Sono settimane che con vari articoli Davide Giacalone sembra un matto che abbaia alla luna sul tema della rivalutazione delle quote di Banca d'Italia. Siccome l'uomo è tutt'altro che scemp, anzi, lo stimo tra gli osservatori più acuti e chiari del panorama informativo italico, mi domando come mai praticamente solo lui sollevi il problema.
Cerco di sintetizzare ma ammetto subito che la materia è ostica e non è affatto detto che abbia capito bene i termini del problema per cui confido che gli amici lettori, specie quelli di gruppi più sensibili alle cose dell'economia, possano correggermi e aiutarmi a comprendere meglio.
Come detto, il perno centrale della vicenda è la rivalutazione delle quote di Banca d'Italia, oggi ad un valore risibile. Giacalone non contesta questa cosa ma sostiene che le quote rivalutate debbano essere di proprietà pubblica e non attribuite a soggetti privati, in particolare, due delle nostre tre banche più grandi.
Tra l'altro, spiega sempre Giacalone, si tratta di classica furbata italica finalizzata a ricapitalizzare anche il portafogli delle suddette banche in vista della vigilanza europea su di esse, operazione non riuscita che la BCE ha fatto sapere che le quote di Banca d'Italia NON potranno essere iscritte per il valore rivalutato ma SOLO per quello anteriore a detta operazione.
Una figuraccia per nulla.
E questo aspetto mi è chiaro; meno il depauperamento dei cittadini italiani a favore degli Istituti di credito interessati.
Provo ad immaginare. Banca Intesa oggi ha quote di Banca d'Italia per diciamo 1 milione di euro. Grazie alla rivalutazione il suo portafogli varrà 1 miliardo. Nel caso volesse vendere le suddette dovrebbe offrirle alla Banca d'Italia che, se non avesse denaro per acquistarle, li chiederà-prenderà a noi cittadini contribuenti, che senza alcun vantaggio dalla detta rivalutazione, ci ritroveremmo invece un disceto, ennesimo salasso.
E questa sarebbe la ruberia denunciata dal giornalista.
Sempre che io abbia capito bene. Ho provato a cercare altrove altri ragguagli, ma come dice il "nostro", c'è un silenzio tombale sulla questione per cui non mi restano che gli amici lettori, cui chiedo aiuto.
Intanto, propongo la lettura di due dei vari articoli dedicati alla querelle dal bravo opinionista.
Silenzio tombale
Il silenzio continua, sulla sorte della Banca d’Italia. Un silenzio tombale. Escluso il disinteresse, può essere che a produrlo sia un cattivo interesse. Data la rilevanza del tema, vale la pena specificare non solo cosa non si deve fare, ma anche come si dovrebbe agire. Con una premessa: a questo punto, dopo la pessima partenza e dopo la bocciatura della Banca centrale europea, non credo che il ministro dell’economia possa restare al suo posto. Non è una questione personale, tanto che non c’è bisogno di riprodurne il nome, ma di credibilità e interesse nazionale.La rivalutazione di Bd’I deve essere fatta, ma sarebbe stato saggio non cancellare e semmai applicare la legge del 2005, che stabiliva la riacquisizione statale delle quote. Questo è il punto fondamentale: non esistono gli azionisti della banca centrale, perché nel 1936 erano intestazioni fiduciarie. Tanti tecnici rubati alle officine si sono mai chiesti perché, da Luigi Einaudi in poi, il governatore si rivolge all’assemblea indirizzandosi ai “signori partecipanti” e non ai “signori azionisti”? Perché non sono i proprietari, ma gli intestatari. Pubblici. Dopo le privatizzazioni bancarie si sarebbe subito dovuto ritrasferire le intestazioni. Ora, invece, suprema follia, si vuole trasferire il patrimonio. Il più ciclopico trasloco di ricchezza dalla mano pubblica (di tutti) alle (poche) mani private. Dunque: la rivalutazione va fatta, ma in capo ai legittimi proprietari, gli italiani. E al più alto valore possibile.
Questo significa che non si possono dare soldi alle banche, aiutandole prima che parta la vigilanza europea? Certo che si può, ma in modo pulito e lineare: si rivaluta, si monetizza (ad esempio con obbligazioni specifiche), poi si trasferisce denaro per aumento di capitale. Lo hanno fatto i tedeschi, i francesi, i belgi, gli inglesi, ma sempre mettendo in chiaro che i cittadini dovranno riavere quei soldi, quando sarà possibile restituirli. Altrimenti è una pratica predatoria.
Ma non ce lo chiede l’Europa? Da vecchio europeista sono stufo di questa sciocca eurosudditanza. Noi italiani abbiamo interesse al sistema bancario europeo e alla vigilanza europea, solo che dovremmo batterci per sostenere che: a. tutte le banche devono sottostarvi, comprese quelle che i tedeschi intendono sottrarre (le loro Landesbank); b. le banche di altri (tedeschi e francesi in testa) sono intossicate, con bilanci mal messi, non limpidi e con una vigilanza non severa, mentre le nostre sono “solo” sottocapitalizzate. Non è mica la stessa cosa! Il disastro del governo consiste nell’avere voluto fare il furbo, dimostrandosi fesso, e avere cercato di aggirare l’ostacolo della capitalizzazione con un trucco. Non solo è stato scoperto, ma così continuando perdiamo l’autorevolezza e la credibilità per indicare i mali altrui. Oltre al danno ne deriva la beffa di dovere tacere.
Noi italiani paghiamo da anni, con consistenti e continui avanzi primari. Abbiamo pagato moltissimo, negli ultimi tre anni, per non perdere l’aggancio europeo. Ora che siamo dalla parte dei forti e della ragione affondiamo tutto solo per fare un piacere a due banche (e buttare patrimonio anche nel buco rosso del Monte dei Paschi di Siena). Questa non è neanche sudditanza ai diktat altrui, questa è colpevole incapacità, o colpevolissima complicità.
Varando l’orrido decreto (nel silenzio generale e nel pronto firmare del Quirinale), il ministro dell’economia aveva un solo compito: trovare le coperture politiche e istituzionali, in Europa. La cosa è stata gestita così male da essere divenuta strumento per indebolire l’italiano che presiede la Bce. Da qui il parere schiaffeggiante. Essendo obbligatorio, ma non vincolante, ci manca solo che lo si ignori, mettendoci in una condizione insostenibile.
Sul tema tace il Partito democratico e tace Forza Italia, accompagnati dal tacere di Scelta civica. Gente professionalmente logorroica è stata presa da mutismo. Cerchino di capire che, in questo modo, stanno mostrando e dimostrando la loro reale consistenza. Tendente al nulla.
Ancora prima aveva scritto :
Demolito decreto Bankitalia
La Banca centrale europea ha demolito il decreto legge relativo alla rivalutazione di Banca d’Italia. Di quel che il governo aveva in mente non è rimasta pietra su pietra, dimostrandosi fondati e preveggenti i nostri rilievi. Posto che la superficiale acquiescenza alla propaganda ha fatto scrivere a qualcuno il contrario, ovvero che sarebbe giunto un via libera, adesso solo la vergogna nell’ammettere di avere sbagliato impedisce di bloccare la follia. Solo il generale, e colpevole, silenzio politico (del Partito democratico tanto quanto di Forza Italia) consente di nascondere la sopravvenuta (ulteriore) illegittimità del decreto legge.
Tre sono i rilievi demolitori, mossi dalla Bce. 1. Il primo sembra formale, invece è sostanziale: ci avete chiesto un parere, che era obbligatorio chiedere, il 22 novembre e avete fatto il decreto, quindi un atto legislativo immediatamente esecutivo, il 27, cinque giorni dopo. Quando non solo non avevamo risposto, ma neanche ancora letto le carte. Tanto che la risposta è arrivata un mese dopo, il 27 dicembre. Quattro giorni dopo l’assemblea degli azionisti Bankitalia, ulteriore errore. Attenzione, perché non è una questione di buone maniere, ma l’indicazione del vizio originario che il decreto legge si porta dietro, proprio per avere voluto usare quello strumento. Ci torno dopo. 2. Avete messo nel decreto che la rivalutazione porta il valore di Bd’I a 7.5 miliardi, ma a noi della Bce sembra che il valore debba oscillare fra 5 e 7.5. Ancora una volta, non è un punto formale, perché dimostra che le modalità di calcolo non sono state accettate, il che suona ruvida bocciatura. Posto, come se non bastasse, che se si va a prendere la rivalutazione fatta, per i fatti propri, da banca Carige il valore potrebbe essere di 28 miliardi. Insomma: i (presunti) tecnici hanno fatto cilecca. E lo scivolone diventa tragico in queste parole della Bce: “Bd’I dovrebbe essere sempre sufficientemente capitalizzata, e trovarsi sempre in condizione di creare, consolidare e ricostituire riserve appropriate e commisurate al livello di rischio emergente dalla natura delle sue attività, incluse le riserve costituite da utili non distribuiti”. E questi son ceffoni, perché segnalano l’inaffidabilità della documentazione trasmessa.
3. Il terzo rilievo è decisivo, perché dimostra il dilettantismo, porta un successo ai tedeschi e conferma tutti i nostri dubbi: il maggiore patrimonio portato dalla rivalutazione, destinato ad arricchire i bilanci di poche banche, non potrà farsi valere per il 2013, ma neanche per il 2014. Questo obbrobrio aveva un solo lato positivo, consistente nel mettere alcune nostre banche, le più grosse, in condizione di vantaggio prima della vigilanza europea. Tale unico lato positivo non esiste più. E il perché è esattamente quel che avvertivamo: non ci crede nessuno che le quote eccedenti il 3% (nel decreto era previsto che nessuno potesse possedere più del 5% delle quote, e che a comprare potevano essere anche banche non italiane, in sede di conversione, non ancora definitiva, è stata cancellata la corbelleria degli stranieri che comprano la nostra banca centrale e fissato il limite al 3) potranno essere negoziate, e se non sono negoziabili, se sono solo in conto vendita, non possono essere iscritte a patrimonio per la vigilanza. “Le quote – scrive la Bce – vanno registrate nelle attività detenute per la negoziazione al valore precedente l’operazione” di rivalutazione. Questo perché il decreto “non definisce le modalità di acquisto temporaneo”, da parte della stessa banca centrale. Fine. Il decreto è carta straccia.
Operazione nata male e finita come peggio non poteva. Grossolano dilettantismo e tipica furbizia ottusa. Ora, però, si spera che il Parlamento abbia il buon senso di salvare la rivalutazione, necessaria e corretta, ma cancellando il resto della follia. Tanto più che non avendo alcun effetto immediato è il decreto stesso a essere illegittimo. Altro che affitti d’oro o finanziamento ai partiti (che pure sono cose importanti), qui si assisterebbe a un ciclopico trasferimento di ricchezza pubblica in casse private, senza che questo serva minimamente a fortificare le seconde. Un regalo costoso e inutile. Una tragedia fine a sé stessa. Che altro deve accadere perché le forze politiche maggiori escano dalla sudditanza e dal vile silenzio? Questa operazione può essere fatta mille volte meglio: presentando conti solidi e portando a valori più alti; predisponendo un assetto proprietario che non cada nel portentosamente ridicolo della “public company” (by Saccomanni); tutelando l’autonomia di Bd’I, nonché un lavoro di vigilanza assai più efficace e severo di quello svolto dalla Bundesbank; e usando la rivalutazione per portare solidità all’intero settore bancario, e non solo a pochi soggetti. Si può eccome, ma non procedendo su una strada che noi vedemmo sbagliata e che ora risulta (negli unici aspetti “positivi”) sbarrata.
ci vuole pazienza ed attenzione a leggerlo ma serve a capire...
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