Oh. ecco. Il Governo non ci voleva arrivare a questo passo del Decreto Legge per stabilire che l'ILVA deve restare aperta e funzionante intanto che gli impianti incriminati vengono bonificati. Sperava che il documento dell'AIA potesse essere garanzia sufficiente. E invece così non è stato. Il buon senso viene invocato da tutti ci avete fatto caso ? Però ognuno è convinto di esserne dotato in esclusiva. Per la Procura di Taranto il "buon senso" pare essere chiudere l'Ilva perché nuoce alla salute dei cittadini in misura assai più grave di quella di tutti coloro che vivono vicino a realtà industriali produttive o in metropoli gravemente inquinate, cosa di cui sono convinti in buona fede (e ci mancherebbe) . Per loro il "Buon senso" è una decisione fondata su una convinzione legittima e probabile, ma non ancora acclarata da un processo, con perizie assolutamente prestigiose ma contestate da altre altrettanto griffate (parliamo dell'autorevolezza degli estensori ) , laddove dall'altra ci sono FATTI. L'ILVA chiude, vanno a casa 20.000 operai, più non ho capito bene quante altre decine di migliaia (i numeri ballano sempre in questi casi) e quindi sul lastrico non sono quante famiglie. E mica solo a Taranto. In più, l'Italia abdica ad un settore industriale strategico, con un costo, a sentire Monti ( ma qui non sono più fatti , le cifre del Premier vanno preso con le pinze...diventato abilissimo propagandista !) di 8 miliardi di euro. Ovviamente per gli altri, MOLTI altri, il buon senso è la decisione del governo. E questo anche secondo settori della sinistra radicale (sentite le parole di Landini, da Santoro, e letta l'approvazione sul foglio post comunista di Rinascita ).
Siccome l'Esecutivo alla fine si era stancato di prendere schiaffoni dai PM e dalla Todisco, e ha varato un decreto legge, gli uomini di buon senso in toga dichiarano guerra, promettendo che ricorreranno contro il provvedimento avanti alla Corte Costituzionale per violazione del principio di uguaglianza (legge ad ILVAM....) e del prevalente interesse della collettività alla salute sulla libertà d'impresa. Del caso, sempre per buon senso, solleveranno anche il conflitto di attribuzione di potere. Sarebbe la seconda volta in un anno, dopo il passo nella stessa direzione mosso però in quel caso dalla Presidenza della Repubblica contro la Procura di Palermo.
Ehhhhh, adesso che non c'è più il Berlusca, più difficile la vita di certi magistrati....e anche di certa politica. Il nemico prima era unico per tutti e si andava d'accordo. Adesso non è più così. Ma ve lo immaginate, solo per un attimo, se un decreto legge del genere lo avesse fatto il governo Berlusconi ?????
L'esercito per le strade avevamo. Ma per fortuna quel tempo è passato e adesso i conti tra magistratura e potere esecutivo e legislativo si fanno col "buon senso".
Personalmente, mi auguro che gli esperti giudici del governo abbiano studiato bene il decreto perché è talmente palese che si tratti di norma cucita su misura per il caso di specie che in effetti qualche dubbio sulla legittimità viene anche a me. Vedremo.
Intanto posto il fondo pubblicato stamane dal Corriere della Sera dove Dario di Vico , uomo di sinistra, moderato e di BUON SENSO, scrive così :
IL DECRETO DEL GOVERNO E IL FUTURO DELL'ILVA
C'era bisogno di intervenire e il governo non si è tirato
indietro incassando a fine serata un plauso, che seppure non unanime è comunque
ampio e significativo. Il decreto emesso ieri dal Consiglio dei ministri per la
continuità produttiva dello stabilimento Ilva introduce delle novità e fissa
alcuni punti importanti. Innanzitutto lega la risoluzione del rebus di Taranto,
la necessità di riuscire a conciliare nel Mezzogiorno ambiente e lavoro,
all'immagine stessa dell'Italia nel consesso internazionale. Che lo abbia
affermato in conferenza stampa il premier Mario Monti, la cui attenzione al
giudizio dell'opinione pubblica europea è costante, equivale alla promessa che
la città non sarà lasciata sola. Anzi, che il processo di risanamento della
fabbrica sarà il più trasparente possibile.
Il governo ieri ha anche detto che considera l'acciaieria
pugliese un'attività strategica con un'affermazione che non potrà non piacere a
quanti legano indissolubilmente la caratura internazionale del nostro Paese
alla forza e alla credibilità della sua industria. Chi aveva criticato a più
riprese l'impostazione di Monti tesa a privilegiare più l'allargamento della
domanda (le liberalizzazioni dei taxi e del mercato del lavoro) che la
salvaguardia dell'offerta (la nostra struttura manifatturiera) non potrà non
cogliere la discontinuità culturale presente nel decreto. Si sta facendo della
politica industriale, seppur sotto il condizionamento dell'emergenza e dopo
aver manifestato qualche incertezza e pigrizia.
La produzione a Taranto non si fermerà innanzitutto perché
questa è la garanzia, forse la sola, per avviare la bonifica ambientale e poi
perché quello stabilimento è centrale nel sistema delle forniture della filiera
meccanica italiana. Non sappiamo, infatti, quanto ancora sarà lungo il tunnel
della crisi ma non possiamo pensare neanche per un attimo di uscirne
deindustrializzando. Se vogliamo sperare di tamponare la crescita della
disoccupazione - i dati di ieri sono allarmanti - non possiamo un giorno
invocare il radicalismo della piazza e quello dopo avere atteggiamenti
autolesionistici.
I problemi, dunque, si affrontano e non si negano. È questo
il messaggio di Palazzo Chigi ed è importante che tutti gli altri soggetti
coinvolti a vario titolo nel dramma di Taranto si muovano con lo stesso
spirito, con l'obiettivo cioè di coniugare responsabilità e pragmatismo. Il
sindacato lo ha fatto e l'esempio va esteso quanto più possibile. Perché ciò
possa avvenire c'è una sorta di precondizione: più il governo e il garante che
sarà nominato saranno intransigenti con la famiglia Riva, più sarà chiaro agli
abitanti della città che il decreto reca con sé una svolta e recepisce il
drastico giudizio dato dalla magistratura sull'operato degli azionisti e del
management dell'Ilva. Non c'è ulteriore spazio per l'arroganza e la clausola
inserita nel decreto, che prevede in caso di ostruzionismo da parte dei Riva
persino la perdita della proprietà, rappresenta un passaggio chiave (non
scontato) dell'iniziativa del governo.
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