Credo che le feste natalizie giungano opportune per il neo segretario PD che magari, in famiglia, tace un po' e riflette, mettendo ordine e stabilendo veramente le priorità, che alla fine corre il rischio di impantanarsi ovunque, con il più grave degli insuccessi che potrebbe colpirlo : quello mediatico (che in fondo è lì che va forte). Guardiamo per esempio alla legge elettorale, che pure è SICURAMENTE un tassello fondamentale per Renzino, che comprensibilmente vuole tornare presto alle elezioni per conquistare Palazzo Chigi.
Personalmente, a vedere la mediocrità assoluta del governo Letta, che andrebbe anche bene in un periodo in cui amministrare il presente e tirare a campare sarebbe lecito (mai meraviglioso, ma tant'è), ho più volte detto che è meglio tornare a votare. In molti dicono che il risultato sarebbe lo stesso di febbraio ma io credo abbiano torto. Lo scenario è completamente cambiato, con Grillo che selezionerà diversamente i suoi candidati, e tanta gente che , a mio avviso, mollerà il comico genovese : quelli di sinistra, perché lo hanno visto poi chiuso ad alleanze per loro utili ( ricordate Bersani in ginocchio e loro a respingere offerte e prebende ? ), quelli di centro-destra (un terzo dei voti grillini) disgustati dall'approdo in aula di eletti a cui non affiderebbero nemmeno il parcheggio dell'auto. Quindi il M5S non ripeterà l'exploit, come TUTTE le elezioni amministrative successive a febbraio stanno dimostrando. Berlusconi non sarà candidabile e vedremo che alchimia inventerà per ottenere i voti (cosa nella quale è sempre stato molto abile). Nel PD c'è Renzi.
Certo, non c'è più il Porcellum, con il suo "favoloso" premio di maggioranza e con le liste bloccate.
Andare a votare oggi, secondo i più, comporterebbe - salvo che dalle motivazioni della sentenza della Consulta non emergesse l' inutilizzabilità dell'intera legge Calderoli - urne governate da un sistema proporzionale puro, e in questo caso effettivamente, com'è sempre accaduto con la Prima Repubblica tranne che nel 1948, un vincitore netto non potrà uscire, che entrambe le coalizioni maggiori sono lontane dal 40% , figuriamoci dal 50.
Quindi anche Matteo sa che nell'attuale situazione il voto è impossibile (per questo ha inveito tanto contro la sentenza della Corte, che le sentenze si rispettano quando sono "amiche"...) ; preme per la riforma ma qui, come ricorda Maria Teresa Meli nel suo articolo odierno sul Corsera, si rende conto che i problemi sono molteplici, quelli per i quali da 20 anni, cioè dall'affermazione del referendum Segni che bocciò il vecchio proporzionale, poi non siamo riusciti a trovare una legge considerata positiva. Sartori, ritenuto esperto della materia, ha battezzato entrambi i sistemi emersi applicando il "latinorum" (Mattarellum, Porcellum), e bocciandoli .
Ma è difficilissimo partorire una legge valida perché alla fine della fiera NON è questa la priorità (una norma efficace e corretta) quanto quella che giovi di più ( o nuoccia di meno) a LORO, ai vari partiti. E siccome non ci sono solo le differenze tra Destra e Sinistra, ma anche quelle tra partiti maggiori e minori, ecco che il cerchio non si quadra mai.
Del resto basta leggere l'intervista della Finocchiaro, una delle recenti rottamate (né lei né la Bindi sono più nella segreteria nazionale del partito, raggiungendo tra i defenestrati D'Alema e Veltroni, che però furono più eleganti uscendo prima e da soli ).
Alla domanda se le piacesse il Mattarellum corretto di cui in molti parlano, ha risposto :
«È la mia proposta depositata a maggio. Però andava bene prima che nascesse la destra di Alfano il cui arrivo abbiamo salutato con favore sulla strada di una destra moderna. Ecco, il Mattarellum sarebbe un regalo per Berlusconi e significherebbe la morte politica di Alfano».
Mi scusi Finocchiaro, e chissene frega non ce lo mette ?
Nel senso che se un sistema è valido, lo si adotta, non è che lo si lascia cadere perché non va bene a tizio o a caio.
A questi problemi , storici, adesso se n'è aggiunto un altro, GRANDE.
Renzi è il segretario del PD ma NON (nel senso che non li dirige) dei gruppi parlamentari che sono espressione, per la grande maggioranza, della vecchia segreteria. In questo il sindaco è stato sciocco, che per non far vedere che lui "inciuciava", dopo aver perso le primarie del 2012 con però un risultato assolutamente lusinghiero (il 40% dei voti, Cuperlo e Civati nemmeno sommandosi ci sono arrivati...) avrebbe potuto pretendere un maggior numero dei suoi in Parlamento. Invece ha fatto il superiore, e quindi, nonostante l'assalto al carro del vincitore cui come al solito si è assistito, i renziani, doc e di ultima leva, sono ancora minoranza nei gruppi.
E sono questi ultimi che fanno le leggi ! NON SOLUM, sed etiam dicevano i padri latini, il voto per la legge elettorale è a scrutinio SEGRETO.
Ebbene, se per Prodi (ma anche per Marini ) sono spuntati più di 100 franchi tiratori, ve lo figurate il momento di approvare una legge "non gradita" alla vecchia dirigenza, oltretutto con la prospettiva che una volta varata si potrebbe tornare al voto, e tanti peones il Parlamento lo rivedrebbero col binocolo ???.
La chiosa della Finocchiaro nell'intervista detta se non è una minaccia è più di un memento :
"Nella nostra storia, i gruppi parlamentari non sono solo gli esecutori istituzionali di scelte politiche che vengono adottate senza ascoltarli. Non siamo amanuensi. I gruppi non potranno essere accantonati, andranno anche ascoltati. Fare leggi non è così facile come comunicare. Gli slogan spesso sono efficaci. Ma poi bisogna trovare le maggioranze in Parlamento».
Buon Natale Renzino.
Di seguito, un articolo di Mattia Feltri de La Stampa che fa un veloce excursus sui vari sistemi e sulle ragioni dei veti incrociati che da 20 anni si rincorrono in questa materia. Apprezzabile, in particolare, il ripristino della verità storica del Porcellum.. NON è vero che Calderoli definì la SUA legge una porcata, piuttosto ciò che era emerso dalle modifiche parlamentari.
Per l’addio al Porcellum
a lezione dal Bhutan
Vent’anni di dibattiti inutili: altrove soluzioni lampo
8 Righe: tante sono quelle di cui è fatta la legge elettorale utilizzata in Bhutan Nella foto il governo eletto
Il bello è che ancora non hanno capito - o
non si ricordano - che la desinenza -um fu applicata nel 1994 dal
professor Giovanni Sartori in senso di spregio: «L’efficacia di un
sistema uninominale si dispiega collegio per collegio. Se abbiamo cento
collegi e se in ciascuno vince il candidato di un partito che vince
soltanto lì, avremo un parlamento con cento partiti». Perciò:
Mattarellum. Nome volutamente pomposo per un sistema da due soldi,
nell’opinione del professore.
Si avanzava già allora il sospetto che la legge elettorale c’entrasse, ma c’entrasse meno del nostro organismo politicamente modificato, forte davvero di cento partiti, tutti con pretesa di agibilità. Ecco perché da noi si discute fino alla fine dei tempi di riforme e sistemi, e se ne viene a capo di rado. Nel 1995, per esempio, nacque il Tatarellum, legge maggioritaria per le Regioni che funziona tuttora ma intanto se la sono risistemata a piacimento - sebbene in un paio di casi con semplici ritocchi - la Puglia, la Calabria, la Sicilia, la Toscana, la Campania, le Marche, il Friuli e la Lombardia.
Il Mattarellum se ne andò sostituito dal Porcellum, altro nome coniato da Sartori. Era successo che l’ideatore della legge, Roberto Calderoli, avesse detto a Matrix che ormai era ridotta a una porcata. Non era un’autodenuncia: intendeva che gli interventi sul testo originale erano stati tali e talmente numerosi da imbastardirlo irrimediabilmente. Infatti le recenti dichiarazioni di incostituzionalità riguardano due aspetti non previsti da Calderoli: il premio di maggioranza e le liste bloccate (cioè la soppressione delle preferenze), che Calderoli stesso attribuisce agli interventi di Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Se oggi si andasse a votare, si andrebbe con quella definibile come la parte migliore del Porcellum, diciamo un Culatellum. Neanche a pensarci: non lo vuole nessuno, nonostante si discuta di nuova legge elettorale dal giorno in cui saltò fuori il Porcellum, cioè dal 2006. Sette anni e mezzo di nebbia, dentro la quale si sono intuite ombre fugaci con le sembianze di proposte. Appena il dibattito si infittisce, le idee proliferano. Si parla di metodo spagnolo, metodo tedesco, metodo tedesco-spagnolo (l’ultimo è stato Ferruccio Paro ai tempi del Pdl), metodo francese, con revisione dello sbarramento, si sono viste la bozza Malan, la bozza Bianco, la bozza D’Alimonte, il nuovo lodo Calderoli (soltanto per elencare i lavori recenti), e poi proposte di ritorno al proporzionale (cioè il Culatellum), doppi turni, premi di maggioranza. Secondo l’ultimo censimento, alle Camere risiedono ventisei diversi disegni di legge, intanto che leader e semi-leader si incontrano dietro agli angoli o nottetempo raggiungendo intese destinate a evaporare.
Il più attivo, Matteo Renzi, è partito dalla legge dei sindaci ed è passato al Matteum (Mattarellum con correzione) per arrivar al Matteum bis (Mattarellum con correzioni ulteriori). Sembra alla ricerca dell’ingranaggio che meglio si adatti a lui ma, per sua disgrazia, è l’esigenza di molti: ciascun partito blocca e rilancia in base a ragioni di sopravvivenza. E forse ci prende Renato Brunetta quando sul Mattinale sostiene che si arriverà al Perfettissimum, il sistema di chi punta a non fare le elezioni «né oggi né mai». Anche se noi siamo per Bhutanellum, cioè la legge del Bhutan raccontata benissimo sul blog Portmeirion. Nel Bhutan - paese asiatico a nord-est dell’India - succede che a un certo punto il re dichiara superata la monarchia e abdica, invitando i più lucidi cervelli del paese a studiare una tecnica elettorale. E costoro producono una legge di otto righe: al primo turno si presentano tutti i partiti senza candidati, per un voto di lista. I due partiti più votati accedono al secondo turno, con 47 candidati nei 47 collegi; in pratica 47 miniballottaggi, con risultato di una maggioranza certa. Ma noi non siamo mica il Bhutan.
Si avanzava già allora il sospetto che la legge elettorale c’entrasse, ma c’entrasse meno del nostro organismo politicamente modificato, forte davvero di cento partiti, tutti con pretesa di agibilità. Ecco perché da noi si discute fino alla fine dei tempi di riforme e sistemi, e se ne viene a capo di rado. Nel 1995, per esempio, nacque il Tatarellum, legge maggioritaria per le Regioni che funziona tuttora ma intanto se la sono risistemata a piacimento - sebbene in un paio di casi con semplici ritocchi - la Puglia, la Calabria, la Sicilia, la Toscana, la Campania, le Marche, il Friuli e la Lombardia.
Il Mattarellum se ne andò sostituito dal Porcellum, altro nome coniato da Sartori. Era successo che l’ideatore della legge, Roberto Calderoli, avesse detto a Matrix che ormai era ridotta a una porcata. Non era un’autodenuncia: intendeva che gli interventi sul testo originale erano stati tali e talmente numerosi da imbastardirlo irrimediabilmente. Infatti le recenti dichiarazioni di incostituzionalità riguardano due aspetti non previsti da Calderoli: il premio di maggioranza e le liste bloccate (cioè la soppressione delle preferenze), che Calderoli stesso attribuisce agli interventi di Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Se oggi si andasse a votare, si andrebbe con quella definibile come la parte migliore del Porcellum, diciamo un Culatellum. Neanche a pensarci: non lo vuole nessuno, nonostante si discuta di nuova legge elettorale dal giorno in cui saltò fuori il Porcellum, cioè dal 2006. Sette anni e mezzo di nebbia, dentro la quale si sono intuite ombre fugaci con le sembianze di proposte. Appena il dibattito si infittisce, le idee proliferano. Si parla di metodo spagnolo, metodo tedesco, metodo tedesco-spagnolo (l’ultimo è stato Ferruccio Paro ai tempi del Pdl), metodo francese, con revisione dello sbarramento, si sono viste la bozza Malan, la bozza Bianco, la bozza D’Alimonte, il nuovo lodo Calderoli (soltanto per elencare i lavori recenti), e poi proposte di ritorno al proporzionale (cioè il Culatellum), doppi turni, premi di maggioranza. Secondo l’ultimo censimento, alle Camere risiedono ventisei diversi disegni di legge, intanto che leader e semi-leader si incontrano dietro agli angoli o nottetempo raggiungendo intese destinate a evaporare.
Il più attivo, Matteo Renzi, è partito dalla legge dei sindaci ed è passato al Matteum (Mattarellum con correzione) per arrivar al Matteum bis (Mattarellum con correzioni ulteriori). Sembra alla ricerca dell’ingranaggio che meglio si adatti a lui ma, per sua disgrazia, è l’esigenza di molti: ciascun partito blocca e rilancia in base a ragioni di sopravvivenza. E forse ci prende Renato Brunetta quando sul Mattinale sostiene che si arriverà al Perfettissimum, il sistema di chi punta a non fare le elezioni «né oggi né mai». Anche se noi siamo per Bhutanellum, cioè la legge del Bhutan raccontata benissimo sul blog Portmeirion. Nel Bhutan - paese asiatico a nord-est dell’India - succede che a un certo punto il re dichiara superata la monarchia e abdica, invitando i più lucidi cervelli del paese a studiare una tecnica elettorale. E costoro producono una legge di otto righe: al primo turno si presentano tutti i partiti senza candidati, per un voto di lista. I due partiti più votati accedono al secondo turno, con 47 candidati nei 47 collegi; in pratica 47 miniballottaggi, con risultato di una maggioranza certa. Ma noi non siamo mica il Bhutan.
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