Ho da poco finito di leggere un bel libricino (appena 76 pagine) di Luca Ricolfi : La Sfida. Sottotitolo "come destra e sinistra possono governare l'Italia".
Il bravissimo studioso, docente universitario a Torino di Analisi dei Dati, direttore di riviste di socio-economia, "rimproverato" da suoi lettori e ascoltatori di essere un lucidissimo divulgatore di sciagure, senza mai proporre possibili soluzioni, ha raccolto questo stimolo e ha provato a inventare un'idea non risolutiva (che una sola...), ma , a suo avviso, decisamente migliorativa.
In brevissima sintesi Ricolfi dice questo : due dei problemi del nostro paese (non i soli, ma in questo momento ritenuti i principali ) sono la Spesa Pubblica e la Pressione Fiscale. Sottesi e strettamente collegati a questi due, i mali endemici degli sprechi e di una forte evasione.
Ricolfi sa bene, e lo ricorda, come al riguardo esistano scuole di pensiero ben precise e divergenti di Sinistra e di Destra in ordine alle soluzioni possibili : per i "compagni" si tratta di reperire risorse dall'evasione, visto che (bontà loro) ammettono, non tutti ma ormai buona parte, che aumentare ulteriormente le tasse non si può ; per i liberisti bisogna abbattere gli sprechi, ma proprio ridurre la spesa , riducendo così le tasse.
Ovviamente non è solo questo....ma Ricolfi si concentra su questi due punti, anche perché il loro valore è tale che se con la bacchetta magica arrivasse qualcuno ed eliminasse gli 80 miliardi di euro di sprechi , o recuperasse i 120 miliardi di euro di evasione fiscale, ecco che entrambe le parti avrebbero trovato le risorse per avviare ciascuno il proprio modello sociale : più eguaglianza mediante redistribuzione la sinistra, più libertà economica (e non solo) la destra.
Messe così le cose, Ricolfi pronostica che una soluzione non ci sarà mai, perché le parti si arroccano ideologicamente ed inevitabilmente su Valori reciprocamente non compromettibili.
Quindi ? Per lui la soluzione è affidare a ciascuna delle due parti il bandolo della matassa guardando il problema del SUO campo.
Cerco di spiegarmi meglio.
La destra vuole meno tasse, specie sulle imprese, comunque meno. Bene, dice Ricolfi, immaginiamo un governo che dica al PDL e alleati : vi prometto che tutte le somme recuperate dall'evasione fiscale saranno utilizzate unicamente per la riduzione delle tasse, collaborate pertanto per una riforma che favorisca la diminuzione degli evasori.
La sinistra vuole che non sia penalizzato lo stato sociale, anzi lo vorrebbe migliore (e ce n'è da migliorare) . Bene, qui il solito governo "ricolfiano" dirà : vi prometto che tutte le somme recuperate dall'eliminazione degli sprechi saranno impiegate per la conservazione e il miglioramento del welfare.
Le due cose vanno fatte INSIEME, contemporaneamente. Ricordo che l'ex Presidente di Confindustria, Abete, espresse un concetto simile...per evitare il solito balletto del "io ho già dato, che diano gli altri", in Italia non si può pensare di fare interventi del genere - agire seriamente sull'evasione e sulla spesa pubblica - successivamente, perché il primo dei bastioni attaccati si irrigiderà subito pensando di essere vittima del "nemico". Così invece ognuno il problema se lo risolve "In casa propria".
Quanto più la destra riuscirà a diminuire l'evasione, tanto più vedrà abbattere la pressione fiscale. E viceversa.
Uguale per la sinistra. Non combatte gli sprechi ? Non si lamenti se poi il welfare langue perché le risorse per QUELLO, devono venire da lì.
Ricolfi sottolinea come una modalità di questo tipo è emergenziale e contingente, immaginando che la strana alleanza tra Pd e PDL possa fare qualcosa di concreto. Poi restano tutte le altre divisioni su diritti civili, immigrazione, giustizia, cose importanti, anche a livello economico (l'ultima in particolare). E anche la dialettica Sinistra - Destra, con un'idea diversa della società, rimane e andrà recuperata, in tempi meno funesti. MA ORA, questa potrebbe essere una strada.
Che sfrutta due fattori importanti :
1) anche se si è di destra, un'evasione totale, una pletora di furbi che non pagano le tasse, perché sono troppe, però grazie ad una dichiarazione dei redditi pari a zero sono in testa a tutte le graduatorie del welfare (asili nido, esenzioni mensa, ticket, addirittura chiedono la pensione sociale...) , non sono ben visti . Luigi Einaudi criticava la vessazione fiscale, e riteneva che oltre un terzo del reddito lo Stato non potesse pretendere dai suoi cittadini, per ricchi che fossero. Ma ZERO....è altra cosa. Allo stesso tempo anche uno di sinistra come può difendere gli sprechi, i nullafacenti, le truffe che si nascondono dietro l'elemosina sociale ?
2) la dimensione dei due problemi. Quando ballano 120 e 80 miliardi, non è nemmeno necessario un recupero totale che non solo sarebbe magico nella sua impossibilità, ma in termini brevi addirittura nocivo...perché sotto entrambe le voci trovano riparo anche realtà sociali che sopravvivono grazie a questi mali. A questi livelli la metà, ma anche un terzo di abbattimento dei due fenomeni consentirebbe risultati eccezionali : 40 miliardi di tasse in meno e 25 miliardi di welfare in più.
Troppo semplice ? Immagino di sì. Però non mi sembra che le soluzioni complicate stiano andando bene, né porti da nessuno parte il veto reciproco.
Esemplificativo è l'articolo che posto, di Davide Giacalone, che è un fautore della riduzione delle tasse e della spesa pubblica (badate, anche per me sarebbe la soluzione virtuosa, e infatti io sono di "destra" , ma constato lo stallo da cui parte Ricolfi ) e che critica duramente la ricetta fiscale di un economista PD in quora Renziana, tale Yoram Gutgeld. Quest'ultimo , in una intervista sul Corsera, ha ribadito il suo credo : no altre tasse né riduzione della spesa , concentrarsi nella lotta all'evasione fiscale. Però...UN Genio !! Ma non bastava chiedere a Susanna Camusso, o ai comunisti reduci (ultimo Ingroia.) ...che non saranno fior di economisti però questa ricetta la mettono al primo posto dei loro programmi da SEMPRE ?
Giacalone, come detto, la contesta, muovendo obiezioni validissime.
Ma il cerchio si perpetua. E non è un cerchio virtuoso.
Buona Lettura
Vizio fiscale
Nel mentre Enrico Letta annuncia un decreto legge “del fare”, specificando che si occuperà anche di materia fiscale. Nel mentre, immediata e puntuale, si apre la polemica su quali ne saranno i contenuti, la Confartigianato ripete che la pressione dell’erario è semplicemente intollerabile: 68,3% sugli utili lordi d’impresa, contro il 30,2 della Svizzera. Una volta si portavano i soldi nella confederazione elvetica, per evadere il fisco, ora conviene andarci a lavorare, per evitare che il fisco ti uccida. Vedremo casa ci sarà nel decreto, sperando che non sia la continuazione del montismo: grande inventiva nel battezzare, nessuna capacità nel realizzare, libidine nel tassare.
Il centro destra balla attorno al totem dell’Imu e dell’Iva, fin qui ottenendo solo rinvii. Il centro sinistra non riesce a credere ai propri occhi nel verificare che gli elettori si dimostrano meno severi di loro stessi, nel giudicarli. In realtà è solo una gara a chi perde di più: a febbraio la vinse il Pd, ora è in netto vantaggio il Pdl. La questione fiscale è determinante. E’ la sola chiave per convincere gli elettori che ha un senso partecipare alla contesa. Ma occorro idee vere. Siccome scarseggiano, ho letto con interesse le tesi di Yoram Gutgeld (senior partner McKinsey, oh yes), parlamentare del Pd e, a torto o a ragione, considerato ispiratore delle tesi fiscali di Matteo Renzi. Egli dice: la via giusta non è né quella di tagliare la spesa dello Stato sociale né quella di aumentare le tasse. Bello, e allora? Dice: “la priorità assoluta è una vera lotta all’evasione fiscale, destinando i proventi ad alleggerire l’Irpef di chi guadagna fino a 1.000 – 1.200 euro al mese”. Plaudii alle novità renziane quando ancora si era agli albori leopoldini, ma questa è una banalità. Sconfortante.
Il presupposto (sbagliatissimo) è che evadono i ricchi a danno dei poveri. Ma da dove lo ricavano? Provino ad andare per mercatini, siano essi di prodotti alimentari o di vestiario, beni per la casa, utensili; provino a conoscere il mercato dei piccoli artigiani: l’evasione serve al cliente per acquistare e al venditore per non chiudere. Posto che l’acquirente compra roba da poco e il venditore si massacra di lavoro per essere su quella piazza. Quelli non sono evasori ricchi, ma poveri. Questo giustifica la loro evasione? La gnagnera moralistica non mi fa né caldo né freddo, guardiamo la concretezza delle cose. C’è un patto fiscale virtuoso, che recita: lavoro, produco reddito e una parte di questo, proporzionale e crescente, ma nell’ordine di un terzo, lo verso al fisco, per contribuire alla spesa collettiva. Ce n’è uno vizioso: siccome la parte che va al fisco supera la metà e sono non solo soldi buttati, ma tanti quanti ne bastano per impedire sia di comprare che di vendere, noi evadiamo e ci dividiamo la differenza fra il valore di mercato e il disvalore fiscale. Il primo patto è onesto e il secondo disonesto, ma solo se non è disonesto lo Stato esattore. Che è, invece, il nostro caso.
Quindi Gutgeld non cada nell’illusione culturale che regge l’esosità del fisco, perché funziona all’esatto contrario: s’impoveriscono i poveri. Una “vera lotta all’evasione” si accanirà contro di loro, mentre il ricco avrà armi per difendersi. Siccome, però, non possiamo rassegnarci alla disonestà collettiva, ne deriva che c’è una premessa obbligata: far scendere la pressione fiscale. Prima, non dopo. Come condizione per punire gli evasori, non come conseguenza del supplizio. Si obietta: ma così crolla il gettito. Dove sta scritto? Il gettito scema perché la fiscalità demoniaca è recessiva e terrorizzante, quindi i consumi crollano, e cala anche perché il suo satanismo è così conclamato da santificare l’arte di sfuggirgli.
Guardate le dichiarazioni dei redditi: gli italiani sono tutti poveri. Che non è vero, ma è la conseguenza del fiscalismo sottrattore. Se si vuole cambiare musica (e si deve) non serve a nulla far la faccia feroce dei fessi, ma si deve restituire soldi tagliando la spesa. Cosa che si può fare, come qui ci affanniamo concretamente a dimostrare, senza incidere sui servizi utili. Dietro la dizione “Stato sociale” c’è la più asociale distruzione di ricchezza. Se non partiamo da lì, se continuiamo a far guerricciole dementi sulle cosucce di bandiera, potremo perseverare nel trovare nomi fantasiosi per i decreti, utili solo a decretare l’inutilità della politica.
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