giovedì 22 agosto 2013

ISRAELE, UN NEMICO BUONO PER OGNI OCCASIONE

 
Qualcosa nel tuo paese non va ? Parte della popolazione contesta ? Addirittura si ribella ? Timore di far vedere che il consenso si sta disfacendo? che le cose nella nazione vanno male ?
Niente paura, da che esiste il mondo c'è un nemico da indicare e che va bene per ogni occasione : il GIUDIO. 
Ha lodevolmente messo in risalto questa vergognosa vena antisemita, ovviamente non nuova, ma che in questi mesi è frequentemente riecheggiata nei commenti sul mediooriente, Davide Frattini, sul Corriere della Sera. Che anche quando gli arabi si ammazzano tra di loro (Libia, Siria, Egitto) , la colpa è di Israele.


"Le (solite) Teorie del Complotto e Israele diventa il Nemico perfetto"


Il premier turco che adesso incolpa Israele di aver tramato con i generali egiziani, durante la protesta al parco Gezi insinuava che i dimostranti fossero sponsorizzati dalla «lobby dei tassi d'interesse». L'attivista Amina Sboui lascia il movimento Femen e lo accusa di ricevere «soldi sospetti»: a manipolare dalle ombre le femministe sarebbero ancora una volta gli israeliani. Un ex leader dei Fratelli musulmani sostiene che il generale Abdel Fattah El Sissi sia di origine ebraica e suo zio sia stato un combattente dell'Haganah, la milizia da cui è nato l'esercito israeliano: «Abbiamo dimostrato il piano sionista per destabilizzare l'Egitto». Cambiano le teorie del complotto, non cambia l'indiziato. Il quotidiano Haaretz definisce la sparata di Recep Tayyip Erdogan «nonsense nello stile dei Protocolli dei Savi di Sion» e fa notare che il primo ministro ha sempre rigettato le accuse di antisemitismo ricordando la protezione offerta dalla Turchia agli ebrei. Eppure i riferimenti alle banche controllate dagli ebrei che a loro volta controllano il mondo (o in questo caso fomentano le proteste contro l'abbattimento degli alberi in un parco a Istanbul) ricostruiscono la classica sceneggiatura.
Disegnare trame che coinvolgono il Mossad aiuta i leader della regione a reindirizzare la rabbia popolare, a nascondere le proprie responsabilità. Così Bashar Assad denuncia le strategie degli israeliani dietro al caos mediorientale e alla guerra civile siriana («sono quelli che ne beneficiano di più»), fino a creare un cortocircuito ideologico: anche i ribelli accusano di interferenze l'intelligence del Paese confinante, solo che nel loro scenario l'alleato segreto dello Stato ebraico sarebbe lo stesso Assad.
A contorsioni intellettuali sono costretti alcuni «liberal» egiziani: sostengono l'esercito nella repressione dei Fratelli musulmani, invocano l'intervento militare in Sinai contro i fondamentalisti e allo stesso tempo chiedono la cancellazione dell'accordo di pace con Israele. Fingendo di non sapere che è la cooperazione (senza sfoggio) tra i due eserciti a favorire le operazioni contro gli estremisti nella penisola senza legge. 

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