Non sono amante dei teorici dei complotti. Non perché nella Storia non ve ne siano, ma perché nel farmi una convinzione preferisco avere delle prove che delle teorie, per quanto verosimili (e anche suggestive, come spesso le opere fantastiche). A volte, ma succede anche nelle tesi scientifiche, non si riesce ad arrivare ad una certezza assoluta, "matematica" per usare la parola indice comunemente di prova esatta. Però gli elementi radunati sono tali e tanti, da superare la soglia della mera probabilità (figuriamoci della solo ipotetica possibilità, che è quanto caratterizza più spesso le tesi dei complottisti da tv o da internet).
Mi ha fatto quindi piacere leggere l'editoriale odierno della Stampa, dove Eugenia Tognotti spiega criticamente la predisposizione di tanti di noi ad abbracciare questi filoni narrativi.
Se non ho capito male, avendo noi occidentali (perché altrove questa malattia è meno o punto diffusa) sopperito ai bisogni primari attraverso un diffuso benessere (anche se ridimensionato, ce la passiamo molto meglio del resto dei 4/5 del mondo...poveri compresi), è scattato il desiderio di colmare le ansie più interiori. Un modo è quello di trovare una spiegazione a grandi problemi che abbia una origine dolosa e umana, comunque più facilmente attaccabile rispetto a risposte più complesse, che ci lasciano nello sconforto della ineluttabilità.
Ovviamente, a differenza di quanto avviene per i cultori dei complotti, questa ipotesi è lungi dall'essere certa, o anche solo esaustiva.
E' il tentativo di spiegazione di un fatto.
Senza pretese di verità. Che, beati loro, si trova solo nelle tasche degli scopritori di congiure.
Perché siamo disposti a credere a tutto
Coloro che ne scrivono, con sprezzo del pericolo, sono considerati una pedina delle forze oscure e potenti che ordiscono le loro trame. Come quelle, per fare un solo esempio, che, secondo un’ipotesi complottista, hanno fatto scoppiare la prima epidemia di Hiv/Aids nel 1981: il mortale virus sarebbe stato creato dalla Cia nei laboratori militari per spazzare via gli omosessuali e gli afroamericani. Le prove scientifiche sull’origine del virus non hanno scosso i seguaci, tra cui eminenti personaggi come il presidente sudafricano Thabo Mbeki e l’ecologista keniana Wangari Maathai, che approfittò dei riflettori internazionali per sostenere quella teoria, che fa a meno dei fatti: la comunità scientifica è quasi unanime nel ritenere che il virus è passato dalle scimmie all’uomo alcuni decenni prima della sua comparsa sulla scena. Nel clima di negazione e rifiuto della scienza, non manca, in alcuni casi, il ricorso a prove pseudoscientifiche come avviene per il presunto collegamento vaccini-autismo , che prende di mira l’avidità di Big Pharma.
Al di là dell’interesse - che riguarda l’ambito della psicologia - per questa particolare forma di pensiero irrazionale e per il legame tra pensiero cospirativo e visioni del mondo anti-scienza, alcune di queste teorie complottiste non sono purtroppo innocue. Talora provocano danni alla società: basterà ricordare quanti genitori, allarmati dalla teoria - pur ampiamente smentita e dimostrata priva di fondamento - che i vaccini potessero avere un ruolo nell’autismo, hanno privato i loro bambini di un prezioso scudo protettivo contro gravi malattie. Ma perché tante persone sono così pericolosamente inclini ad accettare le teorie della cospirazione? Forse - sostiene qualcuno - soddisfano alcuni requisiti fondamentali dell’uomo. Stando alla «gerarchia di bisogni» tracciata dallo psicologo Abraham Maslow, le ricche società occidentali hanno soddisfatto i bisogni più elementari (fame, sete, sonno, ecc.), cosa che ha fatto emergere i bisogni di ordine superiore, come quello della sicurezza (protezione, soppressione di ansie, preoccupazioni e paura. Quella dell’ignoto, per cominciare). Conoscere le «trame» e le congiure di oscuri e potenti personaggi darebbe l’illusione di riuscire a sconfiggerla.
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