giovedì 28 febbraio 2013

FORSE LA NUOVA SINISTRA E' GRILLO


Com'è normale, si susseguono le analisi post voto da parte dei grandi opinionisti. Ieri avevamo dato spazio a quella di Luca Ricolfi, sulla Stampa   ( http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2013/02/la-maledizione-della-sinistra-la.html ), in precedenza a Pierluigi Battista (  http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2013/02/bersani-da-vincitore-certo-uomo-in.html ), che si era concentrato sul giaguaro sopravvissuto allo smacchiatore ( "le macchie erano indelebili" ha chiosato Crozza a Ballarò, facendo l'imitazione di uno sconsolato Bersani...).
Oggi scrive Panebianco, il quale dice con la solita lucidità diverse cose a mio avviso importanti :
1) Grazie alla verve e capacità elettorale di Berlusconi, il centrodestra è sopravvissuto alla tornata elettorale peggiore da quando esiste la seconda Repubblica. A tale proposito osservo come Berlusconi sia di fatto tornato alle origini, vale a dire al 1994 , quando fondò e si presento con Forza Italia. Il neo partito di plastica prese allora il 21% dei suffragi e circa 8.700.000 voti...Nel 2013, quelli sono rimasti. più o meno. Quelli che invece sono scomparsi sono quelli di AN, che nel '94 erano oltre 5.000.000 e la Lega si è dimezzata.
Insomma, dopo quasi 20 anni di navigazione assai burrascosa, per colpe sue e non, Berlusconi ha conservato il seguito dal quale era partito. Ovviamente non è tutta la stessa gente (molti di quelli di destra sono passati con lui, mentre altri hanno preso altri lidi, Grillo compreso, e tanti a questo giro non hanno proprio votato). E' questo un risultato da poco ? Direi di no, e infatti tutti gli opinionisti ne danno atto, e gli anti Cav sono lividi di rabbia. Detto questo, è ora che l'uomo passi la mano. Lo si elegga presidente del Senato (Pietro Sansonetti, un comunista d'antan, gli offrirebbe addirittura il Colle !!), si trovi un modo per cui lui non abbia bisogno della politica per difendersi dai magistrati, però si chiuda questo libro. 76 anni sono tanti per continuare a governare un partito. Certo, sarebbe facile se uno potesse immaginare una legislatura che bene o male duri almeno un paio d'anni, per avere il tempo di un rifondazione del centrodestra non pressato dalle necessità elettorali. Ma qui il rischio è che tra meno di un anno si sia costretti a rivotare ...
2) Complessa anche la situazione a sinistra. Perché lì si deve o tornare al progetto originario del Partito Democratico all'americana, e allora ridare spazio a Renzi, o avere il coraggio di abbracciare la sinistra grillina. Io sono d'accordo con quanti sostengono che Grillo peschi nel voto di protesta e anti partiti, ma la connotazione prevalente del movimento, se si prova a trovare un'idea di programma (per Facci è impresa inutile...ma ne parleremo ) , certo trova più contiguità con la Sinistra radicale. Se questa è la nuova sinistra, il PD abbia il coraggio di abbracciarla e vedere cosa resta dell'elettorato progressista ma "ortodosso", vale a dire quelli per i quali parole come deficit, bilancio, spesa, debito non sono bestemmie ma concetti scomodi con cui fare i conti. Certo è che la scelta identitaria, quella del partito continuazione delle origini (PCI-PDS-DS) non vince. Conferma un consolidamento forte, milioni di voti, un quarto circa dell'elettorato potenziale , ma NON OLTRE. E se cambia la legge elettorale, NON ci sarà più il porcellum a regalargli 100 deputati.
Buona Lettura




Riforme per disperazione

Le elezioni hanno distrutto il vecchio bipolarismo, quello della cosiddetta Seconda Repubblica. Ma non hanno ricostruito. Dovremo forse attendere le prossime elezioni (al termine di una legislatura che è lecito immaginare brevissima) perché alla distruzione segua la ricostruzione, perché nuovi e più stabili equilibri si affermino. Entrambi i poli tradizionali (centrosinistra e centrodestra) dovranno passare attraverso cambiamenti radicali (di leadership, di assetti, di proposte, di identità). Berlusconi ha smentito, con la sua impressionante rimonta, chi lo aveva dato per finito. Ma il problema di come dare stabilità e coesione a un centrodestra che, per ragioni sia di età che di credibilità internazionale, Berlusconi non potrà ancora guidare a lungo, è sempre lì e attende soluzione. Anche perché la resurrezione di Berlusconi non ha comunque impedito al centrodestra (e al Pdl) di perdere diversi milioni di voti (fra astensioni e spostamenti verso Grillo).
Una cosa le elezioni l'hanno però dimostrata:l'inconsistenza del progetto neocentrista. Monti e Casini devono ora prendere atto che non c'è alcun futuro al centro. Ancorché deboli, dispongono comunque di una quota di parlamentari che dà loro la possibilità, e il diritto, di trattare una qualche forma di onorevole resa con il centrodestra. Al quale probabilmente servirebbero degli «stati generali», o qualcosa di simile, ove possano essere discussi assetti futuri, leadership, proposte. In vista delle prossime, sicuramente vicine, nuove elezioni.
Se il problema del centrodestra dopo Berlusconi resta aperto, altrettanto drammatica è la condizione del Partito democratico. Ha fatto definitivamente il suo tempo il personale politico che veniva dal vecchio Pci e dalla vecchia sinistra democristiana (le componenti dalla cui convergenza nacque quel partito). Insieme a esse, ha fatto il suo tempo quella continuità identitaria (le «radici») su cui aveva puntato tutto Bersani.
Di fronte al Pd si aprono due strade, entrambe dolorose e difficili, al di là della proposta aperta di cui parla D'Alema in queste pagine. La prima è quella che alcuni, con una capacità trasformistica degna di Zelig, hanno subito indicato: prendiamo atto di avere sbagliato quando, alle primarie, abbiamo scelto la tradizione e l'identità (Bersani) al posto del cambiamento e della discontinuità (Matteo Renzi). Così però è troppo facile. La storia è spietata, non permette a nessuno di dire «avevamo scherzato, riportiamo indietro le lancette». Come se niente fosse accaduto. 
Renzi è un giovane brillante e avrà un futuro politico (che dovrà inventarsi di sana pianta). Ma, essendo intelligente, sa che quel capitolo è chiuso. Egli però resta comunque l'emblema di ciò che il Pd avrebbe potuto essere. Il simbolo di un rinnovamento che facendo piazza pulita della vecchia identità avrebbe potuto trasformare un partito statico, conservatore, in un partito dinamico, innovatore.
C'è anche un'altra strada aperta per il Pd. Ancor più dolorosa della prima. Si tratta di prendere atto delle affinità esistenti fra gli orientamenti di molti dei propri elettori e il movimento di Grillo. È vero che Grillo ha preso voti da tutto l'arco politico. Ma, anche se non disponiamo ancora di serie analisi dei flussi elettorali, è chiaro che il Pd gli ha ceduto moltissimo sangue, forse più del Pdl (quest'ultimo colpito anche dall'astensionismo).
Inoltre, se si guarda alle proposte che il Movimento 5 Stelle ha fin qui avanzato - e alla cultura politica che quelle proposte sottintendono -, è facile rendersi conto che ci sono più consonanze (per esempio, sulla questione cruciale dello spazio da dare, rispettivamente, al mercato e allo Stato) con gli orientamenti della sinistra che con quelli della destra. Lo stesso Bersani, del resto, lo ha implicitamente ammesso con la sua immediata apertura di credito al Movimento 5 Stelle. Il Pd, o almeno una parte di esso, potrebbe prendere atto che il suo futuro sta in una qualche forma di convergenza con un movimento politico che ha dimostrato di sapere dare rappresentanza agli insoddisfatti e agli esclusi. È vero che Grillo, come fanno sempre i movimenti politici che attaccano il vecchio establishment, rifiuta le categorie di Destra e Sinistra (ma i nomi non sono poi così importanti: potremmo anche ribattezzare quelle vecchie categorie Gianni e Pinotto) ma è anche possibile che, nel XXI secolo, la vecchia sinistra debba cedere il passo a nuove modalità di aggregazione e di azione, più efficaci nel rappresentare il disagio per certi effetti (per esempio, sul versante dell'impatto ambientale) dell'economia capitalistica di mercato.
Ci sono temi pressanti (formare uno straccio di governo; eleggere il nuovo presidente della Repubblica) ma il problema dei problemi, quello di ridefinire gli assetti del centrodestra e del centrosinistra, non potrà essere nascosto sotto il tappeto. Il più importante banco di prova sarà la riforma della legge elettorale e delle istituzioni. Se la classe politica saprà giocarsi quella occasione alla grande, senza più i piccoli intrighi che hanno caratterizzato l'ultimo anno, nella piena consapevolezza di quanto potente sia stato il terremoto, allora forse si ripresenterà quella opportunità di uno scambio di alto profilo (sistema maggioritario a doppio turno contro elezione diretta del presidente della Repubblica) che, come ricordava ieri su questo giornale Antonio Polito, venne malamente bruciata, e sprecata, l'anno scorso. Se questo accadesse, alla distruzione di oggi seguirebbe la ricostruzione di domani.


1 commento:

  1. NON ENTRO in merito alle diatribe degli eletti e degli esclusi.- "Ancora il ferro è caldo" - ed il forno ha solo cenere.-

    Non condivido e mi merabiglia che DAlema , proponfa al PD. (ovvero a Bersani) un probabile accordo con il PdL.

    "In Toscana vi è un proverbio" : Quando tira il vento, sono come una quercia ; Mi spezzo ma non mi piego.!

    Esiste anche un altro proverbio : Dai Nemici mi guardo IO . dagli amici mi guardi IDDIO.-!

    Esiste anche altro Proverbio : Meglio un Nemico sincero che un Amico fasullo.!!!

    Grillo ... E' arrivato a Samarcanda ... al posto dell'arco con le frecce , ha una miccia accesa con esplosivo in mano . e prima che finisca la miccia a chi la darà.???

    E' preoccupante... Speriamo che non gli scoppi in mano.
    Sansone è l'esemplio.!!!. -

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