PERCHE' I REFERENDUM SULLA GIUSTIZIA SONO UNA BATTAGLIA DI TUTTI, SINISTRA COMPRESA
Ma come puoi mai essere accaduto che una lotta finalizzata ad abrogare l'ergastolo, a stabilire regole più cogenti che eliminino l'attuale abuso della libertà personale (leggi custodia cautelare), a rompere il connubio - unico al mondo e contrario alla garanzia di un processo veramente imparziale - tra accusa e organo giudicante siano diventati tabù della sinistra ?
Come può essere che, se una battaglia è GIUSTA, cessi di esserlo perché potrebbe essere tale anche per il mio avversario ?
Questa visione manichea, dicotomica del mondo, non è prova di follia ?
Non me lo chiedo io, liberale, ma, da tempo, comunisti pentiti ma progressisti tuttora convinti come Pietro Sansonetti e Luigi Manconi.
E infatti quest'ultimo, arcistufo del ricatto berlusconiano e dell'ossessione contraria che è sorta con il Cavaliere, scrive sull'Unità esortando alla firma per i referendum.
Che non è possibile vedere idioti "democratici" che alle feste del movimento hanno aggredito verbalmente (e chissà se sarebbero passati alle vie di fatto, se per quieto gli aggrediti non se ne fossero andati) i volontari radicali che , con regolare autorizzazione degli organizzatori - avevano messo il loro piccolo gazebo per raccogliere le firme.
A mò di squadristi, si potrebbe evocare. Certo parimenti dementi.
Buona Lettura
LUIGI MANCONI SUI REFEREDUM
Ha ragione Emanuele Macaluso quando, sull'Unità di ieri, scrive che
l'intento di Silvio Berlusconi nel firmare i referendum radicali è
quello di "punire la magistratura". Ma è motivo sufficiente, questo, per
non sottoscrivere quei referendum? E' da quand'ero piccino che un certo
senso comune di sinistra (al quale Macaluso peraltro si è sempre
sottratto) mi sibila nell'orecchio: se dici questo o quello fai il
gioco del nemico. Davvero siamo così insicuri della nostra identità da
non poter firmare il referendum sull'abrogazione della Bossi-Fini "per
non confonderci con Berlusconi"? E siamo così poco convinti delle nostre
idee da temere che, se firmiamo per abrogare l'ergastolo, favoriamo la
destra? Dico questo perché non riesco a immaginare altre ragioni, più
fondate, capaci di spiegare come mai una mobilitazione per depenalizzare
il consumo personale di sostanze stupefacenti e per non criminalizzare
la libertà di movimento di migranti e fuggiaschi, non sia la nostra
mobilitazione. Così come quella per ridurre la custodia cautelare e
abolire l'ergastolo. Personalmente, quei dodici referendum, li ho
firmati tutti. Buona parte perché li condivido incondizionatamente, e
altri perché ritengo che su tutti i temi referendari - compresi quelli
riguardano quel bene preziosissimo che è la giustizia giusta - i
cittadini debbano avere il diritto di esprimersi, a favore o contro. E
li ho firmati, inoltre, perché ritengo insopportabile che l'egemonia
culturale e ideologica di Berlusconi sopravviva alla sua irreversibile
crisi politica condizionando ancora le nostre opzioni e impedendoci una
piena e autonoma libertà di scelta. A prescindere, quindi, dal fatto che
una parte della destra firmi per quei referendum, mentre si appresta a
votare contro nel merito delle materie che più ci dovrebbero stare a
cuore (normativa sull'immigrazione, sulle sostanze stupefacenti, sulla
custodia cautelare, sull'ergastolo). Facciamo un passo indietro. E’
indubbio che, vent'anni fa, una parte significativa della sinistra abbia
pensato di vincere facile di fronte alla liquefazione dei partiti che
avevano governato l’Italia in precedenza. Ma nella tradizione del
giacobinismo, così frequentemente evocato in questi giorni, l’uso
politico della giustizia si accompagna, e senza contraddizione, alla
diffidenza nei confronti del principio di legalità, e soprattutto di
quella legalità che è nel patto costituzionale, sovraordinata alla
contingente espressione della volontà popolare. Meriti e torti non sono
da una parte sola. Se una "guerra" c’è stata in questi vent’anni, non è
stata quella dei giudici contro Berlusconi, ma quella che ha visto
fronteggiarsi una componente giustizialista della sinistra (sempre più
minoritaria, forse) e una destra insofferente verso il principio di
legalità costituzionale. Questa partitura occupa la scena anche dopo la
sentenza della Cassazione sul caso Mediaset. Una partitura che – è
questo il punto - gioca a tutto vantaggio di chi vuole prorogare
all’infinito la stagione consunta dell’Italia berlusconiana. Infatti,
abolita l'IMU, la destra non ha nulla da dire sul futuro di questo
Paese, e ci costringe ancora una volta a discutere di una sacrosanta
riforma della giustizia a partire dalla particolarissima vicenda che
riguarda il suo leader politico. Proprio muovendo da quel processo, dove
tutte le garanzie offerte dall’ordinamento sono state rispettate (anche
in ragione dello status politico, economico e sociale del suo
principale imputato), si parla di riforma della giustizia puntando sulla
sofferenza (e sul consenso) di quei milioni di cittadini che – al
contrario – per status sociale attraversano le aule di giustizia in
condizioni di massima vulnerabilità. E’ un paradosso che va
completamente rovesciato: la riforma della giustizia, la devono proporre
innanzi tutto il Pd e la sinistra, perché è interesse in primo luogo
della nostra parte la tutela dei diritti di tutti. Di conseguenza, quei
referendum andrebbero presi e fatti propri dal Pd: esattamente per le
perplessità che la firma di Berlusconi ha suscitato nella destra
populista e giustizialista. Non si tratta, infatti, di referendum per la
“agibilità politica” del leader del Pdl (che non ne trarrebbe alcun
beneficio), ma per una giustizia più giusta per tutti. E, così, anche i
quesiti “ordinamentali” ci appariranno per quello che sono: non mezzi di
una impossibile revanche di Berlusconi contro i suoi giudici, bensì
strumenti per processi più equi, a tutto vantaggio di chi non abbia le
risorse economiche e relazionali di cui dispone Silvio Berlusconi.
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