sabato 16 marzo 2013

MA BERSANI NON ERA QUELLO "RESPONSABILE" ??


Continuano gli editoriali di osservatori politici famosi che , stupiti dal cupio dissolvi che pare aver preso Bersani nel suo inseguimento ai grillini, spiegano perché questa non possa essere una soluzione.
Io , nell'introdurre i commenti di altri autori (oggi tocca al Prof. Angelo Panebianco , preceduto da Polito, http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2013/03/monti-batte-un-colpo-dopo-il-trauma-e.html Romano http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2013/03/litalia-come-la-jugoslavia-dopo-tito.html e Giacalone  http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2013/03/il-pd-e-un-vulcano-pronto-ad-esplodere.html ) ho condiviso un certo sconcerto per la trasformazione del compagno segretario, che da uomo di "buon senso", come si è sempre proposto, oggi rivela una pervicacia che ha ben poco a che fare con il senso di "responsabilità"  per il paese, e molto di più con la stizza per una sconfitta del tutto inaspettata (ed è la TERZA ...in venti anni l'unica volta che la sinistra, allora però veramente alleata con il centro riformista, vale a dire la Margherita, ha vinto,  sempre di poco  ma in modo chiaro, fu nel 1996...).
Però, hanno ben spiegato gli osservatori più esperti, non c'è in Bersani e i suoi fedeli solo rabbia (in effetti il "bonario" Bersani anche in campagna elettorale aveva mostrato una certa predisposizioni el nervosismo stizzito quando gli intervistatori non erano ossequiosi...) e la voglia di rivincita dopo lo smacco imprevisto . E' ripresa la lotta interna tra la parte maggioritaria nel partito, la sinistra dei giovani turchi e sindacale insieme ai Bersaniani doc, "ex comunisti ma pragmatici ", contro gli "altri" : laburisti, liberal, centristi riformisti. Gente che alle primarie prende meno voti, ma che alle urne potrebbe prenderne di più (parlo di Renzi ovviamente).
Ecco, la lotta in corso pare questa, e chissene frega dello spread, della borsa, del debito che sale ancora, insieme all'aggravarsi della recessione, con negozi e imprese che chiudono e la disoccupazione che cresce.
La chiamano responsabilità.
Buona Lettura


LA SCELTA DI BERSANI E LA REALTÀ

Contro un muro (ben segnalato)

Come era prevedibile, il matrimonio fra Pd e Movimento 5 Stelle non si celebrerà. Ma i danni che il Pd ha inflitto a se stesso, per non parlare del Paese, sono già tanti. Nei giorni e nelle settimane che hanno seguito la «non vittoria» elettorale, il Pd è apparso preda di una sorta di cupio dissolvi . La sua immediata apertura di credito a Grillo ha fatto pensare a una nemesi storica. Nel periodo che seguì la Rivoluzione d'Ottobre diversi partiti socialisti finirono per autodistruggersi nel tentativo di inseguire e blandire i movimenti antisistema (comunisti) dell'epoca.
In questi giorni, gli eredi del vecchio Pci si sono genuflessi di fronte a un movimento antisistema che ha la gagliardia e l'energia propria dei nuovi movimenti e che considera il Pd, al pari di tutti gli altri partiti, spazzatura, o giù di lì. Vincolato dalla sua vera, forse unica, identità (l'antiberlusconismo), condizionato dall'antica regola «niente nemici a sinistra», prigioniero di un ristretto gruppo dirigente, ormai sconfitto, che cerca di allontanare nel tempo la resa dei conti con gli avversari interni, il Pd, inseguendo Grillo, ha finito per buttare a mare quasi tutto ciò in cui aveva detto di credere durante la campagna elettorale. È difficile, ad esempio, continuare ad accreditarsi, di fronte ai partner europei, come campioni di europeismo mentre si cerca l'alleanza con un movimento il cui leader dichiara che l'Italia è già quasi fuori dall'euro.
Il vero rischio per un Pd che ha dato mostra di credere che le ragioni di incompatibilità con il movimento di Grillo fossero meno, e meno gravi, di quanto in realtà non siano, è che molti altri suoi elettori (come tanti hanno già fatto), non vedano più ragioni per votare il Pd anziché i 5 Stelle. C'è la possibilità, se il ricambio al vertice del partito non avverrà in fretta, che quando Matteo Renzi o chiunque altro ne prenderà il controllo, egli si ritrovi intorno solo macerie fumanti.
La scelta dei presidenti delle Camere è oggi il test per capire se ragionevolezza e istinto di sopravvivenza prevarranno. Nuove elezioni immediate a parte, il risultato elettorale lascia aperta una sola strada: il governo del presidente, meglio se garantito da una riconferma di Napolitano al Quirinale. Un governo che faccia poche essenziali cose e che ci riporti subito dopo alle urne. Un governo che vedrebbe l'opposizione del Movimento 5 Stelle, i cui leader, non essendo stupidi, non hanno interesse a contribuire alla governabilità. E sapendo che il vero nodo è la legge elettorale e che può essere affrontato solo se ci si dice la verità. La verità è che non servono le pastette: l'unica riforma seria, a questo punto, implica maggioritario e collegi uninominali. Una tale riforma dovrebbe probabilmente scontare la dura opposizione dei 5 Stelle, un gruppo che deve il suo exploit alla legge elettorale vigente e che verrebbe forse danneggiato da un radicale cambiamento: ad esempio, i collegi uninominali, a differenza della lista bloccata (oggi in vigore), darebbero ai candidati una potenziale autonomia che i leader del Movimento 5 Stelle difficilmente apprezzerebbero.
La gravità del momento richiede lucidità. In tempi normali, gli interessi a breve termine degli attori politici prevalgono su quelli a medio termine. I politici si preoccupano dell'uovo di oggi, non della gallina di domani. In tempi eccezionali, però, far prevalere gli interessi a breve termine significa segare il ramo su cui si sta appollaiati.

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