domenica 10 febbraio 2013

PERCHE' E' COSI' DIFFICILE GOVERNARE IL BEL PAESE


Il mio proposito di leggere anche gli opinionisti che non amo di più in virtù dell'apprezzamento della loro cultura e capacità espositiva, ultimamente viene premiato da Sergio Romano, noto per essere stato per anni ambasciatore italiano a Mosca. L'altro giorno era capitato a proposito di una sua risposta ad un lettore che lamentava il declino dell'autorevolezza della magistratura ( http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2013/02/non-ci-voleva-ingroia-per-capire.html Non ci voleva Ingroia per capire ). Oggi a proposito della difficoltà nota di governare l'Italia.
Al riguardo sono famosi entrambi gli aforismi di due italiani importanti che pure hanno avuto posizioni di potere : Benito Mussolini e Giulio Andreotti. Il primo disse che non era difficile governare gli italiani, era INUTILE. Il secondo, meno drammaticamente, osservò che gli italici possono essere al più "amministrati".
Ovviamente i quattro argomenti che Romano richiama per spiegare a sua volta l'arcana maledizione non sono esaustivi, però sicuramente hanno la loro cogenza.
Faccio presente che il primo, vale a dire un deficit insito proprio nella Costituzione che svuota di potere il Capo dell'Esecutivo con sbilanciamento dei poteri a favore del Parlamento (e anche del nuovo modo di operare dei Presidenti della Repubblica ), ormai è convinzione diffusa. Ma siccome da molto tempo è argomento abituale del Cavaliere, suona male.
Sulle corporazioni pure non vi sono dubbi, però mi sia consentita una osservazione personale riguardo la mia, quella degli avvocati. Io non penso bene della mia categoria, per tanti e spesso descritti motivi. Però ritenere che essa adotti politiche di ostruzione di accesso alla professione...In Italia sono iscritti all'albo 250.000 avvocati....Ancora negli anni 60 non arrivavano a 30.000....Se questo è l'operato di una casta chiusa...meglio cambiarla ma per inettitudine nei suoi propositi di ostracismo.
Questo crescita esponenziale ha significato perdita di qualità, abbassamento degli onorari (che è apprezzato dai liberisti ovviamente, per la conferma della regola aurea che se l'offerta sale, il prezzo scende ) e anche aumento della cause, che è il problema primo della mostruosa lentezza della Giustizia. Che ci fanno i cittadini di Tribunali a buon mercato e assolutamente inefficienti ? Niente, ma la gente è spesso stupida. E' un po' come nella scuola : gratuita e facile. Infatti vale molto poco.
Buona Lettura

PERCHÉ GOVERNARE L’ITALIA È SEMPRE UNA FATICA DI ERCOLE

Parlare male della classe politica italiana è oggi secondo me, un po’ come sparare sulla Croce Rossa. Banale e scontato. Ma è davvero soltanto colpa di chi ci rappresenta se da decenni nel nostro Paese non si riesce a cambiare nulla? Se quando era al governo, nessuno degli schieramenti è riuscito veramente a realizzare il proprio programma? Ma se il centrosinistra non ha mai concretizzato la legge sul conflitto di interessi, la Lega Nord il suo mitizzato federalismo e Silvio Berlusconi quella riforma elettorale che consenta il bipartitismo, non è che, a prescindere dalla capacità e dalla volontà di costoro, il problema sia e stia altrove?

Mario Taliani Noceto (Pr)
PERCHÉ GOVERNARE L’ITALIA È SEMPRE UNA FATICA DI ERCOLE
Caro Taliani, Proverò a suggerire almeno quattro ragioni che rendono i partiti italiani, quando vanno al governo, «insolventi». La prima è istituzionale. Il presidente del Consiglio non è né un Primo ministro né un cancelliere. Non può zittire i suoi ministri quando rilasciano interviste in cui contraddicono la linea del governo. Non può revocarli quando si rivelano incompetenti o inefficienti. Non può sciogliere le Camere: un provvedimento che serve in altre democrazie a mantenere in fila i deputati della maggioranza. La seconda è la struttura corporativa della società nazionale. Il Paese è un arcipelago di isole e isolotti che resistono fieramente contro ogni norma suscettibile di intaccare i loro privilegi. Penso agli ordini professionali, alle associazioni di categoria, alle rappresentanze sindacali (fra cui vi è, naturalmente, anche Confindustria), a poteri che hanno acquistato una forte autonomia come l’ordine giudiziario o la Conferenza episcopale. E penso a quelle famiglie criminali e affaristiche che controllano voti e territori. Il potere in Italia è di tutti e di nessuno. La terza è il divario fra il Nord e il Sud del Paese. Le leggi utili alle regioni settentrionali non piacciono al Sud o non si adattano alle sue condizioni economiche. Le leggi preferite dal Sud sono spesso quelle che frenano il dinamismo della parte più produttiva dell’Italia. Questa dualità incide sulla politica nazionale. Nessun partito può occupare Palazzo Chigi senza conquistare anche i voti del sud. E nessun partito, se vuole conservare il potere, potrà ignorarli. Il risultato è spesso una combinazione di compromessi, soluzioni zoppicanti e occhi che si chiudono per non guardare. La quarta non è solo italiana, ma sembra manifestarsi da noi in modo più grave. Lo sviluppo dell’Unione europea ha progressivamente eroso la sovranità dei singoli Stati e la globalizzazione ha esposto tutti i governi nazionali all’esame quotidiano dei mercati. In Gran Bretagna (forse il Paese più euroscettico dell’Ue) le leggi del Regno Unito scritte a Bruxelles sarebbero ormai, secondo i giornali britannici, il 70% della legislatura nazionale. I programmi elettorali che non tengano conto di questa realtà sono difficilmente applicabili e le promesse non mantenute finiscono per intaccare la credibilità dell’esecutivo e della classe politica. L’alternanza dei partiti al governo è una caratteristica delle buone democrazie. Ma troppa alternanza, come è accaduto in Italia dal 1994 a oggi, dimostra che ogni governo delude i propri elettori. Quanto ai mercati, caro Taliani, il loro giudizio è senza appello. La legge Fornero sul mercato del lavoro è stata materia di un negoziato che ha diluito lungo la strada molte delle sue caratteristiche iniziali. Le soluzioni largamente concordate piacciono alla cultura politica italiana. Ma se gli investitori internazionali giungeranno alla conclusione che il nuovo art. 18 non ha reso il mercato più flessibile, la legge sarà stata inutile

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