lunedì 15 luglio 2013

LA DISONESTA' FISCALE. SI', QUELLA DELLO STATO ITALIANO

 
In Italia anche i neonati sanno ormai che nel nostro paese ci sono una moltitudine di lestofanti (magari la maggioranza della popolazione, visto le cifre che ballano ) che non pagano le tasse e così ogni anno mancano all'appello 120 miliardi. Va bene, prendiamo questo dato per buono anche se guardandoci dentro si scoprono cose varie, che non sarebbe giusto mischiare tutte insieme (per esempio, i soldi evasi della criminalità organizzata sono uguali all'Iva e/o all'Irap non pagata da aziende che solo così possono galleggiare ? ). E' per causa dell'evasione fiscale che nel Bel Paese la pressione è arrivata ad oltre il 60% complessivo ? Ho il sospetto di no, perché in questi anni abbiamo assistito a questa crescita proporzionale e diretta della Spesa Pubblica e della Tassazione. Ergo, la bufala colossale "pagare tutti per pagare meno" è smentita dai fatti. Tanto è vero che uno saggio e solido studioso di numeri e statistiche come Ricolfi proponeva una bellissima sfida : destinare TUTTO il denaro recuperato dalla lotta all'evasione SOLO e SOLTANTO alla diminuzione delle tasse. E la Spesa Pubblica ?? come la si finanzia ? Ahhhh ma allora è vero che agli statalisti e loro accoliti i soldi non bastano mai !?! Ricolfi risponde : niente paura, prendeteli dal taglio degli sprechi, anche lì c'è un bel bottino, occhio e croce un'ottantina di miliardi...
Sappiamo anche che quei 120 miliardi (sulla carta, non scordarselo MAI!!) sarebbero anche molto utili allo Stato per pagare i SUOI debiti con le aziende italiane. Una su tre CHIUDE a causa di questa morosità. E quanto a infamità - che così il buon Monti quando era in auge (sembra una vita fa...e invece era solo il 2012 !!) definiva la condotta degli evasori - non è niente male quella di uno stato che sospende i diritti giudiziari dei propri cittadini dichiarando per decreto legge ineseguibili esecutivamente i crediti vantati nei confronti di determinati soggetti pubblici, nella fattispecie le ASL la cui Sanità era cerchiata col bollino rosso (commissariate). Dal 2009  anno dopo anno si è proceduto di proroga in proroga in questo modo. Ora , grazie alla questione sollevata in Tribunale da vari avvocati, finalmente la Consulta è intervenuta e ha dichiarato l'incostituzionalità di simile schifezze da ladri da strada.
In questo brillante contesto, ecco che Davide Giacalone prende carta e penna (si fa per dire, visto che ormai nessuno più scrive così) e denuncia la disonestà fiscale dell'erario e dei suoi complici (gazzettieri e moralisti fiscali da tanto al chilo), guardando un po' meglio da vicino le cifre sbandierate per la solita campagna demagogica buona per mettere gli italiani gli uni contro gli altri, mentre il ragno statale continua a ingrassarsi.
Leggere con attenzione please.

Disonestà fiscale

Brutti, corrotti ed evasori. Alla sbirraglia e al giornalismo piace raccontare che gli italiani sono tutti (o quasi) così. Se non ne denunci le porcate non diventi famoso, se non le descrivi non ti mettono in prima e non vendi. Così anche l’ultima raffica di dati fiscali è stata raccontata in questa chiave, puntualmente finita nei titoli più strillati: dal 2000 al 2012 sono stati accertati 807,7 miliardi di evasione fiscale, di cui solo 69,1 effettivamente pagati. Un nulla, che segnala la protervia senza vergogna di un popolo di malfattori.  
E se le cose stessero diversamente?
Dunque: 807,7 sono i miliardi che il fisco suppone siano stati sottratti, mettendo nel conto tutto, dall’erario all’Inps, dagli enti locali all’Inail.
Cominciamo subito con il dire che 193,1 miliardi sono già stati riconosciuti come non dovuti. Nel senso che l’esattore li ha contestati e pretesi, ma il cittadino ha dimostrato, a spese proprie, che si trattava di una prepotenza senza ragione.
Se si leggono le due colonne del carico sgravato (dell’accertato come non dovuto) e dell’effettivamente riscosso, nel corso di quei dodici anni, vengono i brividi. Giusto qualche esempio: nel 2001 i cittadini hanno dimostrato di avere ragione per 24,2 miliardi, mentre l’erario ne incassava 4,5; nel 2003 si stava 28,9 a 4,3; nel 2006 eravamo a 26,7 contro 8,4. Per semplificare: lo Stato esattore deve ammettere di avere torto, cioè di avere intimato ai propri cittadini di versare soldi senza che fossero dovuti, in misura notevolmente superiore a quel che riesce a farsi legittimamente dare. Quindi, a ben vedere, non è che si tratta di uno Stato occhiuto e precisino, in eterna lotta contro un branco di lestofanti sfuggenti, ma, all’opposto, uno Stato che spara a casaccio e nel mucchio, colpendo ingiustamente anche cittadini e aziende che poi perdono tempo e denaro per respingere le raffiche orbe.
Torniamo alle cifre generali, aggregate negli anni: 807,7 (il preteso) meno 193,1 (il dimostratosi ingiusto) meno 69,1 (il pagato) fa 545,5. Da questi togliamone 20,8, che sono ancora contestati, e fa 524,7. 107 miliardi sarebbero dovuti da soggetti che sono falliti, quindi anche il conflitto fiscale finisce nella fallimentare. Tocca ai giudici procedere (nella più arcaica, oscura e inquietante delle sezioni dei tribunali). Togliamo pure quelli e fa 417,7. 19 miliardi sono stati rateizzati, quindi riconosciuti e in corso di pagamento. Togliamoli e fa 398,7. Con il che siamo passati dall’urlo folle degli 807,7 miliardi sottratti a un più limitato 398,7. In dodici anni. Scusate, ma è meno della metà. Se alla bancarella della frutta facessero così i conti sarebbero arrestati. Giustamente. E se fanno così i conti, anche quei 398,7 mi puzzano.
Posto ciò, io sono contrarissimo all’evasione fiscale. Per due ragioni. La prima è etica: le leggi si rispettano e il dovuto si paga. La seconda è più concreta: se non ci fosse la valvola di sfogo dell’evasione avremmo cittadini pronti a difendere con le mani i propri soldi e, quindi, avremmo forze politiche meno ipocrite, giornali meno proclivi al giustizialismo fiscale e funzionari un po’ più attenti a non sparare cavolate galattiche. Aggiungo che la cosa riguarda sia la responsabilità politica che quella amministrativa e burocratica: quando la distanza fra il preteso e l’incassato è così abissale (qui siamo a 9 di pagato su 100 di preteso) è ora di mandare a casa, con disonore, ministri e dirigenti. Tutti. Subito. Vediamo se, messe così le cose, vien loro voglia di darci dati un po’ meno suggestivi e un po’ più rispettosi della realtà.


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