domenica 11 agosto 2013

CRISI E IMU, DUE FACCE DI UNA MONETA CHE RISCHIA DI RIVELARSI FASULLA


Si parla di ripresa, dopo un lustro di crisi che in queste dimensioni non si era vista in tutto il dopoguerra. Ci si può credere ? Dipende.
Da una parte, cosa s'intende per ripresa, dall'altra avere consapevolezza che ancora è presto comunque per conclamarla.
Al riguardo hanno ben scritto sia Mario Deaglio su La Stampa che Davide Giacalone su Libero. 
Il primo mette in guardia da ottimisti prematuri e fuori luogo. Perché si possa veramente parlare di un'economia tornata in fase espansiva, bisogna che i segnali positivi di questo ultimo trimestre siano ripetuti nei prossimi due-tre trimestri. Insomma che non sia stata una rondine a primavera, un fuoco di paglia, si potrà sapere attorno a fine inverno, inizio primavera del 2014. 
Nel frattempo non dovremo fare sciocchezze, che strozzino il bambino in culla.
Ciò posto,  Deaglio ricorda una cosa triste ma terribilmente vera : l'Italia pre crisi non ci sarà più. Questa non è stata semplicemente una congiuntura ciclica, ma un terremoto devastante che ha cambiato la geografia economica del mondo. Il denaro facile, il welfare a pioggia e per tutti, poveri e ricchi passando per il mezzo, sistemi pensionistici folli (con le baby pensioni e le previdenze d'oro, da decine e decine di migliaia di euro al mese , a favore di manager che magari poco o nulla hanno portato al patrimonio delle aziende curate ), bene , tutto questo è finito. Il mondo non è più lo stesso e l'Europa non ha più come competitori i soli USA, ma società che hanno il vento in poppa, grazie ai bassi costi del lavoro e l'immenso mercato interno  cui possono rivolgersi. Chi pensa che , passata a nuttata, tutto tornerà più forte e bello che pria, sbaglia.
Questo Deaglio. Non migliore l'analisi di Giacalone che ricorda come determinati settori in ITalia, nonostante la bufera, avevano talmente tale qualità da reggere l'urto continuando ad esportare. Ma per gli altri è stata Caporetto, e per i negozi e mprese chiuse non ci sarà resurrezione. 
Per questo la questione dell'IMU appare non determinante e il fatto che invece il Ministro del Tesoro stesso, Saccomanni, sia andato a incartarcisi, fa pensare due cose : o l'uomo, abituato al lavoro tutto sommato sereno precedente si scopre impreparato alle tensioni politiche e straparla, oppure " volsi così colà dove si puote" e l'Italia è chiamata a non più rimandare.
Fuor di poesia, è l'Europa , Bruxelles ma temo anche la BCE, che, in mancanza di riforme, pretendono dall'Italia interventi comunque finalizzati al controllo del deficit. 
Certo, se il governo delle Larghe Intese, gli unici provvedimenti che partorisce con sufficiente accordo, sono quelli sulla violenza alle donne e all'omofobia, non stiamo messi benissimo


 L’Imu sui maccheroni
 
Fabrizio Saccomanni ha fatto un gran piacere a tutti, con le sue nove tesi sull’Imu. A tutti tranne che al governo di cui fa parte. Ha tirato fiato il centro destra, che per una giornata ha potuto parlare di domicili anziché di domiciliari. Ha sfiatato il centro sinistra, finalmente tuffandosi in una polemica che non comporti di carcerare qualcuno. Ma rischia di asfissiare il governo, perché i casi sono due: a. passa il gatto a nove code di Saccomanni, nel qual caso un centro destra già piagato dalle vicende giudiziarie non è ragionevole porga ancora le terga, rompendo su una questione che coinvolge interessi veri degli italiani; b. la commedia serve solo per dire al Pdl “e vabbe’, questa volta l’avrete vinta voi, ma ci è costato molto”, nel qual caso, però, il nervosismo interno al Pd raggiungerebbe l’isteria. La domanda è: perché Saccomanni s’è messo su quella posizione, rendendola anche pubblica? Un punto interrogativo più interessante di tanti punti esclamativi, sprecati in questi giorni.
Sgomberiamo subito il campo dalla sostanza: l’Imu è una battaglia di bandiera. Gli italiani hanno già versato 9 miliardi di acconto. Il sistema produttivo è stato già munto. La patrimoniale è già efficace. La frazione relativa alle prime case non di lusso è minima, riguarda tanta gente, ma incide poco. I redditi elevati che pagano l’Imu incidono per il 6% del 4% del gettito di quell’imposta. Un piffero. Volendo, quindi la si risolve senza troppi dolori. Allora, perché non lo si fa? Su questo punto l’equivoco regna sovrano, fin dall’inizio. Il Pdl disse che nelle parole programmatiche di Letta c’era la cancellazione dell’Imu. A me non sembrava (né penso che l’Imu sia il fronte più rilevante, essendo la ressione fiscale complessiva intollerabile), ma l’hanno ripetuto talmente tante volte che qualche cosa deve essere pur giunto, alle orecchie di Letta e Saccomanni. Data la limitatezza della partita, e dato il momento di caos che si vive, la faccenda doveva e poteva essere risolta in qualche stanza governativa. A tal proposito, del resto, si era creata l’apposita “cabina di regia” (mai che una abbia funzionato) e il ministero dell’economia aveva distribuito le proprie ipotesi lo scorso 20 luglio. Perché, invece, Saccomanni ha deciso di mettere un ditone nell’occhio di chi lo regge, descrivendo tutte e nove le ipotesi come altrettante bocciature del Pdl?
Ci sono due possibili risposte. Una è minimale: hanno ceduto i nervi. A forza d’essere quotidianamente sollecitato da Renato Brunetta, che lo definisce “tecnico” non per esaltarne le capacità, ma per diminuirne il peso, ha deciso di reagire. Se così fosse, invidio la pace assoluta della vita precedente di questo ministro, dato che ora trova intollerabili le punture di spillo. Ma se così fosse, avrebbe potuto evitare il paradosso tecnico di proporre la sostituzione dell’Imu con una tassa unica sulla casa, dato che la “u” di Imu sta per “unica”. Comunque, se così fosse che gli si serva una camomilla.
La seconda risposta è più spinosa. Andiamo incontro a una ripresa debole debole e lenta lenta, rispetto alla quale il governo non produce nulla di eccitante, eppure continua a ripetere che non ci sarà bisogno di manovre d’aggiustamento. Al tempo stesso non trova gli spiccioli per chiudere la partita dell’Imu. In tale quadro i mercati restano calmi, perché colmi di bromuro targato Banca centrale europea. Alias Mario Draghi. I problemi sono gli stessi di quando fischiava la bufera, tutti irrisolti (in Europa, non solo in Italia), ma nella baia della Bce c’è bonaccia. Che succede se marosi e vento cambiano direzione? Perché la Bce non perda la presa è necessario che dimostri di avere in mano i paesi a rischio. Il che, oggi, significa che il governo Letta può scegliere di auto-commissariarsi, continuando a fare conferenze stampa in cui Alfano & Letta discettano di sesso e morte (eros e thanatos), ma seguendo la ricetta dettata da Francoforte. Il che comporta il mantenimento della pressione fiscale, semmai accrescendola. Oppure si avviano a essere commissariati, così le manovre di aggiustamento oggi negate le faranno con l’istitutore al fianco, munito di bacchetta. Perché questa seconda cosa si realizzi la crisi di governo è un utile viatico. E la condotta di Saccomanni, da antichi vincoli legato a Draghi, la facilita, sottraendola al solo tema della giustizia.
In uno dei due modi occorre spiegare la tempistica delle sue parole, giunte come il cacio sui maccheroni. L’Imu sui chiacchieroni. Nel primo caso, come contributo alla caciara. Nel secondo come segnale che fra poco si scola.

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