domenica 15 dicembre 2013

AGENDA RENZINO : PRIMO POSTO LEGGE ELETTORALE


Fare una nuova legge elettorale è importante (anche se non dà da mangiare...), specie ora che la Consulta ha tolto di mezzo il Porcellum che mai immaginavo avrebbe lasciato così tanti orfani ( in questo noi italiani siamo veramente privi del senso del ridicolo) e che ci ritroviamo un governo dalla salute assai precaria.  Renzi assicura che per tutto il 2014 di elezioni non si parla, ma intanto nessuno gli crede quando lo dice, e poi bisogna vedere le reazioni della parte moderata  della maggioranza all'"agenda renzina" . Ininfluente certo alla Camera (dove, proprio grazie al decapitato maialino il PD, con lo 0,37% in più si ritrova una bonus di 200 deputati...), il  NCD di Alfano, ma anche il centro di Monti, Mauro e Casini, divisi ma magari uniti nel contrastare una ipoteca   del PD sull'azione di governo, potrebbero alla fine mollare. Difficile, che hanno già dato ampia prova di apprezzare l'aria e l'arredo di Palazzo Chigi, però se la corda la si tira troppo, alla fine "la si spezza Matteo! ". Che poi, con ogni probabilità, è quello che vuole l'aspirante sostituto di Letta.
Insomma, meglio farla 'sta legge, che se no c'è il rischio di tornare a votare col proporzionale puro (tale è l'attuale sistema, decapitato del premio di maggioranza) .
Ciò premesso, e approfittando del bell'editoriale del solito Michele Ainis, che scrive di cose costituzionali e di diritto pubblico sul Corsera, mi concedo qualche riflessione anche alla luce dell'accordo di governo siglato in Germania tra CDU-CSU e SPD, approvato dal 76% dell'elettorato socialdemocratico.
Questi in tre mesi, che non sono pochi in assoluto ma rispetto a noi sono tempi da Bolt,  sono riusciti a risolvere il problema di una tornata elettorale dove nessuno aveva ottenuto la maggioranza assoluta (anche se la Merkel l'aveva sfiorata) , stipulando un'intesa sul programma delle cose da fare e sottoponendola ( i socialdemocratici, dall'altra parte si vede non usa) agli elettori che l'hanno votata. 
Roba da piangere per tutto il natale dall'invidia.
E lì c'è un sistema proporzionale puro, sostanzialmente, con il solo sbarramento del 5% per entrare in PArlamento (che i liberali NON hanno superato, rendendo quindi inevitabile la strada di una grande coalizione) .
Questo per dire che alla fine è la qualità delle persone che conta, e non le gabbie in cui si cerca di "correggerle".
Da quello che leggo, da noi si studia un sistema che "garantisca che la sera si sappia chi ha vinto e quello governa". Non c'è mica molto da studiare : basta dire che chi prende un voto in più a livello nazionale vince e si prende Palazzo Chigi. La Corte Costituzionale ha bocciato questa cosa, ma mica è detto che non si possa riproporla : basta cambiare qualche parola qua e là, abolire il Senato com'è adesso et voilà.
Ma così potrebbe governare anche un partito che ha preso solo il 20% dei voti ? Ebbé ? L'importante è che vinca !
Io ho scritto più volte di essere favorevole al maggioritario, perché ritengo giusto agevolare la governabilità, ma NON al punto di stravolgere fino all'annullamento il principio di rappresentanza (la vignetta a inizio post dice una verità segreta).
Che già Tocqueville aveva messo in guardia dai pericoli della dittatura della maggioranza, figuriamoci se a questa corrispondesse un quarto o  peggio un quinto degli elettori...
Vedo che anche Ainis si fa sedurre dal doppio turno, ma come lo descrive lui già si intravede qualche miglioramento.
Il premio di maggioranza viene previsto ma una soglia del 40% e con uno sbarramento serio anche per i partiti che partecipano alla coalizione (per evitare l'armata brancaleone di Prodi 2006, per capirci). Se nessuno ottiene il 40%, allora vanno al ballottaggio i due primi partiti. 
E' un compromesso accettabile, anche se faccio presente che l'unico paese al mondo che prevede la formula del doppio turno è la Francia, che adotta e lo bilancia col (semi)presidenzialismo. 
 


"UNA PROPOSTA RAGIONEVOLE"
 

Botte da orbi sulla legge elettorale, ma non è affatto una notizia. Discussioni bizantine sul «dove» (meglio cominciare dalla Camera oppure dal Senato?). Sul «come» (legge o decreto?). Sul «chi» (accordo di maggioranza o trattativa con le minoranze?). Sul «quando» (entro la Befana, dice Quagliariello; rischiando tuttavia una calza piena di carbone). E il «cosa»? E la sostanza delle nuove regole del gioco? Vattelappesca. Eppure la lezione è semplice, o forse siamo noi un po’ sempliciotti: la zuffa sulle procedure impedisce di procedere. Ma loro no, continuano imperterriti. S’almanaccano sul metodo perché non hanno idee sulmerito. E quando trovano un accordo di metodo, va a ramengo prima d’abbordare il merito. Anche qui, c’è un’esperienza fresca: la riforma della Costituzione. Per accorciare i tempi, la maggioranza delle larghe intese aveva messo in pista un veicolo speciale, un procedimento in deroga all’articolo 138. Risultato? Tempi più lunghi, abbiamo sprecato sette mesi. Perché nel frattempo si è sfilato Berlusconi, dunque in Parlamento mancano i due terzi necessari per evitare il referendum, che ci spedirebbe alle calende greche. E allora punto e a capo, con un gran mal di capo. La medicina? Non un proporzionale puro, da cui sboccerebbe un altro esecutivo impuro. Del resto questo sistema ce l’abbiamo già, dopo la sentenza costituzionale sul Porcellum. Quindi un maggioritario, dove però ci tocca scegliere tra un farmaco in commercio e un farmaco sperimentale. Il primo è il Mattarellum, somministrato agli italiani durante tre elezioni (1994, 1996, 2001), nonché invocato a furor di popolo (un milione e 200 mila firme) in un referendum del 2011 su cui la Consulta disse niet. Magari con qualche aggiustamento, per impedire il trucco delle liste civetta e per eleggere più donne in Parlamento (nel 2001 furono 88, il 9,2% del totale). Vantaggi: i partiti non dovrebbero spremersi le meningi per invent a r e n u ove s o l u z i o n i , r i schiando (loro e noi) la meningite. Svantaggi: con tre forze politiche pressoché alla p a r i , una simulazione di D’Alimonte attesta che non avremmo vincitori. Però non è detto. L’ultima volta non conoscevamo neppure la fotografia dei candidati, sicché abbiamo votato Grillo, Bersani, Berlusconi. Con il Mattarellum li guarderemmo in faccia, lasciando a casa gli sfacciati. Ma la governabilità verrebbe garantita in ogni caso attraverso la ricetta cucinata dai 35 cuochi assunti quest’estate dall’esecutivo Letta. Come? Con un doppio turno eventuale, chiamiamolo così. Premio di maggioranza (55% dei seggi) a chi guadagna almeno il 40% dei consensi. Tuttavia, per evitare coalizioni di nani e ballerine (Prodi docet), non concorrono a raggiungere la soglia i partiti sotto il 5%. E se nessuno vi riesce? Secondo turno tra le due forze maggiori, col divieto d’imbarcare nuovi commensali. Chi vince, vince il premio, e lo vince grazie a una scelta esplicita del corpo elettorale. Dopotutto il compito in classe non è così difficile, per i nostri scolaretti ripetenti. Ma c’è voluta la bacchettata d’un supplente (la Consulta), per avvisarli che la ricreazione è finita.

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