Prendo spunto dalla sentenza (15481/2013) riportata dal sito CASSAZIONE:NET per dire la mia sulle coppie di fatto.
Per decenni il nostro ordinamento giudiziario, coerentemente con il comune sentire della comunità che doveva regolare, disciplinava e tutelava solo le unioni e le famiglie scaturenti dal matrimonio. Quando arrivarono le prime coppie di fatto, queste erano minoranza esigua e quindi fu facile conservare il sistema originale affermando il principio che se si voleva fruire di certe tutele bastava sposarsi, altrimenti liberi di decidere diversamente, accettando responsabilmente le conseguenze.
Nel corso del tempo le coppie di fatto sono però aumentate, anche a seguito dell'aumento delle separazioni e dei divorzi (oggi arrivati a circa un terzo dei matrimoni celebrati) , e le esigenze di tutela, soprattuto dei figli nati da questo tipo di unioni, ma anche per i componenti delle stesse, è fortemente aumentato. E se il legislatore è lento, la giurisprudenza lo è meno, travalicando i suoi compiti, che non sono quelli di stimolo del legislatore per non parlare della sua sostituzione. Il Cavallo di Troia per concorrere con il potere legislativo per i giudici è la Costituzione, che stabilisce dei principi fondamentali e generali e non delle norme dei casi particolari. Cosicché un giudice può ben denunciare all'apposita Corte una legge che sia in sospetto di inconstituzionalità, ma NON dovrebbe creare un principio normativo dal nulla, prendendo a prestito gli articoli della Carta. Io la penso così ( ma così è stato per 50 anni ! ).
Non c'è ancora nessuna normativa in Italia che attribuisca alle coppie di fatto i diritti di quelle coniugate, mentre invece ci sono norme esplicite per la tutela dei figli.
Eppure leggo di un ricorso presentato da una donna NON sposata che ha reclamato " i danni per la mancata assistenza, morale e materiale, ma anche per la lesione del diritto alla sessualità negatale durante la vita insieme (l’uomo la lascia per una nuova relazione sentimentale)".
Perché ? L'obbliga di assitenza e mantenimento sono sanciti da precise norme del codice civile per le coppie coniugate. Da dove viene questa equiparazione ? L'articolo lo spiega : " si può ben affermare che la violazione dei diritti fondamentali della persona si possa ben configurare anche all’interno di una coppia di fatto, a patto che l’unione abbia caratteristiche di serietà e stabilità.".
Vorrei chiedere a questi giudici : ma gli adulti in questo paese hanno ancora libertà di scelta o no ?
Tante persone non si sposano proprio perché non vogliono questo tipo di vincoli. Posso comprendere che i figli nati da questo tipo di coppie , che non hanno possibilità di scelta, siano, in quanto minori, tutelati dallo Stato ed equiparati agli altri. Ma gli adulti ?
La libertà non è solo fare come ci pare ma anche responsabilità. Bene, se scegli la libertà da un vincolo coniugale poi ne accetti responsabilmente anche le conseguenze.
Nessuno ti ha obbligato ad andare a vivere con un uomo ( certo, vale anche per la donna, solo che il problema di genere poi nei fatti esiste) che non ha nessuna intenzione di assumersi la responsabilità di un matrimonio. Quindi perché poi se questo ti lascia, vai a piangere da babbo stato ?
Io lo sapevo che uno dei reconditi motivi della rivendicazione dei PACS e altri acronimi disciplinanti le unioni di fatto avesse anche sottesa la tutela di coloro che non riescono a farsi sposare e che però ambiscono alle tutele matrimoniali NON solo per previdenza, assistenza, successione e tutte quelle belle e giuste cose che si sostengono, ma anche per rendere obbligatorie tra le PARTI, queste cose.
Oltretutto i giudici, con questa loro costante tracimazione di potere, vanno anche oltre la possibile legislazione. Una famiglia di fatto, nei paesi dove viente riconosciuta e tutelata, ha comunque bisogno di un atto di VOLONTA' dei due protagonisti. Viene istituito una anagrafe apposita e tu ti ci iscrivi.
Se non lo fai, nessuna tutela.
Per i giudici nemmeno è necessario. C'è la Costituzione no ? e quindi una convivenza, purchè "seria e duratura" certo, come no, instaura di per sé certi diritti. Se non vengono rispettati, tranquilla, vai dal giudice.
Io ho 52 anni, non sono mai stato sposato e ho convissuto una volta, esperianza conclusa ormai quasi 20 anni fa. Il problema non mi riguarda. Certo non invidio i miei colleghi di genere più giovani....
Può scattare anche nella coppia di fatto il risarcimento per l’inadempimento degli obblighi familiari
Impossibile negare alla convivente abbandonata il patrocinio a spese dello Stato senza verificare se la lesione denunciata violi i diritti fondamentali della persona
di DARIO FERRARA
Nuova apertura alle unioni di fatto da parte della Cassazione. Alla donna abbandonata del convivente con un figlio piccolo a carico non si può negare il patrocinio a spese dello Stato in una causa per il risarcimento del danno da violazione degli obblighi familiari, motivando il “no” sul mero rilievo che non sussiste alcun obbligo del genere fra le persone legate da un vincolo di convivenza more uxorio: il giudice del merito deve invece verificare se la lesione denunciata da chi chiede il patrocinio per i non abbienti riguardi un diritto che rientra nei diritti fondamentali della persona e, dunque, sia suscettibile di ristoro nello schema risarcitorio di cui all’articolo 2043 Cc. Il tutto considerando la crescente attenzione mostrata dal legislatore verso modelli familiari in cui per libera scelta si è escluso il vincolo - e con esso le conseguenze legali - del matrimonio: l’ultima testimonianza in ordine di tempo è costituita dalla legge 219/12 che ha eliminato ogni residua discriminazione tra figli «legittimi» e «naturali». È quanto emerge dalla sentenza 15481/13, pubblicata il 20 giugno dalla terza sezione civile della Suprema corte.
Persona e dignità
Il ricorso dell’avvocato della signora è accolto contro le conclusioni del sostituto procuratore generale: troppo frettoloso il Tribunale che rigetta l’istanza di liquidazione del compenso del legale nell’ambito della causa per il risarcimento da violazione degli obblighi familiari (poi dichiarata estinta). La donna è lasciata dall’ex convivente con un bimbo di un anno da mantenere e una promessa di matrimonio disattesa: reclama i danni per la mancata assistenza, morale e materiale, ma anche per la lesione del diritto alla sessualità negatale durante la vita insieme (l’uomo la lascia per una nuova relazione sentimentale). Il ricorso è accolto laddove punta sulla lesione di diritti fondamentali della persona. Resta basilare, ricordano gli “ermellini”, che il giudice del merito indaghi se il diritto oggetto di (asserita) lesione sia riconducibile a quelli meritevoli di tutela costituzionale. E il rispetto della dignità e della personalità deve essere garantito sia prima sia durante il matrimonio. In base alla giurisprudenza di legittimità che ha ancorato il danno non patrimoniale a tutti i beni fondamentali tutelati dalla Costituzione, allora, si può ben affermare che la violazione dei diritti fondamentali della persona si possa ben configurare anche all’interno di una coppia di fatto, a patto che l’unione abbia caratteristiche di serietà e stabilità. La stessa Corte di Strasburgo ha chiarito che la nozione di famiglia cui fa riferimento la convenzione europea dei diritti dell’uomo non è limitata alle relazioni fondate sul matrimonio. Insomma: la parola torna al Tribunale.
Dario Ferrara
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