfidando entrambe i poli del bipolarismo fallito, mandando in pezzi la convenzione fasulla su cui s’è retta (in modo inconcludente) la seconda Repubblica, potrebbe raccogliere di più. Ove a questo non punti Renzi porterebbe a casa il solo risultato di avere tolto Massimo D’Alema e Valter Veltroni dai piedi di Bersani, consegnando la sinistra all’alleanza con Nichi Vendola. Riverniciandola con la propaganda di primarie all’esito delle quali il meglio che si può sperare è che il gruppo dirigente che fu comunista abbracci la socialdemocrazia, trenta anni dopo che questa è fallita in Europa. Una scena grottesca, che non tiene minimamente conto del fatto che si deve mettere in discussione il modello di welfare, non trovare il modo di finanziarlo fino a morirne.
La sinistra è in vantaggio, oggi, sia per gli errori imperdonabili della destra sia perché nel suo seno c’è stato chi ha messo in discussione la continuità, creando le condizioni per una novità che rischia di degenerare in nuovismo. Nella destra questo non c’è stato, anche perché vive l’affanno di aver fatto invecchiare e deperire l’effettiva novità (comunque la si voglia valutare) del 1994. Ma il pesce non resta fresco a lungo, né si può ributtarlo in mare il giorno appresso. Nel mare ci si deve buttare quando si è ancora vitali. Non mi piacciono i personalismi e fuggo i leaderismi, ma capita che a una persona sia offerta la possibilità di cambiare il corso delle cose. Oggi è Renzi che ha questa possibilità, se rompe tutti gli schemi e non solo il conformismo sinistro. Prenda atto che, confinata nella sinistra, la sua diventa la testimonianza di ciò che potrebbe essere e non è. Raccolga quanti sono consapevoli dei problemi, reclamano riforme vere, chiedono quelle istituzionali e ne hanno le tasche strapiene (anzi: stravuote) delle tifoserie dissennate. Faccia da punto di raccolta dell’Italia che corre e guarda al futuro. Ci vuole una lista che sia antagonista della paura e della stagnazione, senza demagogie. Con quella si parla alla maggioranza degli italiani.


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