lunedì 3 giugno 2013

BATTISTA CONTRO TRAVAGLIO : LA RAGIONE CONTRO L'OSSESSIONE, IL FIORETTO OPPOSTO AL RANDELLO.


Travaglio non so quanti amici abbia, a parte gli aficianados deil suo genere di giornalismo. Non credo molti. L'uomo appare spocchioso, arrogante, e del resto le sue frequentazioni principali - Santoro, professionale, Ingroia anche amicale - confermerebbero questi tratti caratteriali che non favoriscono l'empatia.
Tra i colleghi, gli odi, recipoci, sono tanti. E anche qui non dipende dalla diversità delle idee : Porro e Talese sono di sponde opposte, eppure sono amici e hanno condotto con discreto successo e assoluta armonia personale e professionale la rubrica tv IN ONDA. No, è proprio con Travaglio che non ci sono mezze misure. Ferrara, Facci ma anche il più british Battista sono tra i nemici del tribuno di Servizio Pubblico e del Fatto.
Non ho memoria di duelli così viscerali nel passato anche tra penne "ostili" come furono Montanelli e Bocca, per parlare di un noto duello giornalistico. E io, montanelliano di ferro, leggevo articoli e anche libri di Bocca negli anni 70 e 80. Poi smisi, perché l'uomo, dal mio punto di vista, invecchiava male. Però nelle critiche, anche aspre, che i due si scambiavano, non ci fu mai nemmeno l'accenno della violenza verbale che caratterizza gli scambi tra Travaglio e Facci.
Nel caso invece di Battista, la volgarità è tutta da una parte. Battista critica, da garantista, ogni forma di giustizialismo, e a maggior ragione quello becero e violento di Travaglio. Ma non attacca la persona (Facci lo fa, avoglia ) , bensì critica le idee, dissentendone, e ancora di più il modo (il copia incolla di testi degli uffici della procura, l'irrisione, spesso scadente a livelli di scuole elementari, con  lo storpiamento dei cognomi dei "nemici", o, peggio, deridendo le persone per il loro aspetto fisico, come nel caso di Ferrara ) di esprimerle. Ma lì si ferma. Il metodo Travaglio (altro che metodo Boffo...) è altra, pessima, cosa.
Oltretutto l'uomo è ossessionato. NON c'è giorno che non debba legnare qualcuno, e tra i destinatari pressoché fissi delle sue contumelie mascherate da polemica giornalistica, ci sono appunto i colleghi citati.
Dai e dai, la gente si stufa e risponde, sia pure conservando il proprio stile e non scadendo mai ai livelli del manettaro principe delle procure.
E così Battista utilizza, per una volta, e quasi se ne scusa, lo spazio della sua rubrica settimanale sul Corsera , Le Particelle Elementari, per mettere qualche puntino sulle i.
Postato su FB, l'articolo ha raccolto pressoché unanimi consensi e anche un isolato difensore di Travaglio, il quale , sostanzialmente, osserva : 1) Almeno il pasdaran della Procura ha delle idee. Battista non si sa mai quali siano 2) Travaglio è uomo che entrerà nella storia del giornalismo (sottintendendo che Battista certamente no ).
Ora, sulla prima contestazione, non è affatto vero che Battista non abbia delle sue idee precise e dicharate : è un assoluto garantista, laddove Travaglio è il capo dei "forcaioli" , combatte SERIAMENTE l'antisemitismo. Semplicemente, siccome fa il giornalista e NON il politico o l'educatore di masse, non ha una Mission da realizzare. In fondo è la stessa differenza che passa tra il Corriere della Sera, e anche la Stampa, rispetto a Repubblica, per non parlare del Fatto. I primi conservano del giornalismo un'idea "ortodossa", dove l'informazione è principale e i commenti devono essere pluralisti (tanto è vero che sul Corriere scrivono Battista e Ferrarella, Giavazzi e, un tempo, Mucchetti, Ostellino, Ainis e Onida, e l'elenco potrebbe continuare) , i secondi pubblicano fogli militanti.
Quando al secondo punto : "Travaglio resterà nella storia del giornalismo italiano"....magari questa cosa potrebbe diventare vera (io dubito assai)...però si entra nella storia in tanti modi, e quello di Travaglio non mi sembra quello buono.
Dopodiché può essere anche che si sposi il principio "si parli anche male di me, purché si parli".  
 Buona Lettura
 

"Considerazioni sul metodo Travaglio"

Molti amici mi chiedono perché non abbia sinora mai replicato alle molestie giornalistiche, ripetute sino alla macchiettistica maniacalità, che Marco Travaglio mi riserva pressoché tutti i giorni, quelli dispari e quelli pari. La risposta era ed è: perché contro un fanatico non c'è argomento che tenga. Però è difficile dover ingoiare in silenzio l'ultima lezione di deontologia professionale dall'autore dell'intervista più inginocchiata della storia (a Beppe Grillo, uno che ha insultato Rita Levi Montalcini: che coppia), a pari merito con quella di Gianni Minà a Fidel Castro e di Emilio Fede a Silvio Berlusconi. Perciò una volta tanto consumerò queste «Particelle elementari» per «fatto personale». Sarà la prima e l'ultima volta: non c'è nulla di più ridicolo delle beghe tra giornalisti.
Non è mai accaduto che le bastonate di Travaglio abbiano messo in discussione le mie convinzioni. Perché Travaglio non argomenta, mena: e il manganello può intimidire, non far cambiare le convinzioni. Beninteso: mena sempre, tranne davanti al potente che gli sta di fronte. E quando a Travaglio è capitato di dover contrastare Berlusconi in una puntata di «Servizio pubblico», tutti ricorderanno l'umiliante tremolio dell'eroico paladino al cospetto del nemico che lo stava strapazzando. Mena quando qualcuno si domanda come mai, se davvero le prove erano tanto «schiaccianti» contro Del Turco, l'accusa abbia chiesto per ben due volte un supplemento di indagini per trovare un corpo del reato ancora irreperibile: ma la logica non alberga nella testa dei guardiani della rivoluzione. Travaglio menava anche chi dubitava che Andreotti avesse davvero baciato Totò Riina. Tutti gli altri, compresi i più agguerriti colpevolisti, facevano finta di crederci: lui ci credeva davvero. Lui è il pasdaran di ogni accusa, la guardia pretoriana di ogni pubblico ministero. La difesa dell'imputato? Un inammissibile attacco alla magistratura. Un giusto processo? Una scocciante perdita di tempo. Ha pubblicato un libro riassuntivo su Mani Pulite in cui ha trascritto (trascritto, non scritto) per centinaia di pagine i capi di accusa, dedicando ai casi di assoluzione al massimo una svogliata ammissione tra parentesi. Ha scritto articoli per deplorare Berlusconi che sbraitava sulla politicizzazione della Corte Costituzionale. Ma che ha fatto Travaglio quando la Corte Costituzionale ha dato torto al Pm suo amico che in questi giorni trova deprimente lavorare con l'operoso popolo valdostano? Ha scritto che la Corte Costituzionale era nelle mani del comune nemico Giorgio Napolitano: uguale alla tesi berlusconiana, ma la coincidenza non lo turba. Accusa gli altri di non sapere le cose, ma quando precipita nei suoi strafalcioni giuridici (sua l'invenzione della fantastica categoria dei «non ancora indagati»), molti magistrati confessano il loro imbarazzo per tanto zelo. Essere menati da un tipo del genere è un rischio che bisogna correre, e così si chiude questa rubrica.
La prossima volta si torna alle cose serie.



3 commenti:

  1. DOMENICO BATTISTA

    Bravo il Camerlengo

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    1. RICCARDO CATTARINI

      Bravo si, ma lo sapevamo ...

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    2. DOMENICO

      bravo durante la settimana, non la domenica...

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