Il centro destra ha il problema, grande, della successione di Silvio Berlusconi. Potrebbe anche non essere imminente, però l'età dell'uomo non è più verde (77 il prossimo 29 settembre, auguri ), e i colpi giudiziari subti, assolutamente pesanti. DI più, io sono piuttosto certo che , venuto meno lo scudo parlamentare, il Cavaliere conoscerà anche il carcere senza condanna, mediante provvedimento di custodia cautelare. Farebbe scalpore ? Mejo !!
Che a dispetto delle esortazioni e anche ammonimenti del Capo dello Stato, certi procuratori e Gip non gli pare vero di finire sui giornali.
Insomma, il campo moderato e non di sinistra si pone il quesito se continuare con il capo di questi 20 anni, anche con la prospettiva di averlo fortemente azzoppato , oppure sostituirlo ma senza minimamente sapere con chi. Anche perché la prospettiva assolutamente più probabile è che, via Berlusconi, il centro destra si disperda in una miriade di formazioni microcefale.
Nel partito democratico si litiga furiosamente su tutto e tutti, però ancora regge un nucleo centrale robusto che riesce ad esercitare una vis centripeda, per cui ci si azzanna ma si resta insieme.
Finora, le scissioni sono state sempre minoritarie, e non troppo dolorose ( anche quella che portò alla nascita di rifondazione comunista, promossa da Cossutta e Bertinotti, che poi ebbero a dividersi a loro volta...).
Le diverse galassie che si fregiano ancora dell'appellativo "comunista", sono da due legislature fuori dal Parlamento e questa è una bella cosa ( una delle poche, vabbè). Alle ultime elezioni, TUTTI insieme, prendendo anche i voti dei manettari dipietristi, non hanno superato il 2,5% dei voti. Qualche speranza questo maltrattato paese forse ce l'ha.
Tornando al PD e alle sue diuturne fibrillazioni, ieri sembrava avessero partorito finalmente data e regole del congresso.
Non è però certo, perché esattamente come l'altra volta, per le primarie, nessuno è contento del compromesso realizzato e cerca di modificarlo.
Nel reportage che leggo e che riporto , tratto dal Corriere on line, mi sembra che le cose più intelligenti le abbia dette Renzi (del resto, se dall'altra parte ci sono Bersani, ancora tramortito e in cura per la tranvata di febbraio...o Marini, pure lui depresso per l'affondamento sulla rotta del Quirinale, non è che poi sia difficilissimo...).
Però c'è una cosa che mi sfugge, e magari gli amici che ho nel PD (non ci crederete, ma ne ho, fanno parte della dirigenza e sono anche CARI amici ) mi potrebbero illuminare.
Se non sbaglio, quando ci furono le ultime primarie, per consentire la candidatura di Renzi si dovette modificare il punto dello Statuto che prevedeva l'automaticità del ruolo di candidato Premier da parte del segretario in carica del partito. In sostanza, le primarie potevano essere fatte per decidere il candidato guida della coalizione, ma per regolamento quello del PD già c'era : Bersani.
Adesso Renzi chiede il ripristino della regola modificata proprio per favorirlo e rendere possibile la sua corsa (persa, ma con ottimi numeri, sbaragliando non solo le figurine di Tabacci e Puppato, ma tramortendo Vendola). Fu anche l'unica cosa modificata a suo favore, che per il resto, ricordiamo i cavalli di frigia messi su per ostacolare la corsa del rottamatore (le pre iscrizioni prima del voto, il divieto di votare al ballottaggio se non si aveva votato al primo turno, con scene decisamente imbarazzanti ai gazebo...).
Vabbè, andò come tutti sappiamo. Bersani prese il 60% dei voti e si avvio a sbagliare la partita della vita, col famoso calcio di rigore a porta vuota, da li' a due mesi...
Renzi è lì che glielo ricorda ogni due per tre...
Resta quella che a me sembra una contraddizione, che alimenta i dubbi crescenti che nutro da un po' verso un personaggio che il camerlengo ha invece sostenuto fin dagli esordi ( recensii il suo primo libro, dedicandogli ben 4 post ! chi vuole li trova nell'archivio del blog ) .
Renzi sembra pericolosamente portato a dire bianco o nero a seconda dell'opportunità del momento. Lungi da me pretendere coerenza, specie da un politico, ma non vorrei che anche le tante cose dette - e scritte - agli esordi fossero solo "tattica".
IL PARTITO DEMOCRATICO
Pd, intesa e polemiche sulle primarie
Renzi: «Instabilità? Non sia una scusa»
Impasse sulle regole: l'Assemblea si blocca sull'automatismo tra segretario e candidato premier. Primarie l'8 dicembre
Guglielmo Epifani (Di Vita)
Caos all'Assemblea del Pd: prima sono state approvate le nuove
regole proposte dalla commissione per il congresso e contenute in un
documento in forma di raccomandazioni. Poi l'Assemblea è stata sospesa a
causa di un durissimo scontro sulle modalità di voto e sul cambiamento
dello statuto. Il documento era stato approvato con 378 sì, 74 no e 24
astenuti. Dopo settimane di discussioni, ipotesi e scontri sulle regole e
le date del congresso del partito, nel Pd sembrava dunque arrivare un
po' di chiarezza. Ma subito sono spuntate nuove polemiche e disaccordi.
La novità più forte contenuta nella bozza di regolamento - presentata
nella notte - è che salta l'automatismo tra segretario e candidato
premier del partito. Ed ecco la «road map»: tenere l'8 dicembre le
primarie per eleggere il segretario, il 27 settembre la direzione
nazionale che approva il regolamento e di fissare all'11 ottobre il
termine per presentare le candidature. Nel regolamento è previsto anche
che il candidato alla presidenza del Consiglio sia scelto attraverso
primarie di partito o di coalizione alle quali possano essere candidati,
oltre al segretario, anche altri iscritti al Pd. Sono proprio questi i
nodi più difficili da sciogliere. L'Assemblea è stata infatti sospesa
verso le 13.
LAVORI SOSPESI - I lavori dell'Assemblea del Pd sono stati
sospesi per una mezz'ora. Il nodo è il voto delle modifiche allo statuto
conseguenti all'approvazione delle nuove regole proposte dalla
commissione congresso. Una parte dei delegati, infatti (in particolari
bindiani e veltroniani) hanno chiesto di votare per parti separate le
modifiche dello statuto, esprimendo, in pratica, un voto solo sulla
parte che cancella l'automatismo segretario-candidato premier (al quale
sono contrari) e uno su tutto il resto dei ritocchi allo statuto. Di
fronte alla eventualità di un voto per parti separate i bersaniani si
rifiuterebbero di votare il documento delle regole, alla base
dell'accordo raggiunto a fatica nella notte.
Matteo Renzi (Ansa)
POLEMICHE SULLA DATA - A dividere i democratici, dalla mattina, è
stata anche la data proposta da Epifani per le primarie: l'8 dicembre.
Il primo a fare dell'amara ironia è Renzi: «Prima era il sette novembre,
poi il 15 dicembre. Basta che non sia a Natale, abbiamo già perso
l'Immacolata Concezione», ha detto il sindaco di Firenze. «Da qui a 15
giorni chi vorrà candidarsi dovrà uscire allo scoperto», ha aggiunto.
Più duro il deputato renziano Davide Faraone che su Twitter è lapidario:
«Otto dicembre. I "culi di pietra" voteranno di sicuro, i cittadini
"normali" vediamo. Hanno l'idea di un partito per pochi intimi». «La
data del congresso è compatibile con festa dell'Immacolata». ha detto
invece Stefano Fassina arrivando all'assemblea nazionale Pd presso
l'Auditorium Conciliazione. Sule regole che si daranno oggi Fassina
aggiunge: «Un congresso serve a discutere, è fondamentale la
partecipazione degli iscritti. Si è trovato un punto d'incontro con il
protagonismo dei circoli».
BERSANI: «PREOCCUPATO» - Pier Luigi Bersani non ha nascosto la
sua «preoccupazione» per l'applicazione delle nuove regole del
congresso, visti i tempi ristretti da qui all'8 dicembre. «Invece di
impuntarsi sulla data sui sarebbe potuto riflettere meglio sulle
modalità per snellire le procedure e probabilmente si sarebbe arrivati
comune all'8 dicembre» ma con un meccanismo più fluido, ha spiegato l'ex
segretario del Pd a margine dell'assemblea del partito. «L'accordo
comunque va bene, superare l'automatismo delle figure di segretario e
candidato premier va bene, che ci siano prima i provinciali va
benissimo», ha assicurato. Sull'assemblea pd arriva intorno a
mezzogiorno la battuta del ministro degli Interni e vice premier
Angelino Alfano. A proposito della nascita di Forza Italia dice: «Vedo
un grande entusiasmo. Paragonatelo alla noia mortale dell'assemblea del
Pd che discute di data del congresso, di regole. Una roba da fare
addormentare anche dopo dieci caffè».MARINI: «NO A PARTITI PERSONALI» - Intanto Franco Marini ha chiesto al Pd di non diventare un partito personale e a Matteo Renzi di rinunciare, in caso diventi segretario, a candidarsi anche premier. «Il segretario che esce da questo congresso deve prendere la croce di guidare il partito per quattro anni», ha detto all'assemblea nazionale Pd, e «se vince Renzi, si prende la croce di guidare il partito per quattro anni». Marini ha poi messo in guardia sulla natura stessa del Pd: «Cancelliamo dalla nostra storia e dal nostro futuro ogni tentazione di partito personale», ha chiesto.
RENZI: «CRISI ANCHE NOSTRA» - «Sono qui per dirvi che sogno un partito democratico che abbia l'ambizione di governare il Paese e, lo dico a Fassina, di governare l'Italia da soli» perché «la linea la dobbiamo dare noi». Con queste parole Matteo Renzi ha aperto il suo intervento all'Assemblea del Pd. Subito dopo l'ammissione: «La crisi non è crisi del modello della destra, cui dobbiamo corrispondere con la nostra proposta. La crisi» della politica «interpella tutti noi. In questi 20 anni abbiamo governato anche noi, ci siamo stati anche noi. Se non siamo in grado di interpretare il cambiamento è un nostro problema». «Se dovessi essere sconfitto - ha detto ancora il sindaco di Firenze in corsa per la segreteria del partito - sarei in prima fila, accanto a Gianni» Cuperlo.
IL SINDACO E IL GOVERNO - C'è anche un riferimento diretto di Renzi al governo e al premier Enrico Letta: «Mi rivolgo a Enrico, che va sostenuto, ma dire che sullo sforamento del deficit-Pil che "compito del governo è farsi carico di un problema che deriva dall'instabilità politica" è ingiusto. È antipolitica. In politica nessuno si prende mai la colpa - ha spiegato il sindaco di Firenze -. Ieri il presidente del Consiglio ha spiegato perché abbiamo sforato i limiti sostenendo che è colpa dell'instabilità. O si ha il coraggio di mettere in discussione il limite del 3%, cosa che fanno anche molti economisti, da Krugman in giù, o si sostiene che ora si rimetteranno le cose a posto e si rientra nel parametro. Sono due atteggiamenti giusti. Non è giusto invece dare la colpa all'instabilità. È questo che crea l'antipolitica, dare sempre la colpa a qualcun altro».
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