Un grandissimo Luca Ricolfi riprende e sviluppa il quesito di altri colleghi opinionisti : ma st'agenda Monti cos'è ?
Ed essere Montiani che significa , tanto più che il Professore non si candida ? Casini , va detto, è stato da sempre il Montiano più fedele...era anche quello che aveva meno da perdere...Tasse a go go ? Il problema ce l'aveva il PDL, che sull'abbattimento delle stesse ci aveva costruito gran parte del successo elettorale, specie dopo Visco... Riforma della previdenza e del lavoro ? Ecco che il mal di stomaco tocca soprattutto al PD...
E poi, legge anti corruzione ? Viva ! (il problema ce l'hanno sempre quelli di Berlusconi) Legge contro le intercettazioni ? Viva (semmai è Bersani che deve tenere buona la parte manettara e falsamente moralista dei suoi ). E poi, uno che finisce in maggioranza col 6% scarso dei voti, riguadagnando centralità e visibilità, ha molti benefici e costi ridotti. Quindi, la fedeltà al Premier di Casini è un fatto, ma anche la sua convenienza ad esserlo. Oltretutto, Monti è popolare : il mantra che grazie a lui l'Italia è ben vista in campo internazionale è passato (magari è pure vero...) e i sacrifici devono farsi ( basta stare attenti che siano gli ALTRI a farli ) , i politici sono solo ladri e corrotti, tranne pochi che in compenso non sono capaci.
In questo clima, meglio celarsi dietro al santino del Premier e andare alle elezioni dicendo : NOI SIAMO QUELLI PER MONTI.
Cosa voglia dire in concreto, non si sa, ma i manifesti politici basta che siano efficaci e Casini e Fini (quest'ultimo ancora parla....è roba che se si presentasse da sola FLI sarebbe superata dalla Destra di Storace !!) a questo si aggrappano. Ovvio che per il PDL e il PD la cosa sia più complessa.
Ricolfi, nella sua perfetta disamina, osserva come sia strano che uomini politici che hanno sempre avuto il loro bacino elettorale prevalente nel SUD, certamente non federalisti e nemmeno tanto liberali (anzi...) siano così schierati per lo stesso uomo a cui guardano con non sfiducia quelli di Fermare il Declino (il cui decalogo dubito sarebbe mai sottoscritto da Bibì e Bibò sopra citati) e anche Italia Futura di Montezemolo...
Ma sarà che st'agenda Monti va bene a tutti proprio perché NON c'è !!??
E il favore per Monti alla fine si traduce in un fatto quasi ESTETICO. La sobrietà, la serietà, più che l'approvazione di quello che SuperMario ha fatto concretamente.
Messi maluccio no ?
Buona Lettura
Chi si nasconde
dietro l’agenda monti
Mi capita raramente di pensarla come Alfano o come Bersani,
ma questa volta ho l’impressione che un po’ di ragione ce l’abbiano.
Ai segretari dei due maggiori partiti italiani non è
piaciuta l’uscita di Monti, che l’altro ieri si è detto disponibile – se molto
pregato – a riaccomodarsi sulla sedia di Palazzo Chigi dopo le elezioni
politiche.
Certo, in pubblico Bersani e Alfano parlano in modo cortese
e politicamente forbito, ma la sostanza del loro discorso è chiara, e anche
parecchio ruvida: «Caro Monti, grazie del lavoro svolto fin qui, ma se vuoi
fare il presidente del Consiglio anche dopo le elezioni del 2013, allora devi
chiederlo esplicitamente agli elettori, o facendo un partito tuo, o facendoti
candidare da un partito altrui». Insomma, una sorta di «è la democrazia,
bellezza!», rivolto al Presidente del Consiglio.
Naturalmente capisco che il cattivo umore di Alfano e
Bersani (ma anche di Renzi) sia dettato, più che dal loro amore per la
democrazia, dalla preoccupazione di combattere una battaglia politica
inutile.
E’ c ome se pensassero: prima ci scanniamo per decidere i
nostri candidati leader (Bersani o Renzi? Alfano o Berlusconi? ), poi facciamo
una campagna elettorale massacrante, infine si va alle urne, uno di noi prende
più voti dell’altro, e che cosa succede ? che chi se ne è stato comodamente a
bordo campo viene «chiamato» una seconda volta a salvare la Patria! Capisco
anche che chi non ama Bersani e Alfano potrebbe apostrofarli a sua volta così:
ma come? con i vostri pastrocchi sulla legge elettorale state facendo di tutto
perché non ci sia un vero vincitore, e poi vi lamentate che qualcuno si ponga
fin da ora il problema di gestire un Parlamento balcanizzato, in cui non ci
saranno maggioranze politiche omogenee?
E tuttavia c’è anche qualcosa di ragionevole nella
preoccupazione dei leader Pd e Pdl per il gran parlare che si sta facendo di
Monti-bis. Il continuo richiamo a un Monti-bis è anche un indizio, un segno, di
una serie di patologie del nostro sistema politico. E’ patologico, ad esempio,
che nella seconda Repubblica le elezioni politiche non siano mai state vinte da
un vero politico, ma sempre da un messia, esterno al sistema dei partiti: 3
volte da Berlusconi, 2 volte da Prodi. La destra non ha mai avuto il coraggio
di candidare un politico puro, come Fini, Casini o Bossi. La sinistra ci ha
provato per 3 volte e invariabilmente ha perso: con Occhetto nel 1994, con
Rutelli nel 2001, con Veltroni nel 2008.
E’ patologico che, pur avendo capito che una figura alta
come quella del professor Monti riscuote un notevole (e meritato) consenso,
nessun partito – nemmeno quelli che fermamente vogliono un Monti-bis (Udc e
Fli) – sia in grado di presentare un proprio candidato con un profilo e una
credibilità comparabili. Non è strano? Se Monti non fosse solo un marchio per
acchiappare voti, un partito che volesse realizzare l’agenda Monti la
spiegherebbe dettagliatamente al Paese e, stante il rifiuto di Monti di
candidarsi, presenterebbe un altro candidato, tecnico o politico, in grado di
attuarla. O l’agenda Monti è come la «cura Di Bella» contro il cancro, che a
quanto pare funzionava solo se era lui a occuparsi del malato?
Ma il segnale più patologico è ancora un altro. Osserviamo
chi, finora, ha sottoscritto l’agenda Monti. Se ci pensiamo un attimo, ci rendiamo
subito conto che c’è qualcosa che non va. Monti piace a Udc e Fli, due partiti
radicati soprattutto al Sud, che finora – di fatto – hanno difeso una
concezione assistenziale della spesa pubblica e osteggiato in tutti i modi il
federalismo, ossia l’unica proposta che ha tentato di scalfire questo male
italiano. Ma Monti piace anche alla nascente lista di Oscar Giannino (Fermare
il declino), imbottita di pensatori liberal-liberisti, che hanno idee
perfettamente speculari a quelle dei cattolici in politica: tagli draconiani
alla spesa pubblica, riduzione delle tasse sui produttori per rilanciare la
crescita. E per finire Monti piace anche a Montezemolo, ma in un modo che
lascia di stucco. Con un capolavoro dialettico il leader di Italia Futura
(un’altra lista che sarà in qualche forma presente alle prossime elezioni)
afferma di auspicare un Monti-bis, ma al tempo stesso ne prende le distanze.
Per chi non ci credesse, cito dall’intervista di domenica al Corriere della
Sera: «La crescita è il grande tema della prossima legislatura. Con molta
franchezza, è su questo tema che dall’attuale governo sono venute le maggiori
delusioni. Si è data l’impressione di perdersi in mille rivoli e annunci
mirabolanti, mentre occorreva una visione netta e pochi obiettivi chiari».
Ecco perché dicevo, all’inizio, che Alfano e Bersani un po’
li capisco. Il richiamo a una fantomatica agenda Monti, a mio parere, non è una
mossa di un gioco politico leale. Se l’agenda Monti è sottoscritta da Casini,
da Fini, da Montezemolo e persino da Oscar Giannino, vuol dire che una tale
agenda non esiste, o tutt’al più coincide con l’impegno a non sfasciare
un’altra volta i conti pubblici (il cosiddetto rigore). Tutto il resto, ed è
proprio questo «resto» che fa la differenza fra un progetto politico e l’altro,
non sta nell’agenda Monti ma nei modi in cui ogni forza politica intende andare
oltre il governo Monti.
Anziché dichiararsi sostenitori, eredi o ammiratori di
Monti, sarebbe più utile che i suoi fan si decidessero a dire con precisione
qual è la loro agenda, chi propongono come prossimo presidente del Consiglio, e
quali cose condividono e quali no fra le molte che questo governo ha fatto, o
ha omesso di fare. Se questa operazione venisse condotta esplicitamente, la
competizione elettorale diventerebbe più equa e trasparente, e meglio ci
renderemmo conto che il prestigio di Monti, più che nel sostegno a un programma
politico ben definito, ha le sue radici in un fatto stilistico, per non dire
estetico. Quella metà degli italiani che sta dalla parte di Monti, e forse
accetterebbe pure un Monti-bis, di questo governo ha apprezzato soprattutto
serietà, competenza, sobrietà, senso delle istituzioni, tutte cose che in
politica dovrebbero essere normali e anzi obbligatorie, ma di cui purtroppo da
molti anni si era persa ogni traccia. Scambiare tutto questo per un programma
vero e proprio, per un’agenda programmatica, è un salto logico che non aiuta a
fare chiarezza.
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