Davide Giacalone è uno che si è strenuamente battuto sostenendo sempre l'innocenza di questi veri servitori dello stato (termini che altri usano ed abusano) ma oggi, che con l'assoluzione del Generale Mori e del Colonnello Obinu, potrebbe ben vantarsi dell'aver avuto ragione e altri torto, si limita ad una nota molto sobria e ammirevole che di seguito trascrivo :
La nostra vita pubblica è punteggiata da indagini e processi. Più indagini e arresti che non sentenze. Purtroppo. La politica si ripiega sulle proprie faccende penali, come fossero le più importanti. Non è così: i Carabinieri che hanno svolto una funzione nell’indagare e colpire la mafia hanno subito così tanti e così diversi processi da imporci di leggerne l’insieme come un vero e proprio tentativo di demolizione dell’Arma. Ieri l’assoluzione del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, accusati di avere favorito la mafia, non catturando Bernardo Provenzano, potrebbe far tirare un sospiro di sollievo. Ma sarebbe un errore.
Va preso il fiato, ma per cominciare a far piena luce su quella stagione palermitana, sull’indagine mafia-appalti, che Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vollero è che fu insabbiata e distrutta a poche ore dalla morte del secondo. Si deve dipanare la matassa aggrovigliatasi nella procura di Palermo (di allora) e poi gelosamente preservata da indagini serie. Va studiata la trama che ha portato i Carabinieri, da Mori a Carmelo Canale, a essere accusati di mafia, per essere sempre tutti assolti.
Oggi sarebbe naturale complimentarsi con Mori e Obinu per la loro condotta, anche processuale. Ma non basta. Sulle loro teste, con la pretesa di farle cadere, è passata una stagione che deve essere dissolta. Alla luce. Perché di danni se ne sono già fatti molti. Si è infangata la memoria dei migliori e corrotta quella collettiva, si è depistata l’opinione pubblica e avvelenata l’antimafia. E’ ora di tornare al rigore e alla serietà.
Naturalmente ha ragione, però non possiamo dimenticarci di chi è stato protagonista ( e ancora lo è, per quanto può) di quella stagione nefasta, con la toga o con la stampa. E a questi dedichiamo l'irridente articolo che segue :
Crociate storte
Assoluzione Mori, Travaglio e Ingroia ne escono a pezzi
Un boccone amaro. Impossibile deglutirlo, né digerirlo. Gli sconfitti sono Marco Travaglio e Antonio Ingroia, la coppia d'assi dell'italico giustizialismo, il manettaro della stampa inquisitrice e il magistrato prestato alla politica, silurato, e scappato dalla magistratura stessa. L'ex magistrato con la medesima vocazione per le manette del primo. La loro Caporetto è stata Palermo, dove i giudici hanno sconfessato, distrutto, smontato il loro impianto accusatori. Dove i giudici, di fatto, hanno tirato un tratto di penna sulla trattativa tra Stato e mafia: una panzana da cui Travaglio&Ingroia hanno attinto e continuano ad attingere.
Assoluzione - L'ex generale Mario Mori, e con lui il colonnello Mauro Obino, sono stati assolti con formula piena. Per "non aver commesso il reato". I due ufficiali erano accusati di favoreggiamento per la mancata cattura di Bernardo Provezano nel 1995, in un casolare di Mezzojuso. Va ricordato che Mori, nel 2006 e assieme al capitano Ultimo, fu assolto anche per la mancata perquisizione nel covo di Totò Riina. Si tratta di un altro caso ma che fa parte dello stesso piano, della trattativa di cui Travaglio&Ingroia strascrivono e straparlano da anni.
Ciancimino - A Palermo, per l'accusa, la batosta è stata epocale. Non solo il Tribunale ha assolto, ma ha anche chiesto di riprendere i verbali degli accusatori per denunciarli eventualmente per calunnia. Chi sono, gli accusatori? Il colonnello Michele Riccio e, soprattutto, il celebre Massimo Ciancimino. Il figlio di Vito, l'ex sindaco mafioso di Palermo, fonte principale dell'Ingroia che ha aperto le inchieste e del Travaglio che ne ha scritto, si trova ora agli arresti domiciliari per evasione fiscale: aveva raccontato dei rapporti tra suo padre e il generale Mori. Peccato però che non sia stato trovato alcun riscontro. E per questo, ora, potrebbe finire alla sbarra.
Presi in giro - Travaglio&Ingroia, di fatto, sono stati presi in giro sulla mafia. Il verdetto è chiaro, inappellabile: sono due boccaloni, sputtanati da Ciancimino e dall'esito delle loro stesse crociate. Ma che il processo - di cui ieri, a Palermo, si è concluso il primo grado - facesse acqua da tutte le parti non è certo un mistero. Secondo il teorema ingroiano, Provenzano era il regista della trattativa, e lo era diventato dopo aver tradito Riina. Peccato però che con il mancato favoreggiamento di Provenzano stesso manca il pilastro fondamentale dell'inchiesta sulla presunta trattativa tra Stato e mafia. Il verdetto è chiaro: i Carabinieri del Ros - Mori e Obinu - non garantirono impunità né immunità a Provenzano, e dunque non fecero da tramite tra Stato e mafia. Un'umiliazione, per Travaglio&Ingroia.
La prima pagina... - Infine una piccola osservazione sulla prima pagina del Fatto Quotidiano di oggi, giovedì 18 luglio. Il giornale vicediretto da Travaglio, per mesi, ha sparato in prima pagina ogni notizia e notiziuola sulla fantomatica trattativa. Ci hanno costruito un giornale, sulla trattativa. Come viene data l'assoluzione di Mori? Semplice, un boxino, piccolo piccolo, con il titolo che sembra un capriccio: "Il fatto c'è, ma non è reato". Quindi, quasi fosse uno sfogo, l'apertura è tutta dedicata alle amate, amatissime manette. "I ligresti in carcere. Tronchetti condannato". C'è da scommetterci, le manette dell'apertura - metaforicamente parlando, sia chiaro - le avrebbero volute chiudere attorno ai polsi del generale Mori. Ma non è possibile. Lo dice un Tribunale.
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