lunedì 16 dicembre 2013

L'EUROPA CHE SI AVVIA ALLA BOCCIATURA DI GIUGNO. TANTO LA COLPA SARA' DEI "POPULISTI"


Pierluigi Battista, nota penna del Corriere della Sera, si aggiunge alla schiera degli euroscettici...
In realtà non è vero, è un'europeista convinto. come lo sono Angelo Panebianco, Sergio Romano, Davide Giacalone e l'elenco potrebbe continuare, tutta gente che critica con durezza QUESTA EUROPA, e non l'idea federativa.
Da tempo l'edificazione dell'Unione ha perso slancio ideale. Forse perché quello che si poteva fare con la buona volontà era stato fatto e adesso iniziavano ostacoli pratici difficili, particolarmente ostici per un edificio che doveva mettere insieme paesi con storie, tradizioni e LINGUE diverse (Sartori, ma non solo lui, lo ricorda sempre : come si può pensare ad uno Stato unitario laddove i suoi cittadini nemmeno si capiscono ? ). Resta che il processo di unificazione politica si è arrestato, l'Unione non ha politiche fiscali comuni, non parliamo poi della difesa e della politica estera dove Babele era un posto ordinato al confronto. E' è stato portato avanti la sola regolamentezione economica - finanziaria, prima col serpente monetario, poi l'EURO, la geniale invenzione di una moneta unica senza uno Stato unitario.
Esautorate le banche centrali con la costituzione di una unica a Francoforte (scelta non a caso una sede tedesca). Le leggi europee non vengono fatte dal Parlamento eletto, ma dalla Commissione, una sorte di direttorio che emana regolamenti vincolanti.
Una Eurocrazia, che finché dispensava pace e benessere alla fine andava bene anche nella sua scarsa democraticità, ma ora che il secondo aspetto è venuto meno, non regge più.
Ebbene, a fronte della critiche sempre più vibranti, alle proteste di piazza, alla crescita dei movimenti ostili a QUESTA Europa, i governi, compresi il nostro, che fanno ?
Se la prendono col "populismo" e con quelli che se ne mettono alla testa.
Un bel modo per scambiare l'effetto con la causa...
Buona Lettura 

"L’Europa sbagliata contro il «populismo»" 

 
E’ davvero stupefacente come le classi dirigenti europee, e quella italiana in particolare, stiano andando incontro al disastro senza un soprassalto di coscienza, di orgoglio, di allarme autentico. Un giurista come Giuseppe Guarino, un novantenne che conosce alla perfezione i meandri e le astuzie dell’establishment e alla cui dottrina si sono abbeverati molti esponenti dell’elite finanziaria e politica europea, scrive un lungo saggio (meritoriamente pubblicato in versione integrale dal Foglio) in cui svela il perverso codicillo regolamentare che ha espropriato gli Stati nazionali della loro sovranità politica. Ma le classi dirigenti lo ignorano, fanno finta di niente, snocciolano preventivamente il loro rosario di invettive virtuose contro il «populismo»per deplorare il plebiscito antieuropeo che uscirà inesorabilmente dalle urne, a Parigi come a Roma, ad Amsterdam come a Berlino, il prossimo giugno.
Perseverano nell’errore che ha fatalmente fatto nascere angusta e monca la nuova moneta unica. Un tempo la pubblica riprovazione andava contro gli «euroscettici», adesso il bersaglio nuovo sono i «populisti». Era «euroscettico» ed è «populista» chi nutre qualche perplessità su quell’unicum della storia che è una moneta senza Stato. I sacerdoti della dottrina europeista non ammettono discussione. La parola «democrazia» suscita in loro timore e finanche ripugnanza. Non sanno accettare il fatto che ogni volta che ha potuto votare, il popolo «populista» non si è mai mostrato entusiasta con i burocrati di Bruxelles. Se economisti ed intellettuali osano dissentire dal pensiero unico del dogmatismo che ha sinora sorretto la costruzione di un’Europa sbiadita e priva di passione, il silenzio delle classi dirigenti costringe alla marginalità e all’irrilevanza qualunque critica demonizzata come «populista». Populista Guarino? Populista Hans Magnus Enzensberger che ha scritto un libro come «Il mostro buono di Bruxelles» (pubblicato in Italia da Einaudi) e che demolisce l’opera di quell’esercito di «40 mila impiegati» che nei gangli di una mega-burocrazia senz’anima sta spegnendo nei cittadini europei ogni partecipazione emotiva alle istituzioni di un continente oramai reso marginale negli equilibri del mondo? Populista chi assiste sgomento a un’Europa che non conosce una parola in comune sui grandi drammi internazionali, che in Siria e in tutti i crocevia della crisi mondiale non ha voce in capitolo, inutile, trascurabile, gregaria? Ma le classi dirigenti europee non vogliono più discutere. Preparano le geremiadi del giorno dopo, quando le urne di giugno daranno risultati catastrofici per chiunque si ostina a credere all’Europa. Non accennano a un minimo di consapevolezza autocritica. Vedono sgretolarsi una costruzione nata con fondamenta fragili e precarie. E se la prendono con un «populismo» che non sono nemmeno capace di definire. A piccoli passi verso il disastro. Senza reagire

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