Ilvo Diamanti, studioso di statistiche e di rilevamenti d'opinione, lo scrisse in tempi non sospetti quando si profilava chiaro il declino del berlusconismo (2009, con la diaspora finiana e la deriva di una maggioranza parlamentare figlia del trionfo elettorale del neonato PDL nel 2008 ) : ci sarebbe stato uno smottamento dell'intero asse politico che aveva caratterizzato la cd. Seconda Repubblica, che nella contrapposizione tra Pro e Anti Cavaliere aveva fondato la sua stessa ragione di esistenza.
Per il centrodestra le ragioni erano evidenti : il crepuscolo del capo, in un partito di plastica, come viene definito il PDL (e prima Forza Italia ) , non poteva che comportare il rischio dello sfaldamento.
Ma nel centro sinistra non è che le cose potevano andare meglio, vista la natura ibrida dell'allora da poco nato Partito Democratico, che è deflagrata in tutta la sua forza nel post elezioni di febbraio.
Cosa teneva insieme popolari, socialdemocratici, socialisti, ex comunisti ecc. ecc del PD ? LO stesso, UNICO collante che univa i loro elettori : l'anti berlusconismo.
Vanamente gente come Veltroni, e oggi Renzi, cercano di andare oltre. Del resto, dopo 20 anni di propaganda a senso unico come pensavano di cavarsela se non pagando un oneroso dazio ?
E quindi il governo delle larghe intese, con Alfano seduto sorridente accanto al Premier nominato Enrico Letta è qualcosa che rovina il sonno di un popolo cui hanno tolto l'ultimo ideale rimasto : l'abbattimento del Caimano !
Una notizia interessante emerge dalla disamina di Diamanti, nell'articolo che posto e in cui si chiede se alla fine non diventeremo tutti berlusconiani, e riguarda esattamente la componente del M5Stelle. Tutti ormai ci siamo convinti che la stragrande maggioranza sia gente di sinistra radicale, anti mercato, stufi del tatticismo del PD.
Invece Diamanti, che, lo abbiamo detto, è uno studioso di politologia, di numeri, di flussi elettorali, ricorda che l'elettorato grillino è molto più composito, e per 1/3 proviene dal centrodestra (personalmente conosco due amici imprenditori che hanno votato sempre Berlusconi e stavolta Grillo). Del resto, la prima gaffe della capogruppo Lombardi consistette nell'apprezzamento delle radici social popolari del fascismo (che peraltro è anche una verità storica, che nel nostro paese è rimossa).
Quindi, se Grillo per incanto sparisse, o se sorgesse, dalla scissione dell'attuale PD, una nuova formazione di Sinistra Radicale, "dura e pura" come si suol dire, che metta dentro Vendola, Ingroia, i comunisti reduci, i centri sociali, gli anti capitalisti e anti mercato...non è che acquisterebbe automaticamente TUTTI i voti grillini, che a suo tempo hanno abbandonato il troppo "timido" PD.
La natura più precipua degli ortotteri è la protesta anti sistema, contro il "Palazzo", lo slogan è "tutti a casa".
Certo, c'è anche "a morte Berlusconi", quello funziona sempre. Ma, ripeto, per molti, mentre per altri, un terzo dice Diamanti, no. E allora i conti non tornerebbero.
Buona Lettura
Diventeremo tutti berlusconiani?
Diventeremo tutti berlusconiani? Difficile non chiederselo, mentre assistiamo all'avvio del nuovo governo, che oggi otterrà la fiducia. Berlusconi non ne fa parte. Ma la sua presenza è visibile. Attraverso i ministri della sua "parte". Per primo, il fedele Angelino Alfano. D'altronde, questo governo rispecchia la prospettiva che egli stesso aveva auspicato e perseguito, fin dai giorni successivi al voto.
Una maggioranza di "larghe intese", che istituzionalizzasse l'alleanza costruita da Napolitano intorno a Monti e ai tecnici, nel novembre 2011. Oggi quella maggioranza si ripropone, per iniziativa, ancora, del Presidente. Ma si tratta di un governo "politico", per quanto spinto (come nel 2011) dall'emergenza. Alla guida Enrico Letta, leader del Pd. Con il sostegno determinante del Pdl. Oggi, di nuovo il primo partito in Italia, secondo i sondaggi. Mentre il Pd è in caduta. Sceso al di sotto del 25% (secondo Ipsos). Se si votasse presto, il centrodestra "rischierebbe" di conquistare la maggioranza in entrambe le Camere, anche con questa orribile legge elettorale.
Berlusconi, dunque, incombe di nuovo, sulla politica italiana. Come avviene da vent'anni. Eppure sei mesi fa, appena, tutti davano la sua avventura politica praticamente conclusa. I suoi stessi leader (si fa per dire, perché nel centrodestra il leader è uno solo) l'avevano abbandonato. Invocavano le primarie del centrodestra. E si guardavano intorno, alla ricerca di una via di fuga. Io stesso consideravo il "berlusconismo",
Anche il "partito personale", l'invenzione del Cavaliere: da Forza Italia al Pdl, dopo il 2008 ha iniziato a perdere consensi. Dieci anni, o quasi, di governo e di declino economico e sociale ne hanno ridimensionato il consenso. Così alle elezioni recenti il Pdl ha perduto circa 6.300.000 elettori. E si è ridotto a circa metà, rispetto al 2008.
Eppure Berlusconi non è finito. È sopravvissuto al berlusconismo. Meglio dei suoi stessi antagonisti. Oggi in profonda crisi, assai più di lui.
Com'è avvenuto? E perché?
Quanto al "come", direi che Berlusconi ha perso le elezioni ma ha vinto il dopo-elezioni. Perché il Pd, guidato da Bersani, il vincitore predestinato con largo anticipo, in effetti, non ha vinto. Ma ha cercato di agire da vincitore. Come se avesse vinto. Per quasi un mese, ha inseguito il progetto di un governo improbabile. Insieme al M5S di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. I quali non possono governare con i "nemici". I principali partiti della Seconda Repubblica. Dopo aver condotto una campagna elettorale contro di loro. Il Pdl e il Pd senza "l". Non possono. Perché un terzo dei loro elettori provengono da centrodestra e un terzo da centrosinistra. Qualunque scelta, per il M5S, sarebbe lacerante. Per cui ha condotto, sin qui, una guerra di logoramento. Avvicinandosi al Pd, per poi respingerlo. In diretta streaming. Visto che il suo governo ideale è proprio questo. Le "larghe intese" fra i "nemici". Contro cui mobilitarsi. Dentro e fuori il Parlamento. Almeno per ora. Fino a quando, cioè, una parte dei suoi elettori non comincerà a interrogarsi circa l'utilità del proprio voto. Com'è avvenuto in Friuli Venezia Giulia, alle recenti elezioni regionali.
Così Berlusconi, è divenuto, di giorno in giorno, più ineludibile. Impossibile cancellarlo dall'orizzonte politico, per il Pd. Il non-vincitore costretto ad agire "come se" lo fosse. "Come se" potesse decidere con chi governare. Mentre, di giorno in giorno, il ruolo di Berlusconi cresceva. Mentre Berlusconi poteva permettersi atteggiamenti da leader responsabile. Pronto a fare la propria parte. Fino al punto di concedere alla "sinistra" tutte le presidenze. Della Camera e del Senato. Perfino la presidenza della Repubblica (Napolitano non ha mica una storia di destra...). E, infine, la presidenza del Consiglio.
Per il Bene del Paese.
Così Berlusconi ha vinto il dopo-elezioni. E il centrosinistra l'ha perso. Anche se ha ottenuto tutte le cariche più importanti. Perché ha dovuto "arrendersi" al suo avversario storico. Il Pd: per la prima volta, ha formato una maggioranza "politica" con gli uomini del Pdl. Cioè, di Berlusconi. Certo, Enrico Letta ha scelto ministri giovani. Molte donne. Un po' di tecnici di valore. Un po' di politici di nuova generazione. Ma, insomma, lui, Silvio: incombe. E per il Pd conta quanto - e forse più - che per il Pdl. Perché Berlusconi è, ancora oggi, il leader verso cui gli elettori del Pd nutrono maggiore sfiducia: 94%.
La sfiducia verso Berlusconi, l'anti-berlusconismo: sono un marchio impresso nell'identità del centrosinistra fin dalle origini della Seconda Repubblica. Il centrosinistra. Condannato, da Berlusconi, a rimanere comunista. Dopo la caduta del muro e la fine del comunismo. Condannato a restare antiberlusconiano, anche dopo la fine del berlusconismo. Oggi sembra incapace di liberarsi da questa eredità.
Anche e soprattutto perché il Pd non è mai riuscito ad affermare una propria, specifica, identità. È un partito né-né. Né socialdemocratico né popolare. Semmai post. Dove coabitano, senza amore, postcomunisti e postdemocristiani (di sinistra). Un partito im-personale. Che utilizza le primarie per selezionare leader poco carismatici e lasciar fuori quelli più pop (olari). Un "partito ipotetico", ha scritto Eddy Berselli nel 2008. Rassegnato a perdere, anche quando vince - o quasi. Perché coltiva il mito della sconfitta - e dell'opposizione. In fondo, anche Berlusconi, per il Pd e la Sinistra, è un mito. Negativo, ma non importa. Perché i miti, si sa, non muoiono. Per non morire berlusconiani, dunque, non c'è alternativa. Occorre costruire un'alternativa: "senza" Berlusconi. "Oltre" Berlusconi. Solo a questa condizione è possibile sopravvivere a Berlusconi. Il Pd, per questo, deve cambiare in fretta. Individuare e comunicare una propria, specifica identità. Con poche parole e una leadership forte. Prima delle prossime elezioni. Non gli resta molto tempo.
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