mercoledì 20 marzo 2013

DA DOMANI SI FA SUL SERIO. I LEADER AL QUIRINALE


In teoria inizia oggi il ballo della designazione governativa. Dopo discorsi a non finire, fiumi di editoriali, si è giunti a Rodi, e vedremo chi e se riesce a saltare...
Il primo che chiede di provare è Bersani, che grazie al Porcellum ha la maggioranza assoluta alla Camera. Ma gli serve la fiducia anche del Senato, e al momento i grillini negano che gliela daranno. Oddio, non è che abbiamo di fronte una falange macedone ! Il M5S ha già mostrato in occasione della nomina di Grasso come siano seducibili...Però un conto è una poltrona, prestigiosa ma alla fine non determinante,
Un conto è uscire allo scoperto con un voto di fiducia al governo, esplicito o implicito che sia.
Senza contare che le cose importanti da fare non sono solo quelle care a Grillo, quelle anti casta, che tra l'altro bisogna vedere se tutta la Sinistra sarebbe disposta a votare nei termini drastici pretesi dal comico genovese. Ci sono provvedimenti in materia economica dove la virata richiesta al partito democratico per accontentare i grillini sarebbe se non di 180 gradi, almeno di 120. E poi, mercati ed Europa conserverebbero la stessa pazienza mostrata nel post elezioni di fronte ad un governo che vive day to day" , sottoposto al ricatto quotidiano di gente inquieta come i grillini ?
Domande note, insieme ad altre che trovate nell'articolo di Ugo Magri, della Stampa
Buona Lettura


I tre ostacoli sulla strada di Bersani


Il segretario del Pd Bersani domani sarà al Quirinale

Il leader Pd verso l’incarico, sul voto anticipato pesano la crisi di Cipro,
i sondaggi e il rebus del Quirinale
UGO MAGRI
ROMA
Bersani corre verso l’incarico di governo, che Napolitano difficilmente gli potrà negare dopo la doppia vittoria Pd sulla presidenza delle Camere. Il suo leit-motiv resta sempre lo stesso: serve un governo, anche di minoranza, sostenuto dai grillini; in alternativa, nuove elezioni immediate. Sulla possibilità di coinvolgere i Cinque Stelle, qualcosa si capirà già domattina, quando sul Colle si presenterà la delegazione M5S. Per quanto riguarda le eventuali nuove elezioni, viceversa, Bersani sa di dover superare tre ostacoli grandi così. 
Il primo ostacolo si chiama crisi, Europa, mercati. Tanto più alla luce di quanto accade dalle parti di Cipro. Fino ad ora la speculazione internazionale ci ha dato tregua, così come la Merkel e gli altri partner Ue, sul presupposto che le nostre istituzioni meritino rispetto, per fare il nuovo governo dobbiamo poterci prenderci il tempo necessario. Ma l’atteggiamento di questi signori cambierebbe il giorno in cui apprendessero che l’Italia torna alle urne senza la minima garanzia (causa Porcellum) che il nuovo voto possa superare l’impasse al Senato. Un clima di tregenda finanziario andrebbe messo, prudentemente, nel conto prima di ipotizzare scenari elettorali. 
L’ostacolo numero due, in grado di rendere poco credibile la pistola puntata di Bersani, sono i sondaggi. Lasciano il tempo che trovano, è vero; anzi spesso vengono smentiti. Tuttavia i politici continuano a commissionarli perché non è stato ancora inventato niente di meglio. Ebbene: al momento non sembra che le rilevazioni promettano grandi colpi di scena. Di sicuro, nessun sondaggio vede un’alleanza Pd-Sel in grado di riuscire là dove ha fallito neppure un mese fa. Semmai, il contrario. Viene dunque da chiedersi se davvero Bersani insisterebbe per elezioni, casomai tra dieci giorni scoprisse di non avere la vittoria in tasca. 

Terzo e ultimo inciampo, per la strategia del segretario Pd. Per non essere costretto a sostenere qualche governo di tregua «contaminato» dal Pdl, Bersani dove ottenere le elezioni subito, cioè prima dell’estate. Entro giugno, perché a luglio molti (beati loro) saranno già partiti per i monti e per il mare. Ma per ottenere le urne l’ultima o la penultima domenica di giugno, occorre la fattiva collaborazione del nuovo Presidente, quello che sarà eletto dopo Napolitano. La sua elezione è in calendario dal 15 aprile. Strategico, per Bersani, è che si tratti dunque di un Capo dello Stato eventualmente disposto a sciogliere le Camere. Ma non gli sarà facile portarlo a casa. La scelta verrà fatta a scrutinio segreto; e si può già scommettere che molti grandi elettori, specie quelli entrati in Parlamento grazie ai premi e premietti di maggioranza, prima di votare il nuovo Presidente si faranno due conti. Privilegiando un candidato al Quirinale che si orienti, casomai, a proseguire la legislatura per un ulteriore tratto di strada. Piaccia o meno, così va la politica, a ogni latitudine. 

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