Luca Mastrantuono, sul Corriere, dà spazio all'intemerata di Eugenio Scalfari a Barbara Spinelli, colpevole di aver attaccato e proprio su Repubblica, il giornale che resta per tutti la creatura dell'ultimo grande vecchio del giornalismo italiano (lo è, al di là delle opinioni sulle sue idee) , Giorgio Napolitano, notoriamente un amico di Barbapapà.
La mia simpatia per Barbara Spinelli è tale che quando questa passò da La Stampa a Repubblica io ne approfittai per fare una cosa che dovevo da tempo ma che dopo 30 anni di fedeltà mi riusciva non facile : smettere di acquistare il giornale della sinistra "moderna", "illuminata". In realtà avrei dovuto farlo molto prima, se non altro da quando era approdato Mauro come direttore. Ma c'erano ancora alcuni giornalisti che stimavo o a cui mi ero comunque abituato ( Diamanti, Berselli, Mura, tra i primi, Pirani, lo stesso Scalfari e altri, tra i secondi ) . La Spinelli fu la classica goccia.
Adesso mi diverte vedere le bacchettate che un quasi 90enne rifila ad una signora anch'essa decisamente attempata (67 anni), la quale, normalmente acida come l'aceto andato a male, stavolta invece prende e porta a casa. Almeno per il momento (ma forse il Fatto ospita una sua replica, che sarà da leggere...)
La chiosa di Mastrantuono è da condivisione letterale e totale : la scomparsa dalla scena mediatica del Cavaliere rompe un fronte e finito il pasto preferito, i "cani" adesso si mordono tra loro.
"Scalfari-Spinelli, fine di un idillio"
Ieri Eugenio Scalfari ha scomunicato Barbara Spinelli per le dure critiche al presidente Giorgio Napolitano. Spinelli è rea, scrive il fondatore di «Repubblica», di conoscere «poco o nulla» della Storia d’Italia, «quando pensa e scrive che la decadenza cominciò negli anni Settanta del secolo scorso e perdura tuttora». Questo Paese — Scalfari ha sentito il bisogno di ricordare — «è un Paese dove parte del popolo è incline e succube di demagoghi di ogni risma». Per questo, sostiene, è sbagliato credere che «il grillismo» vada «sperimentato», come auspica Spinelli (che assieme a altri intellettuali ha più volte appoggiato l’ipotesi di un’alleanza tra Pd e Beppe Grillo). Prima della condanna, ecco le prove d’accusa. Scalfari fa riferimento agli «appunti su Napolitano affidati alla “recitazione” di Marco Travaglio», contenuti nel libro Viva il re! (Chiarelettere), dove Spinelli racconta retroscena e particolari che riguardano gli scambi epistolari e il colloquio avuto di persona con il Presidente della Repubblica nel 2009: il Napolitano ritratto da Spinelli-Travaglio è una specie di imitazione di Maurizio Crozza. Scalfari, in nome del padre (di Barbara Spinelli), è però pronto a rimetterle questi peccati: «Ti assicuro che da questo momento in poi cancello dalla mia memoria quanto ho ora ricordato. Voglio solo pensare il meglio di te». E cioè? «Che sei la figlia di Altiero Spinelli», spiega prima di indicare la salvifica penitenza: «Ricordalo sempre anche tu e sarà il tuo maggior bene». Spinelli, raggiunta telefonicamente, non ha voluto commentare. Lei, che lasciò «La Stampa» nel 2010, perché giudicata troppo morbida con Berlusconi, passerà al «Fatto quotidiano»? «Non voglio dire assolutamente niente», risponde. È restata sorpresa dei toni di Scalfari e dal riferimento paterno? «Non voglio dire assolutamente niente».
Curiosità: nel libro di Travaglio (p. 25) è introdotta così: «Barbara Spinelli ben conosce il capo dello Stato perché figlia di Altiero Spinelli, politico e pensatore considerato uno dei padri dell’Europa unita, a cui Napolitano era legato da uno stretto rapporto di solidarietà politica». Gad Lerner, sul blog, ha parlato di «ramanzina impropria e di pessimo gusto», giudicando «sgradevole la sufficienza» di Scalfari verso Barbara Spinelli. Ma al di là delle «sgradevoli» questioni di genere patriarcale, il divorzio Scalfari-Spinelli, come lo scontro che Scalfari ebbe con Stefano Rodotà, è sintomatico di un cambiamento di schema: con Matteo Renzi, Enrico Letta, Napolitano e Grillo (che non sa politicamente dove andare), le carte si sono sparigliate. È finita l’egemonia politica-mediatica berlusconiana, ed è in crisi, sistemica, l’annessa e redditizia filiera antiberlusconiana. Il fronte unico anti-Cav non è più compatto, le battaglie «civili» sono intestine alla sinistra e spesso «incivili».
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