Non c'è nulla da fare. Il migliore alleato degli esecutivi è il terrore delle elezioni da parte dei parlamentari, la paura della non rielezione. Nella prima repubblica era qualcosa che si vedeva meno, perché la disciplina di partito era molto forte non solo nel PCI (dove er aferrea...) e pur bestemmiando tra i denti si era usi obbedire, più o meno tacendo. Certo, c'erano i franchi tiratori, ma servivano pià a mandare "messaggi" cifrati, che a far cadere i governi (accadeva, ma raramente). No, erano le segreterie che staccavano la spina, e i peones eseguivano. Dal 1948 al 1992 ci sono stati più governi che anni di legislatura.
Nell'era della seconda repubblica la compravendita degli onorevoli e dei senatori è diventato costume. S'iniziò nel 1994, con una maggioranza al senato (sempre lì eh !) risicata, proseguì nel 2006, dove si aggiunse lo scandalo dei voti di fiducia assicurati dai senatori a vita, cioè gente NON ELETTA, e nel 2010, quando il povero Scilipoti divenne il simbolo dei giuda.
Ovviamente, contro il brutto spettacolo tuona ora la destra ora la sinistra, a seconda della convenienza. Lo stesso fanno i tifosi e i giornali. A me fa piuttosto schifo , devo dire la verità. Come ho scritto altre volte, comprendo benissimo che si possa ad un certo punto non essere più in linea con il proprio partito, ma a quel punto ci si dovrebbe non solo dimettere da esso (se la frattura è insanabile) ma anche dal seggio che l'appartenneza ad esso di fatto mi ha assicurato. Parliamoci chiaro, uno come Evangelista, come addirittura Sbardella (Dio che soggetto...) potevano con ragione dire : i voti sono i MIEI, e non del partito. Era vero. Avevano i loro clientes, ed erano tanti, decine di migliaia. Eppure non lo fecero mai. Qui, gente che pure intellettualemnte apprezzo, come Quagliarello, quanti voti vale ? Temo assai pochi. E allora, va bene non entrare in Forza Italia, va bene esporre la propria linea divergente, però se è perdente (magari non lo sarà), non si resta dove si è giunti grazie a chi oggi lasciamo, e tantomeno si finisce dalla parte opposta.
Naturalmente i ministri critici del PDL sono attaccati a palle incatenate da Sallusti, al quale viene risposto che con loro il metodo "Boffo" non funzionerà. Spettacoli piuttosto penosi.
AH, le borse vanno già, per colpa dei venti di crisi. Io capisco quella di Milano, ma le altre ? Sta cosa dei mercati secondo me assomiglia molto alla storia dello spread, che saliva o scendeva a causa di Berlusconi...finché non venne Draghi a farci vedere come funzionava davvero.
Ecco comunque l'articolo su La Stampa che riporta il botta e risposta infuocato tra i ministri e il Direttore de Il Giornale.
Alfano: “Non ci faremo intimidire”
Pdl, è il giorno della resa dei conti
ANSA
Berlusconi e Alfano
Tensione a mille nel Pdl dove stamane esplode la polemica
tra i ministri dimissionari, Angelino Alfano in testa, e il direttore
del Giornale, Alessandro Sallusti. I 4
ministri hanno siglato una dichiarazione congiunta per mettere nero su
bianco che « E’ bene dire subito al direttore de ’Il Giornale,
per il riguardo che abbiamo per la testata che dirige e una volta letto
il suo articolo di fondo di oggi, che noi non abbiamo paura. Se pensa
di intimidire noi e il libero confronto dentro il nostro movimento
politico si sbaglia di grosso».«Se il metodo Boffo forse ha funzionato
con qualcuno, non funzionerà con noi che eravamo accanto a Berlusconi
quando il direttore del Giornale lavorava
nella redazione che divulgò informazioni di garanzia al nostro
presidente, durante il G7 di Napoli nel 1994». «Se intende impaurirci -
hanno aggiunto ad una voce Alfano, Maurizio Lupi, Gaetano Quagliariello,
Nunzia De Girolamo e Beatrice Lorenzin - con il paragone a Gianfranco
Fini, sappia che non avrà case a Montecarlo su cui costruire campagne».
E mentre la presidenza del Consiglio dei Ministri rende noto di aver ricevuto « le dimissioni irrevocabili» dei 4 ministri, il direttore de Il Giornale replica agli ormai ex ministri dicendo:«Sono allibito, neppure io ho paura. Ho già pagato con la detenzione squallide minacce alla libertà di espressione. Punto». Nell’articolo finito sotto accusa, intitolato «Eversivo è alzare le tasse, liberale è non farlo», il direttore scrive che i ministri
«con qualche distinguo di forma e di sostanza, si adeguano, ma non condividono al punto di ventilare un loro futuro fuori da Forza Italia, non si capisce se sulle orme di quel genio di Gianfranco Fini». Altra stoccata è ai professori, «in primis Quagliariello». «Si sa come sono fatti i professori: galantuomini che sanno tutto, ma che sanno fare poco, se non appunto i professori. I precedenti non mancano». E il direttore cita in proposito la Fornero. Sallusti definisce «eversiva» la decisione di alzare le tasse e il comportamento «preconcetto e fazioso dei membri della Giunta». «Eversivo è il complice silenzio di Napolitano». E sulla collegialità della decisione sulle dimissioni «durante le centinaia di vertici convocati da Berlusconi» non si è certo parlato «di Milan o del tempo». Cosa immaginavano i ministri «di uscire dal Parlamento e restare al governo a metter su tasse? Mistero».
Preoccupazione per la situazione ha espresso stamane il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: a proposito dell’attuale crisi politica «Mi auguro che tutta questa instabilità non porti a una precettazione da parte dell’Europa e a una gestione commissariale». Dal canto suo Silvio Berlusconi continua a cercare di ridimensionare l’evidente caos che anima il Pdl e la guerra tra falchi e colombe, ormai venuta alla scoperto. Una miscela che sta portando il partito ad un passo dalla spaccatura sulle sorti del governo. La decisione di accelerare la crisi annunciando la fine del sostegno all’esecutivo e le dimissioni della delegazione ministeriale ha fatto esplodere un pesante malumore tra i dirigenti. Prese di distanza e accuse reciproche come non si era mai visto e sullo fondo il rischio, paventato allo stesso Cavaliere, di scissioni nel momento in cui il partito sarà chiamato alla conta in Parlamento sul voto di fiducia.
Nel Pdl il redde rationem è fissato per oggi pomeriggio quando alla Camera si terrà la riunione congiunta dei gruppi di Camera e Senato alla presenza di Berlusconi per decidere cosa fare. Che il rischio di una spaccatura sia nell’aria è la paura di molti. Ecco perché il Cavaliere ha intenzione di arrivare all’incontro con una strategia ben definita provando a far rientrare la frattura in un vertice ristretto a via del Plebiscito. Domani a palazzo Grazioli incontrerà i capigruppo, i coordinatori ma soprattutto Angelino Alfano. E, con il segretario del Pdl che le distanze in questo momento sono più evidenti. Il vice premier non ha gradito di essere rimasto tagliato fuori dalla decisione del Cavaliere di diramare la nota per ufficializzare la crisi. E così dopo 24 ore di pressing dell’ala governativa e di molti dirigenti del Pdl, che individuano in Denis Verdini e Daniela Santanché i cattivi consiglieri, responsabili del precipitare degli eventi, il segretario del partito decide di mettere nero su bianco la sua contrarietà alla gestione della situazione.
Maurizio Lupi e Beatrice Lorenzin sono lontani dall’idea di Forza Italia che hanno in mente i falchi del partito. Al di là delle tensioni dei governativi, il Cavaliere deve fare i conti anche con il dissenso che ormai traspare nei gruppi parlamentari. Ed in particolare tra le fila dei senatori, tenute sotto stretta osservazione per l’alto rischio smottamento nel momento in cui Letta sarà chiamato a chiedere la fiducia. Sorprese non si escludono nella pattuglia siciliana anche se Gianfranco Micciché ha smentito l’idea di sostenere il governo delle tasse. Osservato speciale è anche Maurizio Sacconi, contrario a derive estremiste del partito. Poi c’è Gaetano Quagliariello, ormai considerato fuori dal partito: secondo fonti Pdl, starebbe da tempo lavorando per arruolare senatori per sostenere Letta.
Numeri e scissioni certi non ce ne sono perché tutto dipenderà da quello che dirà Silvio Berlusconi nei due incontri, a Palazzo Grazioli e alla Camera. L’obiettivo dell’ex capo del governo sarà quello dunque di trovare un compromesso riconoscendo ad Alfano un ruolo di primo piano. E magari ridimensionando i cosiddetti falchi in modo da tenere il Pdl unito nel momento della conta in parlamento.
“Io ho espresso più una forte opposizione alla decisione di far dimettere i nostri parlamentari. E’ vero che era un fatto simbolico e soprattutto un fallo di reazione, perché per prima ha sbagliato la sinistra, ma ad un fallo non si risponde con una testata sennò si perdono le partite”. Lo ha detto Gaetano Quagliariello, ministro dimissionario per le riforme, a La telefonata di Belpietro. “Credo - ha aggiunto - che quello sia stata la madre di tutti gli errori, da cui siano discesi tutti gli altri. Penso che siano state fatte le cose un po’ affrettatamente, ma prima di sganciare l’atomica bisognava fare una serie di passi”. Oggi, alla riunione delle 17 dei gruppi del Pdl, “Discuteremo - ha detto Quagliariello - spero a volto scoperto, apertamente su che cosa è meglio fare in questo situazione”.
I toni si accendono. «Considero la decisione adottata dal Pdl completamente a sfavore dell’Italia. Un vero e proprio tradimento, che spero, conducendo una riflessione onesta, quel partito possa superare, venendo incontro non ai bisogni del governo ma a quelli del Paese». Lo ha detto il ministro della Difesa, Mario Mauro, commentando le dimissioni dei ministri del Pdl.
E mentre la presidenza del Consiglio dei Ministri rende noto di aver ricevuto « le dimissioni irrevocabili» dei 4 ministri, il direttore de Il Giornale replica agli ormai ex ministri dicendo:«Sono allibito, neppure io ho paura. Ho già pagato con la detenzione squallide minacce alla libertà di espressione. Punto». Nell’articolo finito sotto accusa, intitolato «Eversivo è alzare le tasse, liberale è non farlo», il direttore scrive che i ministri
«con qualche distinguo di forma e di sostanza, si adeguano, ma non condividono al punto di ventilare un loro futuro fuori da Forza Italia, non si capisce se sulle orme di quel genio di Gianfranco Fini». Altra stoccata è ai professori, «in primis Quagliariello». «Si sa come sono fatti i professori: galantuomini che sanno tutto, ma che sanno fare poco, se non appunto i professori. I precedenti non mancano». E il direttore cita in proposito la Fornero. Sallusti definisce «eversiva» la decisione di alzare le tasse e il comportamento «preconcetto e fazioso dei membri della Giunta». «Eversivo è il complice silenzio di Napolitano». E sulla collegialità della decisione sulle dimissioni «durante le centinaia di vertici convocati da Berlusconi» non si è certo parlato «di Milan o del tempo». Cosa immaginavano i ministri «di uscire dal Parlamento e restare al governo a metter su tasse? Mistero».
Preoccupazione per la situazione ha espresso stamane il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: a proposito dell’attuale crisi politica «Mi auguro che tutta questa instabilità non porti a una precettazione da parte dell’Europa e a una gestione commissariale». Dal canto suo Silvio Berlusconi continua a cercare di ridimensionare l’evidente caos che anima il Pdl e la guerra tra falchi e colombe, ormai venuta alla scoperto. Una miscela che sta portando il partito ad un passo dalla spaccatura sulle sorti del governo. La decisione di accelerare la crisi annunciando la fine del sostegno all’esecutivo e le dimissioni della delegazione ministeriale ha fatto esplodere un pesante malumore tra i dirigenti. Prese di distanza e accuse reciproche come non si era mai visto e sullo fondo il rischio, paventato allo stesso Cavaliere, di scissioni nel momento in cui il partito sarà chiamato alla conta in Parlamento sul voto di fiducia.
Nel Pdl il redde rationem è fissato per oggi pomeriggio quando alla Camera si terrà la riunione congiunta dei gruppi di Camera e Senato alla presenza di Berlusconi per decidere cosa fare. Che il rischio di una spaccatura sia nell’aria è la paura di molti. Ecco perché il Cavaliere ha intenzione di arrivare all’incontro con una strategia ben definita provando a far rientrare la frattura in un vertice ristretto a via del Plebiscito. Domani a palazzo Grazioli incontrerà i capigruppo, i coordinatori ma soprattutto Angelino Alfano. E, con il segretario del Pdl che le distanze in questo momento sono più evidenti. Il vice premier non ha gradito di essere rimasto tagliato fuori dalla decisione del Cavaliere di diramare la nota per ufficializzare la crisi. E così dopo 24 ore di pressing dell’ala governativa e di molti dirigenti del Pdl, che individuano in Denis Verdini e Daniela Santanché i cattivi consiglieri, responsabili del precipitare degli eventi, il segretario del partito decide di mettere nero su bianco la sua contrarietà alla gestione della situazione.
Maurizio Lupi e Beatrice Lorenzin sono lontani dall’idea di Forza Italia che hanno in mente i falchi del partito. Al di là delle tensioni dei governativi, il Cavaliere deve fare i conti anche con il dissenso che ormai traspare nei gruppi parlamentari. Ed in particolare tra le fila dei senatori, tenute sotto stretta osservazione per l’alto rischio smottamento nel momento in cui Letta sarà chiamato a chiedere la fiducia. Sorprese non si escludono nella pattuglia siciliana anche se Gianfranco Micciché ha smentito l’idea di sostenere il governo delle tasse. Osservato speciale è anche Maurizio Sacconi, contrario a derive estremiste del partito. Poi c’è Gaetano Quagliariello, ormai considerato fuori dal partito: secondo fonti Pdl, starebbe da tempo lavorando per arruolare senatori per sostenere Letta.
Numeri e scissioni certi non ce ne sono perché tutto dipenderà da quello che dirà Silvio Berlusconi nei due incontri, a Palazzo Grazioli e alla Camera. L’obiettivo dell’ex capo del governo sarà quello dunque di trovare un compromesso riconoscendo ad Alfano un ruolo di primo piano. E magari ridimensionando i cosiddetti falchi in modo da tenere il Pdl unito nel momento della conta in parlamento.
“Io ho espresso più una forte opposizione alla decisione di far dimettere i nostri parlamentari. E’ vero che era un fatto simbolico e soprattutto un fallo di reazione, perché per prima ha sbagliato la sinistra, ma ad un fallo non si risponde con una testata sennò si perdono le partite”. Lo ha detto Gaetano Quagliariello, ministro dimissionario per le riforme, a La telefonata di Belpietro. “Credo - ha aggiunto - che quello sia stata la madre di tutti gli errori, da cui siano discesi tutti gli altri. Penso che siano state fatte le cose un po’ affrettatamente, ma prima di sganciare l’atomica bisognava fare una serie di passi”. Oggi, alla riunione delle 17 dei gruppi del Pdl, “Discuteremo - ha detto Quagliariello - spero a volto scoperto, apertamente su che cosa è meglio fare in questo situazione”.
I toni si accendono. «Considero la decisione adottata dal Pdl completamente a sfavore dell’Italia. Un vero e proprio tradimento, che spero, conducendo una riflessione onesta, quel partito possa superare, venendo incontro non ai bisogni del governo ma a quelli del Paese». Lo ha detto il ministro della Difesa, Mario Mauro, commentando le dimissioni dei ministri del Pdl.
Nessun commento:
Posta un commento