Curioso di storie. Mi piace ascoltarle e commentarle, con chiunque lo vorrà fare con me.
sabato 24 agosto 2013
100.000 MORTI, MILIONI DI PROFUGHI DI CUI UN MILIONE DI BAMBINI. USO DEI GAS. BENVENUTI IN SIRIA.
Se il colore della pelle non può essere un fattore discriminante, comprovante qualità umane e intellettive inferiori rispetto alla dominante (nella storia, specie moderna) razza bianca, non vale nemmeno il contrario.
E quindi Obama si rivela un leader mediocre, e il fascino -tramontato - legato al suo essere il primo presidente americano nero non cambia questo giudizio.
Peraltro, va anche detto che tra le componenti di una leadership di successo la fortuna, le contingenze storiche, hanno il loro perché.
E Obama è pure sfigato (Napoleone usava ripetere che era meglio un generale fortunato che uno bravo...).
Arriva alla Presidenza con il disastro in corso del crac della Lehman Brothers, cui segue una crisi finanziaria che manco quella del '29 del secolo scorso..., poi non fa a tempo a fare bei discorsi agli arabi e ai musulmani, che si ritrova col casino della Primavera Araba e il caos che ne è seguito. Cadono dittatori amici, come Mubarak e Ben Alì, altri ormai innocui (per l'occidente) come Gheddafi (lì però c'è entrato, eccome ! ) e la tonnara siriana è un vespaio dove Obama ha comprensibili ragioni di avere paura a infilare le mani.
Che poi, un tempo bastava che una delle due potenze non s'impicciasse perché il regime preso di mira dall'altra cadesse in non molto tempo. Ora non è più così. I ribelli contro Assad senza l'aiuto occidentale sarebbero dovuti crollare in poco tempo e invece no, trovando nuove fonti di aiuti sia finanziari (Arabia Saudita e Oman), che logistici (Turchia) che militari (fondamentalisti islamici , al qaedisti). E così il dittatore di Damasco, pur potendo spiegare con tutta la ferocia possibile l'esercito (cosa che non hanno potuto fare i suoi colleghi di altri paesi), e dopo 100.000 morti e qualche milione di profughi di cui una miriade di bambini, ancora non è venuto a capo della guerra civile.
Adesso questa storia del gas. Vera, falsa ? Certo non è che lo possiamo dire noi che guardiamo i telegiornali. Sicuramente, sapendo il rischio di "costringere" l'occidente a intervenire (la Francia preme in questo senso e Obama un anno fa aveva indicato la red line proprio nell'uso delle armi chimiche) , Assad dovrebbe essere alla disperazione per ricorrebe all'uso di queste armi.
A meno che non pensi che sia la spallata vincente, che lo possa far vincere in breve tempo, mentre gli occidentali tentennano.
Il cui prodest farebbe dunque pensare più ad una questione di propaganda dei ribelli, ma oggi , tra satelliti che spiano dallo spazio, servizi segreti sul posto, possibile controllo delle fonti internet, il procedere per logica può essere ben soppiantato da riscontri più concreti.
Ha ritrovato fiato il segretario dell'ONU, che era un po' che non si sentiva (e faceva bene a tacere) , che ha detto che SE fosse provato l'uso di tali armi, si sarebbe di fronte "ad un crimine contro l'umanità". 100.000 morti , di cui la sproporzionata maggioranza civili, donne e bambini, cos'era ?
Ho il disprezzo più totale e profondo per l'organizzazione delle nazioni unite (tutto minuscolo), che alla sua palese inutilità aggiunge livelli insopportabili di ipocrisia e falsità.
C'è chi dice che senza di loro sarebbe ancora peggio. Può essere, ma non è facile crederlo.
Infine, leggo che i giornali americani stiano già pubblicando i piani di attacco USA, nel caso Obama uscisse dalla tenda in cui è prudentemente rintanato. Io spero non sia vero, o che non siano piani effettivi, dettagliati (quello che leggo nell'articolo di seguito del Corsera sono cose che potevo ipotizzare pure da solo che giocavo a Risiko ! ) , che se no veramente quella nazione è arrivata alla follia. Il diritto all'informazione non potrà MAI andare a discapito della sicurezza e dell'efficienza di un paese che si accinge a fare una guerra.
Comunque Obama non interverrà. Dopo quello che si è visto in giro, i dittatori nei paesi arabi restano il male di gran lunga minore.
"Obama: «Sulla Siria è l’ora delle scelte»
Voce seria, un po’ di retorica, ma nessun impegno immediato sulla Siria, anche se dice che l’ora delle decisioni è vicina. Barack Obama non esce dal suo guscio e neppure l’ultimo massacro imputato alle armi chimiche lo tira fuori dalla linea prudente. Per calmare i falchi — che pure esistono nel suo governo — e le critiche dei repubblicani fa rispolverare le «opzioni militari» ribadendo però che non c’è alcuna intenzione di mandare uomini sul terreno. E intanto guadagna tempo. Il presidente in una lunga intervista alla Cnn ha spiegato la sua visione del momento. L’uso dei gas «è fatto enorme che provoca preoccupazioni» e pone la comunità internazionale davanti alle proprie responsabilità. Questo però non deve spingere gli Usa a reagire di impulso e per un eventuale ricorso alla forza serve «un chiaro mandato Onu». Inoltre le possibilità di intervento americano «per risolvere la crisi» sono sovrastimate. Anche perché, ha aggiunto Obama sapendo di cogliere l’umore dei connazionali, «stiamo ancora pagando una guerra», quella in Afghanistan. Dunque, il presidente è scivolato via tranquillo, nonostante la sua famosa linea rossa, tracciata il 20 agosto di un anno fa, quando aveva sostenuto che un eventuale ricorso alle armi chimiche avrebbe portato ad una risposta. Nulla di sorprendente, tutto in sintonia con la politica della cautela adottata dalla Casa Bianca e «figlia» delle divisioni esistenti all’interno dell’amministrazione sul «cosa fare». Giovedì, per tre ore e mezza, i collaboratori del presidente hanno discusso la strategia da adottare davanti ai drammatici sviluppi in Siria, un confronto teso dove sono emerse — di nuovo — le perplessità di quanti temono le trappole mediorientali. Il New York Times ne ha dato conto senza precisare gli schieramenti, ma è noto che i militari sono tra i più decisi nel sostenere che un ricorso alla forza è controproducente. Visto, però, che devono aiutare i politici hanno ritirato fuori scenari aggiornati da oltre un anno. Se — e il se è molto ampio — il presidente volesse agire il Pentagono ha elaborato diversi «moduli». Il primo: attacco per neutralizzare centri di comando e controllo di Assad, con raid aerei e tiro di missili da crociera da parte delle navi in Mediterraneo. Il secondo: azioni per distruggere la minaccia chimica del regime, dunque blitz sugli impianti e le unità che hanno nel loro arsenale i gas (da quelle di artiglieria ai reparti dotati di vettori Scud). Missioni che possono essere eseguite, grazie ai mezzi a disposizione, senza entrare nello spazio aereo siriano. Dunque, ancora cruise. Il terzo: la creazione di una no fly zone per impedire a jet e elicotteri siriani di continuare nella repressione. Per eseguire un’eventuale operazione il Pentagono dispone nel teatro di navi e di una forza aerea di tutto rispetto. Velivoli ai quali si potrebbero aggiungere altri droni — in Giordania — oltre a quelli già presenti nel sud della Turchia. A manovre aperte potrebbero poi sommarsi quelle «coperte», affidate a piccoli nuclei di commandos in appoggio a formazioni ribelli addestrate dagli occidentali. Di nuovo i giordani hanno offerto alcune basi e favorito la loro preparazione: come segnalava Le Figaro diversi gruppi di insorti, inquadrati dagli alleati, si sarebbero avvicinati a Damasco mettendo pressione ai governativi. I francesi hanno sollecitato una risposta più ferma al presunto attacco chimico mentre Londra ha espresso la propria convinzione che Assad «stia nascondendo qualcosa». I due governi sono convinti che Assad le armi proibite le abbia utilizzate sul serio. Lo rivelano le informazioni preliminari raccolte sul terreno. L’Onu, invece, chiede ancora un’indagine imparziale (se fosse confermato l’uso del gas, sarebbe «un crimine contro l’umanità», dice il segretario Ban Ki-moon) e Mosca sprona l’amico dittatore a collaborare. Ma il nodo non sono i report. L’intelligence Usa — secondo la Cbs — ha segnalato movimenti sospetti in alcune unità siriane poco prima del possibile attacco. Prove che hanno alimentato il dibattito alla Casa Bianca senza però convincere il presidente a impartire, per ora, l’ordine per la rappresaglia.
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