Questa sentenza mi interessa sotto la mia duplice veste di avvocato e di blogger. Su FB sono ben presenti entrambi i mondi e quindi ritengo di fare cosa utile riportando questa sentenza del Tribunale di Varese.
Francamente mi sembra un po' tirata per i capelli, però intanto è una pronuncia che deve mettere in guardia.
In poche parole il Giudice di Varese ha ritenuto responsabile del reato di diffamazione aggravata il gestore del blog che non si cura di eliminare dallla sua pagina i commenti diffamatori dei suoi lettori, in quanto li veicola, li pubblicizza. Con una complicazione in più : notoriamente le notizie, i post, i commenti in rete restano lì, sempre leggibili e quindi i termini per la querela decorrono NON dalla comparsa - che vale come pubblicazione - del commento diffamatorio, ma da quando il soggetto interessato ne è venuto a conoscenza.
Insomma, una bella grana.
Ecco il commento riportato dai curatori della rivista on line "Cassazione.net".
MERITO
Scatta la diffamazione aggravata all’amministratore del blog per le frasi ingiuriose postate da altri
Chi gestisce il sito è responsabile di tutti i contenuti pubblicati, con e senza “filtro” all’ingresso: aumento di pena per l’uso del «mezzo di pubblicità»
Non scampa alla condanna per diffamazione aggravata chi gestisce il blog sui cui compaiono frasi offensive rivolte a una persona fisica o giuridica. E ciò anche se i contenuti web giudicati ingiuriosi non provengono (solo) dall’amministratore del sito ma anche e soprattutto dagli utenti della community, che si scatenano in commenti decisamente sopra le righe, magari protetti da uno pseudonimo. È vero: il blog, così come il forum, non può essere ritenuto un vero giornale. Ma l’aumento di pena di cui al terzo comma dell’articolo 595 Cp scatta perché si configura comunque l’uso di un «mezzo di pubblicità». È quanto emerge da una recente sentenza pubblicata dal tribunale di Varese, ufficio Gip/Gup.
Tardività esclusa
Se la cava con un condanna alla multa di mille euro (con condizionale e non menzione), la responsabile del blog di aspiranti scrittori che se la prendono con una casa editrice: un fuoco di fila di “post” mette alla berlina l’azienda, offendendone la professionalità. Ed ecco che l’imputata sceglie il rito abbreviato e dovrà pagare 5 mila euro di danni alla società costituitasi parte civile. Il fatto che sul sito amministrato dall’imputata monta una vera e propria campagna di aggressione verbale contro l’editore con offese giudicate del tutto gratuite. E la signora finisce per rispondere (anche) dei commenti postati dagli altri, al di là dell’esistenza o meno di un “filtro” all’ingresso dei contenuti sul sito web: se il filtro c’è, allora i commenti offensivi rimasti sul blog devono ritenersi approvati dal dominus; quando il filtro non c’è, allora deve ritenersi che chi gestisce il forum approvi in modo incondizionato tutte le frasi pubblicate, comprese quelle che offendono l’onorabilità altrui. Né vale invocare la tardività della querela rispetto al momento in cui le frasi ingiuriose furono pubblicate: il materiale caricato su Internet vi resta praticamente per sempre, recuperabile com’è grazie a link, tag e soprattutto motori di ricerca. Non resta che pagare.
SANDRA MURA
RispondiEliminaops... proprio l'altro giorno gli amministratori di un gruppo mi chiedevano se sarebbero incorsi in responsabilità per eventuali commenti diffamatori di utenti.
Dall'esame di sentenze della Cassazione avevo risposto di no... mi sa che devo rivedere il parere..
Questa è una sentenza di un SINGOLO GIP...però è recentissima...vediamo che fine fa nel suo proeeguio
Eliminaparrebbe una sorta di responsabilità oggettiva, anche se rimango dell'idea che la normativa andrebbe aggiornata con fattispecie specifiche adatte all'utilizzo delle nuove tecnologie; gli adattamenti snaturano sia la norma sia, soprattutto, il mezzo utilizzato per la diffusione delle informazioni
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