martedì 12 novembre 2013

CON LA SCISSIONE DEL PDL. EMERGE DEFINITIVAMENTE IL FALLIMENTO DI FUSIONI TRA IDEE DIVERSE. UN ESEMPIO ANCHE PER IL PD ?


Ho già accennato il mio pensiero in merito ai governativi o traditori che dir si voglia, come vengono diversamente definiti Alfano e soci. Plauditi da tanti come rappresentanti di una destra migliore, responsabile, non asservita al capo, io obietto che tutto questo va bene SE  questi signori avessero ricevuto un mandato e comunque un consenso popolare. Che invece, allo stato, MANCA. 
L'esperienza di Fini è troppo recente per non essere d'esempio.
Quando nel 2009 l'ex capo di AN si ribellò alla "dittatura" berlusconiana, sfidandolo con il famoso "che fai, mi cacci ?" (detto, fatto) , aveva una storia trentennale dietro di sé, un consenso stimabile in un 10% di voti , anche se poi i suoi colonnelli storici non lo avrebbero seguito nel distacco dal PDL. 
Ebbene, alla prova delle urne, nonostante i ben 3 anni di tempo avuti per organizzarsi, la visibilità mediatica iniziale, molto forte, perché Presidente della Camera molto attivo ( che non è una bella cosa per una carica istituzionale ma questo fu) e soprattutto perché  il Bruto designato a uccidere il dittatore della Repubblica !, Fini è stato letteralmente spazzato via. Lui e i suoi. Unico sopravvissuto, quel peripatetico di Della Vedova, salvato al Senato. Degli altri, NESSUNO. E devo dire che sono BELLE cose.
Ora tocca ad Alfano, che rispetto a Fini non ha nemmeno una sua storia. Nasce con Forza Italia, emerge con il PDL, esiste in quanto espressione del Cavaliere. Il figlioccio, il delfino (l'ennesimo...).
Ma appunto, anche Bruto lo era di Cesare, e poi Freud ci ha spiegato che per diventare adulti bisogna uccidere il padre. Quindi, nulla di nuovo. Però anche qui, questa gente che voti ha ? 
Nessuno lo sa con certezza. I sondaggisti quotano l'elettorato fedele a prescindere a Berlusconi attorno al 15%. Il PDL ha preso alle ultime elezioni il 21,5.... Non solo, alle ultime politiche in diversi si sono presentati confidando di drenare il voto dei delusi berlusconiani , che in effetti sono stati tantissimi , oltre 6 milioni di voti persi, ma il risultato è stato  alla fine deludente  per Scelta Civica, che ora nei sondaggi peggiora, con Monti ormai politicamente finito,  e disastroso per UDC, Futuro e libertà di Fini (come detto), e anche per la novità liberale di FARE (che personalmente ho votato), che certo avrà anche subito il contraccolpo dell'affaire Giannino, ma che magari invece dell' 1,2%  avrebbe potuto che so, prendere il doppio dei voti ?, il triplo ? In Parlamento non entravano lo stesso. 
Insomma, come scrivono da sempre i più accorti, finché Berlusconi è in lizza, le chiavi della  cassaforte della maggiorana dei  voti del centro destra ce le ha LUI.
E del resto questa cosa Alfano & Co, hanno mostrato di saperla molto bene nel 2012, quando, dopo aver tanto dissertato sulle primarie da copiare a quelli di sinistra, polemizzando anche fortemente con il vecchio leader, si sono tutti riallineati obbedienti appena il Cavaliere ha comunicato che si sarebbe ripresentato alle elezioni. TUTTI , che anche la Meloni, La Russa che hanno costituito Fratelli d'Italia si sono comunque coalizzati con il PDL, e bene hanno fatto se no col cavolo che sedevano ancora in Parlamento.
Ecco, l'obiezione in fondo sta tutta qui : Alfano, Cicchitto, Quagliarello, Lorenzin, Lupi, tutte o quasi brave persone, sarebbero oggi onorevoli se non si fossero ancora una volta accodati servili e silenti dietro il carisma elettorale (ridotto ma ancora efficace, tanto da "pattare" una partita data da tutti per persa) ?
A me stanno (stavano forse è più corretto) simpatici sia Angelino che Quagliarello, ma quest'ultimo, per esempio, quanti voti vale ? Pochi credo, io, MOLTO pochi. E allora non va bene, a meno che non si rifacciano le elezioni, e questa brava gente forma un suo partito, movimento, lista, quello che vogliano, e si MISURANO, vedendo quante persone li seguono. Magari la loro sorte sarà migliore di quella di Fini, ma secondo me il timore che quel pericolo sia grande ce l'hanno eccome. 
Quantomeno hanno bisogno, loro come altri, che le condanne penali esauriscono di fare il loro effetto, neutralizzando per sempre il Berlusconi politico, e poi giocarsi le proprie carte.
Alla crisi del PDL, alla scissione prossima ventura, dedica una sua riflessione Ostellino, commentando come l'impresa del Cav era obiettivamente impervia : la rivoluzione liberale in Italia, che pure affascinò tanti nel 1994, non è nelle corde maggioritarie di questo paese, come non lo è il socialismo. 
Nel carrozzone del centro destra sono entrate forze anti sinistra che però con l'avversario avevano probabilmente più punti in comune di quanti ne avessero con le idee veramente liberali : meno Stato, meno Tasse, più libertà individuale, meno assistenzialismo, più meritocrazia. 
Quanto varrebbe un partito veramente, unicamente liberale nel nostro paese, un domani che non ci fossero più i ricatti del voto "utile" perpetrati dalla DC prima e dal Cav poi in funzione anti sinistra ? 
Una domanda a cui avrei un po' paura a verificarne la risposta.
Ciò posto, chissà se questo momento di chiarezza, dove anime tenute insieme per forza riprendono la loro libertà e strada, che si annuncia nel PDL sarà preso ad esempio nel PD ?
Che anche lì, non è che le differenza tra un Fassina e un Renzi, un Civati e un Fioroni, per non parlare dei vecchi leader del passato (come Veltroni e D'Alema), siano proprio poche...
Vi lascio  all'articolo di Ostellino




"Quel vestito strappato, metafora di un Paese"
 
Le divisioni nel Popolo della libertà, fra governativi e antigovernativi, riflettono la spaccatura, nel Paese, fra cultura statalista, populista e burocratica (maggioritaria) e cultura individualista, libertaria e antiburocratica (minoritaria). È una frattura generata dal modo in cui è nata e si è sviluppata successivamente la Repubblica, sotto l’influsso dell’eredità fascista, del collettivismo comunista e del solidarismo cattolico di sinistra e che si manifesta ora anche nel centrodestra. Berlusconi ha disegnato il Pdl sull’analogia giolittiana fra l’uomo politico e un sarto. Chiamato a vestire un gobbo — il Paese a cultura statalista, burocratico-populista — ha confezionato una giacca con la gobba: il Pdl, all’interno del quale, fra le due sue anime, pare destinata a prevalere quella statalista, burocratico-populista. Né frattura e divisioni paiono sanabili col ritorno a Forza Italia — un’operazione di marketing comunicazionale — per la contraddizione che non lo consente. Non è casuale che i governativi si dicano «lealisti» e che gli antigovernativi siano definiti «traditori» (verso il Cavaliere). Forza Italia era nata come un movimento che si appellava all’Italia individualista, antiburocratica e produttiva. Sotto l’influsso delle vicende personali del suo padre-padrone, e della parte arretrata del Paese, ha subito un’involuzione populista, statalista, burocratica. Berlusconi ha combattuto la cultura «ortopedica» e «pedagogica»; quella che conferiva allo Stato il compito di «raddrizzare il legno storto dell’umanità» e di creare l’«uomo nuovo». Ma è, però, uno statalista. Non nella versione liberale della Destra storica, bensì in quella che della tradizione liberale è la negazione. È uno statalista soprattutto per interesse personale; si ritiene più garantito dai guai giudiziari e rispetto alla magistratura che ne ha fatto un cavallo di battaglia. Berlusconismo e antiberlusconismo sono le due facce di una stessa storia: l’«autobiografia della nazione» della quale aveva parlato Piero Gobetti all’avvento del fascismo.
Il rovesciamento dell’attuale rapporto fra Stato e cittadino — nell’ipotesi berlusconiana, lo Stato doveva servire il cittadino, non viceversa — avrebbe dovuto produrre una nuova classe politica e un’altra politica. Non è accaduto nulla di quanto, troppo ottimisticamente, preventivato. Non sono nate una classe dirigente, un’altra politica e neppure si è sviluppata una cultura politica diversa da quella egemone. «Le strutture di mediazione politica sono rimaste insufficienti, mentre il Cavaliere, non riuscendo a ottenere successi immediati e decisivi che aveva promesso, si è logorato visibilmente» (Giovanni Orsina: Il Berlusconismo , ed. Marsilio). Machiavelli lo aveva già detto: «Gli regni i quali dipendono solo dalla virtù d’uno uomo, sono poco durabili, perché quella virtù manca con la vita di quello e rare volte accade che la sia rinfrescata con la successione». In fondo, è — per la successione a Berlusconi — il senso delle divisioni, e delle lotte fra governativi e antigovernativi, fra lealisti e traditori, nel Popolo della libertà di questi giorni.

3 commenti:

  1. DANIELE ZAMPIERI

    Ottima riflessione. Concordo su tutto quanto, anche, purtroppo per tutti noi, sulla domanda che lascia evasa sul valore elettorale di un partito veramente liberale, la risposta della quale, sarebbe poco, molto poco (non penso che allo stato attuale si riescano a superare le soglie previste per Camera e Senato). E questo mi porta a pormi una domanda ancora più amara: come si può CAMBIARE lo stato attuale delle cose, evitando il populismo e la demagogia imperante? Secondo lei, dopo le sue parole e le sue riflessioni, quale futuro possiamo avere in questo panorama politico? Come possiamo balzare alla cronaca o far si che si accendano i riflettori sulle nostre istanze?

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    1. Gentile Daniele

      intanto la ringrazio per le belle parole.
      Venendo alle sue domande il futuro prossimo si appalesa piuttosto fosco perchè la mia personale sensazione è che le idee liberali, faticose sempre in quanto richiedono, a differenza della convinzione comune, un impegno di responsabilità individuale gravoso, che non suona gradito ai più. Specie poi quando il sistema economico è in sofferenza, manca il lavoro e la gente baratta facilmente la libertà con la protezione statale. Che poi sia questa ricetta a causare ed aggravare il male, resta la nostra convinzione, rifiutata dai più. Insomma, se è vero, come credo, che la sinistra storica, quella comunista e oggi sindacalista e collettivista, sia tuttora minoranza nel nostro paese, come del resto anche le ultime elezioni dimostrerebbero, i liberali veri sono ancora meno.
      Naturalmente spero di sbagliare.

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  2. MAURIZIO VIDOLI

    Sempre sagage, profondo e pragmatico.

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