lunedì 10 giugno 2013

DEBACLE CENTRODESTRA AI BALLOTTAGGI. SENZA IL CAV., IL PDL NON ESISTE.

 La delusione di Gianni Alemanno, non riconfermato
Aveva ragione Maria Giovanna Maglie e torto quelli come me che speravano che, fatto un passo indietro il Cavaliere, ci potesse essere qualcuno che prendeva in mano l'elettoralo liberale e moderato, quello di centro destra, oltretutto liberando il paese dal cappio becero dell'antiberlusconismo.  La nota giornalista commentò dicendo che allo stato, senza il Cavaliere, il PDL non arrivava al 15% dei voti (e non ci sarebbe nemmeno stata un'alleanza con la Lega e altri ). Con lui in campo, invece si è andati a pattare : 29% le due coalizioni, con uno sparuto 0,3% a favore della sinistra che pure alla Camera vale un botto di seggi (e infatti la legge è finalmente finita davanti alla Consulta per ghigliottinare questo assurdo premio di maggioranza). E, grazie anche alla chiusura di Grillo, oggi il governo vede una maggioranza data dall'alleanza ibrida tra PD e PDL.
Senza il Cavaliere, ecco la debacle a questo round amministrativo, parziale quanto si vuole, ma che comunque, coinvolgendo 6 milioni di elettori e città importanti tra cui soprattutto la Capitale, non può nemmeno essere banalizzato. Tanto più per i responsi una volta tanto appaiono NETTI e che sono :
1) l'astensione si conferma in forme gravi. A Roma addirittura si è recata alle urne meno della metà degli aventi diritto : il 45%. Altrove non si arriva a questi livelli, ma insomma l'astensionismo si attesta oltre il 40% un po' ovunque. Questo vuol dire, sempre riferendosi alla Capitale (che era e resta il test più importante, anche perché coinvolgeva la metà dei cittadini coinvolti in questa tornata amministrativa) , che MArino è il sindaco di 3 romani su 10....
2) in questa crisi dei partiti, che coinvolge anche Grillo e il suo Movimento, non più capaci , dopo solo tre mesi !!, di  intercettare la protesta, il PD conferma di poter contare su uno zoccolo duro che gli altri NON hanno. Litigano, si lamentano, si azzuffano però poi, al momento del voto, scatta in loro questa disciplina stile carabinieri "usi obbedir tacendo". Dopo il voto ricominciano subito a discutere, e anche in questo caso lo faranno. Chi dirà che si è vinto grazie a gente come Marino, ostile al Cav.e al governo dell'inciucio, chi dirà che è merito del non cattivo esordio di Letta al governo, altri che è solo la pochezza degli altri a fare risultato, ma che i voti sono in calo anche nella "ditta". Resta indiscutibile che però, grazie alla frenata più lenta, la sinistra porta a casa tutti i capoluoghi che erano arrivati al ballottaggio. E quindi vince.
3) il PDL, come detto, perde. La crisi qui non è solo di voti, ma di UOMINI: Senza il traino berlusconiano, che alle amministrative è sempre stato meno forte, stavolta nullo, il centro destra non ha uomini vincenti. Questo si sa, e infatti in tanti a sinistra pensano che l'unico modo per vincere sicuramente le politiche è sbarazzarsi in QUALSIASI modo di Berlusconi,  ma in questa occasione la verità è emersa in modo ancora più crudo.
4) Il M5S aveva già perso al primo turno, quindi il problema dei ballottaggi non lo riguardava. Però un dato sembrerebbe emergere. I voti grillini, almeno a Roma, non sembrano essere confluiti su Marino. Anche gli ortotteri restano a casa. Vedremo se lo studio dei flussi elettorali confermeranno questa prima impressione.

Tra gli articoli che commentano la sconfitta netta del centro destra, abbiamo scelto quella di un giornale di quel settore, LIBERO, a riprova che l'evidenza non si nega.
Buona Lettura

    Ballottaggi, il centrodestra perde tutti i capoluoghi

    Se i moderati non possono votare Silvio, vince la sinistra. Il Pdl scommette sui cavalli sbagliati, punito ai ballottaggi: 11 su 11 per la sinistra

    Persi tutti i capoluoghi
Senza Silvio in campo
il centrodestra è ko

     
    Come al primo turno, in questa tornata di elezioni amministrative, per il centrodestra si delinea un sconfitta netta, senza appello. Parlano le cifre: undici su undici. Il centrosinistra fa en plein di capoluoghi. Roboante la vittoria di Ignazio Marino a Roma (Gianni Alemanno staccato di quasi 20 punti). Poi c'è la pesante sconfitta di Brescia, storicamente di sinistra, ma che all'ultimo giro vide la vittoria gli azzurri. Oggi però Emilio Del Bono torna a imporsi su Adriano Paroli. Brescia torna rossa. Cambio storico anche a Viterbo, la città dei Papi, dove Leonardo Michelini stacca lo sfidante del centrodestra, Giulio Marini. Imbarazzante per le proporzioni il ko di Imperia, dove il voto era stato definito una sorta di referndum su Scajola: Carlo Capacci prende il 76%, il distacco con Erminio Annoni, legale di "Sciaboletta", è siderale. Al centrosinistra anche Lodi, Ancona, Avellino, Barletta (dove si impone l'ex portavoce di Giorgio Napolitano, Pasquale Cascella), Viterbo, e Iglesias. Infine pesante ed emblematica sconfitta anche a Treviso, dove l'ex sindaco-sceriffo Giancarlo Gentilini insegue di 10 punti lo sfidante di centrosinistra. Unica nota - quasi- positiva per il centrodestra è un'altra sconfitta, quella di Siena. Vince il candidato del centrosinistra, Bruno Valentini, ma di soli 5 punti (un risultato che nella rossissima Siena, dove ha pesato lo scandalo Mps, non si era praticamente mai visto).
    Senza la stella... - Il refrain, il concetto a cui ora tutti pensano, è datata e scontata. Ma tremendamente vera. Senza la sua "stella" in campo il centrodestro arranca. Anzi, perde. Non va nemmeno a votare, come dimostra il crollo drastico dell'affluenza. Se nel novero dei votabili non c'è Silvio Berlusconi, le possibilità di successo dei moderati crollano. Una tendenza che fece capolino già dopo il crollo dell'ultimo governo del Cavaliere, quando Silvio sembrava pronto a lasciare la vita politica: il Pdl precipitò nei sondaggi, all'inizio del 2012 veniva accreditato del 13-15 per cento. Poi Berlusconi decise di tornare in campo, e come è andata se lo ricordano tutti: la rimonta, alle ultime elezioni politiche, è stata strepitosa. Nessuno ci avrebbe scommesso, ma il Pdl di fatto pareggiò, e ora si trova al governo con il Pd nell'esecutivo delle larghe intese guidato da Enrico Letta. Oggi, per inciso, gli azzurri vengono accreditati di un congruo vantaggio nel caso in cui gli italiani fossero chiamati a rinnovare il Parlamento: la rimonta del Cav è continuata anche dopo il voto, e si è concretizzata in un sorpasso che terrorizza il centrosinistra.
    Peso specifico - Altro discorso, però, a livello locale. E non solo perché non c'era un Berlusconi da poter votare, ma perché Berlusconi stesso, di fatto, è rimasto ai margini della campagna elettorale, preso dalle beghe giudiziarie e dagli affari di governo, scettico su una rosa di candidati che difficilmente avrebbe potuto imporsi, più incline alla Sardegna che ai ballottaggi. Il Cav si è speso ben poco a Roma in vista del primo turno (complici anche i rapporti tesi con Gianni Alemanno), e quasi nulla prima del ballottaggio. Anche nella campagna delle altre città la sua presenza, semplicemente, non c'è stata. Se questo dà la cifra del peso specifico di Berlusconi, la sitauzione vista in controluce mostra anche l'incapacità del Pdl di rinnovare la sua classe dirigente. Troppo debole la ricandidatura di Alemanno, emblematico il caso di Imperia, dove il candidato che è diretta emanazione di Scajola è stato spazzato via (il discorso riguarda anche la Lega Nord, che a Treviso ha rimesso in campo Gentilini, protagonista di una storica sconfitta). Il Cav resta il perno di un partito personalistico e di un elettorato pronto a convergere su di lui. Ma solo su di lui. Il Pdl, sia a livello nazionale sia a livello locale, senza Silvio pare perso, sembra non autosufficiente nell'individuare le pedine vincenti. Uno scouting che non può spettare solo a Berlusconi, lo stesso Berlusconi che non potrà essere in eterno il perno dell'alternativa alla sinistra.

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