L'è tutto da rifare...diceva spesso il buon Bartali, e chissà quante volte l'avrebbe ripetuta ancora se fosse vivo, osservando le cose della sua bella e sfortunata Italia.
Succede in tanti campi della vita sociale del Paese, e in quello della Giustizia un po' di più.
Stavolta, quello da rifare è il processo d'appello ad Amanda Knox e a Raffaele Sollecito, accusati di concorso nell'omicidio della povera Meredtih Kercher , condannati in primo grado e assolti dalla Corte d'Appello di Perugia. Ora la Cassazione ha bocciato quest'ultima sentenza, i motivi ancora ovviamente non si sanno, e rinviato i due per un nuovo processo d'appello stavolta a Firenze ( nei casi di rinvio, ovviamente deve essere una nuova Corte a celebrare il nuovo processo, e siccome a Perugia ce n'è solo una, è necessario spostare anche la sede ).
Ostile ai processi indiziari, garantista convinto e persuaso del principio che sia più civile correre il rischio di un errore giudiziario che tenga un colpevole fuori dal carcere piuttosto che un innocente dentro, avevo salutato con favore l'assoluzione dei due, ancorché assolutamente non certo della loro innocenza. Ma siccome per me, e anche per la Costituzione a dire il vero, è necessario avere la certezza OPPOSTA, ecco che mi batto contro la smania di dare alla folla un colpevole ad ogni costo, per "rassicurarla".
Per questo, leggendo la notizia sul Corriere.it, avevo commentato così su FB
" La Cassazione annulla la sentenza d'appello della Corte di
Perugia che aveva assolto Amanda Knox e Raffele Sollecito e rinvia per un nuovo
giudizio. Presto se ne sapranno i motivi. Nell'attesa, ripropongo un quesito
vecchio : se un domani i due venissero condannati, resterebbe sempre il fatto
che una Corte li aveva assolti. Come si concilia questo con il principio che
per condannare si deve andare "oltre un ragionevole dubbio" ?
Ah, non mi rivolgo ovviamente alla signora del mio
giornalaio che alla notizia dell'assoluzione commentò acida : "Allora
Meredith è morta di freddo".
" è semplice: perché la valutazione di chi ha giudicato prima
non costituisce un elemento di giudizio del grado successivo. né potrebbe
essere diversamente: il giudice deve emettere il proprio giudizio valutando le
circostanze di fatto del (presunto) reato, tra le quali non fanno parte le
considerazioni del giudice precedente."
Una risposta tecnica che non aveva colto il senso del mio quesito che era invece non procedurale ma di principio giuridico da prendere in considerazione proprio al fine di valutare il CAMBIAMENTO delle regole processuali attuali.
E infatti ho risposto :
" ...Tanto semplice non è. Ma il malinteso sta
evidentemente nella ratio del quesito . Sappiamo bene il principio che regola
l'appello. Ma conosciamo anche il principio costituzionale di presunzione di
non colpevolezza, che può essere superato solo in presenza di elementi che
superino il ragionevole dubbio. Ora, di fronte ad una assoluzione, evidentemente
ci troviamo di fronte al fatto che una Corte di Giudici , togati e popolari,
hanno ritenuto che questa barriera NON fosse stata superata. Il fatto che altri
giudici la penseranno diversamente, NON toglierà mai che quei fatti sono stati
oggetto di diverse e opposte valutazioni. Questo, a mio avviso, recepito in
altri ordinamenti, fa sì che le sentenze di assoluzioni non siano appellabili,
perché il principio di civiltà giuridica che PREVALE è quello di preferire un
errore che lasci un colpevole fuori, che rischiare un innocente in prigione.
Anche in Italia era stata fatta una proposta di legge in questo senso. Ovvio
che uno può avere una sensibilità diversa, e non condividere questa scelta.
Però è la mia.
Ma il dibattito, vecchissimo in materia, resta aperto.
Intanto gli americani gridano alla follia italiana, e non credo sarà facile , un domani, estradare Amanda se venisse ritenuta definitivamente colpevole...Potremo sempre dire all'Ambasciatore USA di "non muoversi dall'Italia"...
Intanto questa la notizia di cronaca
Corriere della Sera >- Cronache >
SENTENZA DI CASSAZIONE
Delitto Meredith, annullata l'assoluzioneLa Cassazione: processo da rifare
Il procuratore generale: «I giudici avevano perso la bussola»
Amanda dagli Usa: «Continuano a non credermi»
L'avvocato di Raffaele Sollecito Giulia Bongiorno
Tutto da rifare. Torna alla Corte d'Appello il processo sul delitto di Meredith Kercher, la ragazza inglese assassinata a Perugia nella notte tra il primo e il due novembre 2007. I due imputati, Raffaele Sollecito e Amanda Knox, dovranno comparire nuovamente davanti ai giudici, ma questa volta a Firenze perché a Perugia c'è un solo collegio di corte d'assise d'appello. Si sgretola la sentenza di assoluzione di secondo grado che, sulla base di un'articolata perizia tecnica, aveva assolto i due ragazzi indicati dall'accusa come gli autori del delitto in complicità con l'ivoriano Rudy Guede. Amanda, che ha seguito le fasi finali del processo dalla sua abitazione di Seattle, negli Usa, ha confidato al proprio avvocato: «Continuano a non credermi». Raffaele Sollecito, che nel giorno della sentenza ha compiuto 29 anni, ha invece confidato all'avvocato Luca Mauri: «Pensavo si potesse mettere la parola fine a questa vicenda».
La Cassazione annulla
Rcd
IL PROCURATORE - Nella sua requisitoria, il procuratore generale della Cassazione, Luigi Riello, aveva duramente criticato i giudici d'appello: «In questo processo il giudice di merito ha smarrito la bussola», ha detto Riello. «Ci sono tutti i presupposti perché non cali il sipario su un delitto sconvolgente di cui per ora resta come unico condannato Rudy Guede». Dopo il verdetto che ha sostanzialmente accolto il ricorso della procura generale di Perugia, Riello ha spiegato che il nuovo processo di Firenze sarà «su tutto. La sentenza della Cassazione - ha spiegato ancora il procuratore generale - sarà come un binario sul quale la Corte di Firenze si dovrà muovere, dirà quali principi seguire per rinnovare il giudizio». Il procuratore generale ha ribadito che in Cassazione sul banco degli imputati «non ci sono le persone ma le sentenze».
Rcd
CALUNNIA - La Cassazione ha anche confermato la condanna a tre anni inflitta ad Amanda Knox per il reato di calunnia ai danni di Patrick Lumumba, il musicista del Congo da lei inizialmente indicato come autore dell'omicidio di Meredith. La condanna a tre anni risulta già scontata, perché compresa nel periodo che la studentessa americana ha passato sotto custodia cautelare in carcere, prima di essere assolta con il verdetto d'appello dall'accusa di omicidio. Lumumba era, dopo le accuse di Amanda, risultato completamente estraneo al delitto. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato dai difensori della Knox per questo capo di imputazione
LA VICENDA - L'inchiesta sulla morte di Meredith Kercher è cominciata alle prime luci dell'alba del 2 novembre, quando il suo corpo privo di vita e dilaniato da molteplici coltellate, è stato ritrovato nell'appartamento di Perugia che la ragazza condivideva con altre studentesse. Secondo gli investigatori, Meredith è stata uccisa nel corso della notte. L'arresto della studentessa statunitense Amanda Knox, coinquilina delle vittima, avviene quattro giorni dopo, il 6 novembre. Con lei viene arrestato anche il fidanzato Raffaele Sollecito e Diya Patrick Lumumba, padrone di un bar della città, di nazionalità congolese, dove Amanda lavorava saltuariamente. Il 20 novembre Lumumba, accusato da Amanda di essere l'assassino, è rilasciato dal carcere per mancanza di prove. Il 6 dicembre tocca all'ivoriano Guede, estradato dalla Germania, dove è stato arrestato, e condotto in carcere non appena rientrato in Italia. Nel dicembre parte il processo. Guede, che ha scelto il rito abbreviato, è condannato a 30 anni di carcere in primo grado. La pena in appello cala a 16 anni. Il processo di primo grado contro Knox e Sollecito si apre invece il 16 gennaio del 2009. Nel dicembre successivo la corte riconosce Amanda e Raffaele colpevoli di omicidio e violenza sessuale, condannandoli rispettivamente a 26 e 25 anni di carcere. Nel corso del processo d'appello, un'indagine forense indipendente ordinata dalla corte d'appello trova che molte delle prove del dna che inchiodano Amanda e Raffaele sono inaffidabili. Il 3 ottobre 2011 i due ragazzi sono assolti.
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