sabato 29 giugno 2013

UNA LEZIONE DALL'EGITTO : QUANDO LE ELEZIONI SONO SCOMODE

Egitto diviso su Morsi: caos in piazzaAlessandria: ucciso un cittadino Usa
Quando ero ragazzo, e leggevo i giornali e i settimanali, la politica interna italiana mi annoiava perché la trovavo immobile, ripetitiva, un'ammuina permanente. Certo, la seguivo, ma con grande scoramento: Ero convinto che avesse ragione Alberto Ronchey, grandissimo giornalista e direttore del Corriere della Sera, nell'indicare nel fattore K, vale a dire la peculiarità italiana per cui il partito alternativo alla DC fosse il più forte partito comunista dell'occidente, la ragione prima della paralisi, della mancanza di una normale competizione per l'alternanza al governo (che si realizzò infatti solo dopo che la sigla "comunista" sparì, la sinistra si annacquò coi democristiani diciamo riformisti e il leader designato venne scelto tra la nomenklatura  di questi ultimi). Ricordo a tutti che ci volle mani pulite per debellare la DC, che nel 1992 si era sì molto dimagrita, realizzando il peggior risultato della sua storia, scendendo addirittura sotto al 30% ( 29,7, mai successo, anche se i tempi in cui si attestava vicino al 40 erano passati da un po' ) ma il PDS era crollato al 16 ( col PSI al 13,6, meno di 2 punti e mezzo di differenza ! ) e quindi restava saldamente il primo partito del paese, senza alcuna possibilità, stante l'acceso conflitto tra Craxi e i comunisti ribattezzati, di un governo diverso dal pentapartito. Ci pensarono quelli di Mani Pulite (solo per ricordare che non è oggi la prima volta che la magistratura indirizza la vita politica italiana, a dispetto e contro le risultanze del voto popolare).
Peraltro, non è che dall'opposizione il PCI non avesse capacità di incidere sul governo, grazie al controllo assoluto dei sindacati e una vocazione della DC al "mettemose d'accordo", che chiamarono "concertazione" , che ancora di fatto dura nelle decisioni (o non decisioni) che contano.
Tutta questa digressione per spiegare la mia curiosità da giovanissimo per la politica estera. La rubrica in questione la curava su Epoca (prestigioso settimanale, famoso per i suoi reportage fotografici,  da tempo  scomparso) Augusto Guerriero, in arte Ricciardetto, e io non mi perdevo un suo articolo.
Fu così che ebbi modo di accorgermi che se gli italiani si interessavano poco di politica (anche se i giovani in quegli anni, erano i '70, di più, o almeno molti facevano finta ) , di quella estera per nulla, a meno che non si trattasse di strillare "yankee go home " nelle manifestazioni che immancabilmente si concludevano fuori dell'ambasciata americana. (c'è qualcuno che sa dov'è quella Russa ? eppure non è che non ci fossero motivi per fare una passeggiata di protesta da quelle parti...) in via Veneto.
Le cose non sono cambiate, anzi, con la fine della Guerra Fredda, il crollo dell'Unione Sovietica e del duopolio mondiale, la gente si è disinteressata sempre di più. Sbagliando peraltro, perché oggi, molto più di ieri, le decisioni che influenzano la nostra vita si prendono altrove. Magari serve poco per cambiare, ma almeno per capire sì.
Ciò posto, so bene che un post dedicato ai disordini in Egitto lo leggeranno in 9 (per dire che non arriverò a dieci lettori...) , pure a me interessa, per la curiosità descritta per le cose del mondo, per la consapevolezza che spesso finiscono per incidere anche sulle nostre ( così dipendenti per gli approvvigionamenti energetici che tutto quanto sommuove il medioriente finisce per coinvolgerci) , e anche per la constatazione che certi vizi non muoiono mai, e mi riferisco al complottismo in salsa anti americana.
Dunque, due anni fa nell'area araba scoppia la cosiddetta primavera e in poco tempo cadono i regimi di Ben Alì in Tunisia e di Mubarak in Egitto. Tutti felici a guardare i nuovi popoli liberati ma presto arriva quel brutto strumento delle elezioni, per il quale i voti si CONTANO e non si PESANO. Per cui il voto di un contadino delle rive del Nilo vale quanto quello del laureato del Cairo che si era agitato in piazza Tarhir per avere la democrazia. Risultato, quelli del Cairo e di Alessandria (ma i Fratelli Musulmani  alle elezioni prevalsero  anche nella capitale...), scoprono che NON sono la maggioranza nel paese, ad esserlo sono i FM di Giustizia e Libertà, e un ottimo risultato elettorale lo ottengono pure i Salafiti, piazzatisi al secondo posto, gente che vorrebbe che non esistesse alcun governo laico e che l'unica legge fosse quella coranica.
Brutto contarsi...si fanno pessime sorprese (in Italia è fenomeno che dura da 70 anni...).
Ebbene, cosa leggo sui commenti postati dai lettori ? Che la colpa è degli USA !! E sì, dietro ai Fratelli Musulmani in fondo ci sono loro, anche se non sono riuscito a capire bene quale sia il loro interesse a preferire Morsi ad un regime laico.
In realtà, come spesso accade, molte persone confondono desideri con i fatti. Vedono piazza Tharir piena e sono convinti che quella è la maggioranza. Non è così, e quando si vota questa cosa emerge in modo netto e doloroso. E come ogni cosa dolorosa, viene rimossa. Oltretutto, c'è una cosa che mi pare emerga quando si passa dalla protesta al voto e anche dopo, e mi pare accada ovunque. Radunare i voti "contro" qualcosa, è più facile che farlo con quelli "per" fare . In questo i movimenti islamici sono grandemente avvantaggiati su quelli laici, uniti nel dire NO ieri all'autarchia di Mubarak e oggi all'islamismo di Morsi. Ma questa vasta minoranza, un 30% circa dei votanti, ha l'ulteriore debolezza di essere divisa, mentre sia i FM che i Salafiti hanno le idee più chiare, come del resto è facile che sia quando il motivo ispiratore, quello religioso, non affronta i distinguo e le mille sfaccettature del pensiero laico.
Dalla ripresa dei disordini io vedo segnali cupi che potrebbero un giorno varcare il mediterraneo : quando le divisioni sono radicali, quando l'idea di società diventa troppo diversa, diventa difficile convivere, specie se non c'è il benessere ad abbassare le tensioni. A quel punto lo strumento democratico non serve più, perché chi è minoranza non accetta il verdetto, essendo inaccettabile il modello che gli viene imposto. E così si ribella.
Attenzione che , se la crisi continua e anzi si aggrava, non accada anche da noi.
Ecco, per i pochi cui interessa, la cronaca dei disordini pubblicata sulla Stampa.it


Egitto, esplosione a Port Said
Gli Usa evacuano dall’ambasciata
lo staff non indispensabile

REUTERS
Un gruppo di sostenitori di Morsi in piazza
Sale a quattro il bilancio dei morti,
di cui tre nelle manifestazioni di Alessandria. Oltre 140 i feriti. Sostenitori di Morsi e oppositori
manifestano in molte città del Paese
È di nuovo caos in Egitto, alla vigilia del 30 giugno, la giornata del primo anniversario di presidenza di Mohamed Morsi e che movimenti e opposizioni vorrebbero segnasse l’inizio della fine del `regno´ dei Fratelli musulmani. Negli scontri ad Alessandria sono morte tre persone, tra cui un cittadino americano ucciso da una coltellata. I feriti sono più di 140, molti colpiti da proiettili a pallettoni. E in serata un’esplosione di natura ancora incerta a Port Said ha causato un morto e diversi feriti durante un raduno contro il presidente: secondo alcune fonti potrebbe trattarsi di una bombola di gas di un ambulante, secondo altri di un ordigno.

Gli Stati Uniti hanno ordinato allo staff non indispensabile dell’ambasciata americana al Cairo di lasciare il Paese. L’amministrazione Obama ha lanciato l’allarme chiedendo ai cittadini americani di evitare, se non è necessario, di andare in Egitto.

Le piazze contrapposte di pro e anti Morsi hanno messo in atto una prova di forza a distanza, nelle regioni del nord del paese, in particolare nel Delta, dove esplodeva la rabbia contro la Fratellanza. La contrapposizione frontale fra coloro che sostengono il primo presidente proveniente dalle fila dei Fratelli musulmani e coloro che invece vogliono che se ne vada, accusandolo di avere trascinato il paese in una crisi durissima e di averlo spaccato a metà, è diventata visibile e tangibile.

Sedi della fratellanza sono state assaltate ad Alessandria, e in varie località del delta del Nilo, dove da mercoledì il bilancio delle vittime è salito a cinque persone. Ad Alessandria la sede della Fratellanza è stata data alle fiamme davanti ad una folla che inneggiava contro la guida spirituale del movimento. Proprio qui si trovava l’americano di 28 anni, un insegnante secondo alcune fonti, un cameraman free lance di un’emittente Usa secondo quanto riferito all’ANSA dal capo della sicurezza della città. L’uomo, che fonti locali hanno identificato come Andrew Victor, è deceduto all’ospedale militare dove era stato trasportato dopo una pugnalata.
L’Ambasciata degli Stati Uniti al Cairo sta verificando quanto accaduto, mentre in piazza era apparso uno striscione antiamericano con la scritta: «Obama sostiene il terrorismo».

Le altre vittime sono un manifestante dell’opposizione e un esponente dei Fratelli musulmani.
In serata la piazza degli anti Morsi, la mitica piazza Tahrir, e il piazzale davanti alla moschea Rabaa el Adaweya, scelta dagli islamici per il loro sit in di sostegno a Morsi, erano colme di decine di migliaia di persone.
Il portavoce della Fratellanza Gehad el Haddad ha accusato `teppisti´ dell’ancien regime di aver lanciato gli attacchi alle sedi della Fratellanza, ma anche rilanciato su twitter le voci secondo le quali a piazza Tahrir sono state distribuite foto dell’ex rais Hosni Mubarak.

Il leader del fronte di salvezza nazionale di opposizione Mohamed el Baradei ha tentato di calmare la situazione condannando qualsiasi tipo di violenza. «Più pacifici siamo più forti diventiamo», ha scritto su un messaggio Twitter.

Inconciliabili ormai le due piazze. «Sono musulmana ma non voglio Morsi. Ha spaccato il paese e il suo discorso, le sembra degno di un presidente della repubblica?» chiede Fatma, ingegnere a piazza Tahrir con la bandiera egiziana. Le replica da lontano Hamza, funzionario pubblico dei fratelli musulmani che partecipa al sit in di Rabaa. «Voglio dare il mio sostegno a Morsi, alla sua legittimità di presidente eletto dalla maggioranza degli egiziani. Voglio difendere la rivoluzione dall’ancien regime che vuole tornare al potere in coalizione con l’opposizione».

In una giornata carica di tensione l’esercito ha nuovamente fatto sentire la sua voce. Il portavoce delle forze armate Ahmed Ali ha detto di volere «rassicurare» gli egiziani sottolineando che l’esercito protegge loro e i loro beni, consapevole del suo ruolo nel compiere «questa missione». 



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