martedì 6 agosto 2013

LA GRAZIA ? NO GRAZIE, MEGLIO LA RIFORMA.



Sul tema della grazia a Berlusconi si disquisisce molto da un po'. L'argomento non mi appassiona perché non la considero una cosa attuabile e quindi a che serve parlarne ? Il problema non è di soggetti singoli ma dell'intero sistema giustizia che deve essere riformato, come il Presidente Napolitano ha di recente riaffermato.
Certo, non sarà facile con questo clima, ma è per questo che io confido molto nell'iniziativa dei radicali. Un successo dei referendum sulla giustizia darebbe un crisma di mandato popolare all'azione conseguente del Parlamento.
Tornando sulla questione "GRAZIA", constato che anche qui viene scritto tutto e il contrario di tutto. I giornali "equilibrati" ospitano le tesi contrapposte di illustri costituzionalisti  (quelli schierati assoldano invece solo le penne conformi alle lore tesi pregiudiziali). Io sorrido nel leggere, pensando alle fandonie vendute alla gente onesta che va al mercato e pensa che veramente debba esistere una "CERTEZZA" del diritto....Una scempiaggine smentita dalla sola esistenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Vi si ricorre quando nemmeno i giudici della Legge (così sono definiti i magistrati superiori di Piazza Cavour) riescono a   pronunciare  due sentenze di seguito dello stesso tenore...A quel punto, si pensa di aver fatto brutta figura a sufficienza e si convoca un giudizio "collegiale"  per partorire , almeno pe un po', una interpretazione unica (che può sempre modificarsi nel tempo...). 
 Diciamo che quelli dei giudici sono pareri con forza cogente, laddove i nostri non contano nulla, però magari sono più sensati.
Come questo che riporto, sull'argomento, del bravo Davide Giacalone.
 Buona Lettura


Di grazia, la grazia no


La grazia presidenziale non è la soluzione del problema politico apertosi con la condanna definitiva di Silvio Berlusconi. Intanto perché non sarà concessa. Un provvedimento di quel tipo, in ogni caso, restituirebbe libertà alla persona fisica e la toglierebbe al leader politico. Il centro destra è stato accusato infinite volte (talora a ragione e la gran parte a sproposito) di avere prodotto leggi destinate a difendere una sola persona. Ora che s’è dimostrata la permanente e prevalente forza della magistratura sul mandato elettivo, ora che si tocca un altro abisso dell’incosciente rimozione dell’immunità parlamentare (che era abusata, ma che fu poi colpevolmente e vilmente abbattuta), il problema che va posto è collettivo. Non si può risolverlo con un provvedimento necessariamente ed esclusivamente destinato a una sola persona: la grazia.
Posto ciò, ho letto con sdegno le cose che sono state dette e scritte, per avversare la grazia. Ugo De Siervo, ad esempio, su La Repubblica, ha usato concetti e parole che sono offensive per la cultura, il buon senso e per Giorgio Napolitano. Uso quelle, sia perché riassuntive della faziosità falsamente altolocata, sia perché pronunciate da chi fu presidente della Corte costituzionale (in violazione della Costituzione e con la mai tollerabile vergogna delle presidenze lampo, destinate a sacrificare la Carta sull’altare della presunzione e dell’esibizionismo personali). Secondo De Siervo tre sono le ragioni per cui la grazia non può essere concessa: primo, perché sarebbe come assentire con il fatto che la cassazione, assieme ai magistrati di merito, avrebbe perseguitato il condannato, che è tesi bislacca assai, giacché su questa base la grazia non dovrebbe essere concessa mai, visto che sempre, dicasi sempre, corregge e cancella l’intero processo di condanna; secondo, perché sarebbe un privilegio per un capo politico, dal che si deduce che secondo questa toga mal indossata non tutti i cittadini sarebbero uguali davanti alla legge, con tanti saluti all’articolo 3 della Costituzione, che egli indegnamente fu chiamato a difendere; terzo, perché il condannato è stato appena condannato ed ha altri procedimenti in corso, salvo il fatto che il presidente della Repubblica ha già concesso grazie a cittadini appena condannati e appena iniziata la pena, né la Costituzione prevede il requisito dell’assenza di altri procedimenti. Più alta è la fonte di queste tesi e più svetta la vergogna della militanza frammista a ignoranza.
Tale vergogna, però, non è bastevole a rendere accettabile il reclamare la grazia (che, sia detto per inciso, non è affatto vero che debba richiederla l’interessato, tesi fascistissima e che ignora la vicenda di Giancarlo Paietta; non è vero che debba richiederla qualcuno; può essere una scelta diretta e autonoma del Colle; e ciò non di meno non è una scelta del tutto autonoma, tant’è che Francesco Cossiga intendeva graziare Renato Curcio ma il governo rifiutò la controfirma; nel caso odierno, invece, escluso tale rifiuto, la scelta, in un senso o nell’altro, deve essere totalmente automa e silente, in capo all’uomo del Colle, ferme restando le considerazioni che seguono).
Il punto non è che Berlusconi abbia altri procedimenti in corso, ma che si è dimostrata la volontà di portarlo a condanna. La grazia, quindi, o viene data anche a futura memoria, o sarebbe transitoria e illusoria. Non ho risparmiato critiche a Berlusconi e al suo schieramento, ma considero la determinazione di affrontare la condanna senza chiedere benefici come il punto più alto della sua testimonianza pubblica. Non lo sprechino e non indietreggino, né interferiscano o schiamazzino al Quirinale. Semmai è proprio a partire da quel punto che devono porre il problema della giustizia italiana: la peggiore d’Europa, indegna di un Paese civile. La condanna non ucciderà il cittadino Berlusconi e consolida lo spessore del leader, ma la stessa cosa non si può dire delle migliaia di Mario Rossi e Rosina Bianchi, o dei loro figli minori, quotidianamente massacrati da un potere cieco e irresponsabile. Si doveva farlo prima, ma è nel loro nome che ora non si devono accettare compromessi: o si mette mano a una riforma profonda, separazione delle carriere comprese, o non c’è stabilità governativa che abbia valore maggiore. Il contrario del perdono e dell’oblio.
Non si alimentino equivoci: a. il sistema politico italiano è bloccato nell’immobilismo nonché produttore di voti d’astensione e rifiuto, la condanna di Berlusconi aggrava, ma non determina tale pietosa condizione; b. la giustizia è negata ogni giorno a tutti i cittadini, non dopo venti anni di assalti a uno solo. Gli opposti isterismi hanno fin qui conservato intatto l’inconservabile blocco. Per questa ragione non c’è stabilità governativa che abbia maggior valore del porre come necessario lo sblocco. Il tema della giustizia non può essere posposto a nulla, anche perché non c’è sviluppo senza giustizia. L’alternativa consiste nell’autodegradazione collettiva.

3 commenti:

  1. Mi permetta di segnalarle l'intervista rilasciata dal professor Vittorino Andreoli, uno dei massimi esponenti della psichiatria contemporanea, ex direttore del Dipartimento di psichiatria di Verona, membro della New York Academy of Sciences e presidente del Section Committee on Psychopathology of Expression della World Psychiatric Association, che ha messo idealmente sul lettino questo Paese che si dibatte tra crisi economica e caos politico e si è fatto un’idea precisa del malessere del suo popolo. N.B. Per sua comodita' le invio l'articolo in un commento seguente.

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  2. Non le invio l'articolo perché è troppo lungo e non vorrei tediarla con cose che sicuramente non la interesserebbero: vedo che le sue fonti sono ben altre e che il suo impegno è pressoché totale, avendo di gran lunga superato l'annunciato 5%. Complimenti e buon lavoro.

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    1. Conosco di fama Andreoli, e ho anche avuto una fidanzata che era una sua appassionata lettrice. MI piacerebbe leggere l'articolo in questione, per cui, se lo posta, fa cosa gradita

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