venerdì 7 febbraio 2014

MA QUALE VITTORIA A PORTATA DI MANO !? I SONDAGGI DICONO ALTRO, E PER QUESTO RENZI POTREBBE ACCETTARE LA STAFFETTA



Letti oggi i due articoli di Antonio Polito e Maria Teresa Meli sulla prospettiva di una staffetta di Renzi al posto di Letta a Palazzo Chigi. Il primo la boccia, la seconda fa capire di no. Nell'articolo della seconda leggo che il sindaco continua a pensare di avere la vittoria a portata di mano.
La domanda mi sorge spontanea : in base a cosa ? Mi va bene anche come risposta "intuito politico", che Renzino ha mostrato di averne, inserendosi bene nelle pieghe dei contrasti piddini per arrivare prima alla provincia Toscana, poi sindaco a Firenze e da lì dove è ora, segretario del PD e leader in pectore della terza repubblica che verrà. Però non altro, che i sondaggi dei giorni scorsi, e mi riferisco al 4 e 5 febbraio, danno tutti in testa il centro destra. TUTTI, non solo la Ghisleri (che peraltro, se da un lato è la sondaggista preferita dal Cav., è anche quella che in questi ultimi anni ci ha azzeccato di più o ha sbagliato di meno ). 
Proprio ieri riportavo i dati nel post http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/02/gia-finito-leffetto-renzi-centrodestra.html .
Per chi non ha pazienza di leggerlo tutto, riporto di seguito solo i numeri e le CINQUE società consultate

                                  CDX                    CSX
DATAMEDIA           36,9                      36
EMG                         35                         34,2
EUROMEDIA          36,3                      32,4
TECNE'                    38,8                      33,7
IPR                           39,6                      31,3

A meno che Renzi non si contenti della conferma del PD come primo partito, con i democratici comunque dati attorno al 30% laddove sia FI che M5S sono sotto al 25%.  Ma questo non basta per vincere le elezioni. Quindi Teresa Meli a che si riferisce ?
Sono certo che questi dati Renzino li conosce bene, che anche in questo mi pare somigli a Berlusconi che non credo vada nemmeno al bagno senza prima averli consultati, e probabilmente per questo non viene scartata a priori un'opzione che dovrebbe essere lontana anni luce dal suo modo di pensare (o  di predicare...) : andare al governo per manovre di palazzo e non per voto popolare. 
I precedenti, come ricorda Polito, non depongono a favore di questa idea, che lo stesso D'Alema, molto restio all'autocritica, dichiara che una delle cose che NON rifarebbe è prendere il posto di Prodi nel 1998. Peraltro, osservavo con un amico di FB, nell'attuale parlamento, la scarsa efficacia del governo non è solo questione di "manico", di chi è alla guida. C'è anche un problema di maggioranza e di equilibri. Mi spiego meglio. Il PD , da solo, e nonostante il regalo del porcellum, NON ha la maggioranza nemmeno alla Camera, dove la supera ampliamente ma con i voti di SEL, oggi all'opposizione. Al Senato non gli bastano quelli di Vendola e nemmeno quelli del centro (che se no avevamo Bersani). Questo ha portato prima alle larghe intese e poi a quelle "piccole", coi voti decisivi del NCD. Senza contare che alla Camera gli eletti PD nascono per lo più non renziani...Molti si sono convertiti certo, ma non tutti. Insomma, la conclusione è che fare un governo che governi, con QUESTO parlamento, non credo sia facile per nessuno. Meglio quindi nuove elezioni dove quantomeno Renzi potrà avere parlamentari più "fedeli". Ma a quel punto, si torna all'altro problema, che pure adombra Polito : con che legge si vota ? Se non si vara la nuova legge elettorale, resta solo il proporzionale puro uscito dalla Consulta, e quindi è matematico che NESSUN partito o coalizione raggiungerà la maggioranza assoluta. Una grosse koalition sarà inevitabile ( da altre parti non muoiono, ma i compromessi poi sono grandi, come in Germania pare di vedere, con un forte indebolimento delle riforme coraggiose di Schroeder). 
Per votare con l'Italicum, dice Polito, è inevitabile riformare il Senato, che altrimenti si dovrebbero fare, nel caso più probabile che nessuno raggiunga quota 37%, due ballottaggi, uno per ciascuna Camera del Parlamento. Insomma, la confusione è grande sotto al cielo, e   che sia un'ottima cosa, come diceva Mao Tse Tung, è discutibile.

Antonio Polito "Una staffetta verso il nulla" 
 
 


Anche se Matteo Renzi avesse la classe di un Rivera, non è chiaro quale sarebbe il vantaggio di una sua staffetta a Palazzo Chigi con Enrico Letta (che pure non ha lo scatto di un Mazzola). Si tratterebbe infatti di una manovra politica ad alto rischio, già vista a sinistra, perché non sancita da un voto popolare. È vero che neanche Letta ha l’unzione elettorale; ma tutti, Renzi per primo, hanno finora giurato che si trattava dell’ultima volta, e che questo governo, d’emergenza e di servizio, aveva come compito proprio quello di far sì che mai più un governo nascesse così. Perciò si è avviato in Parlamento, finalmente, il dibattito su una nuova legge elettorale; e perciò comincerà presto, si spera, l’iter di una complessa riforma costituzionale del Senato e del federalismo.
Ma è proprio la sorte di questo progetto a sconsigliare un cambio in corsa a Palazzo Chigi. Se Renzi prendesse nelle sue mani un esecutivo con lo scopo di realizzare le riforme, Berlusconi avrebbe infatti pieno titolo per chiedere di farne parte: è lui l’altro firmatario di ciò che è stato presentato come il patto costituente della Terza Repubblica. Renzi non potrebbe però accettare senza smentire la sua conclamata contrarietà alle «larghe intese», e darebbe così al Cavaliere un’ottima scusa per una ritorsione sulle riforme. Il risultato potrebbe essere disastroso.
Bisogna infatti sapere che la legge elettorale disegnata da Renzi e Berlusconi non è realizzabile senza l’abolizione del Senato elettivo. Siccome prevede la possibilità di un ballottaggio, è inimmaginabile che ce ne siano due, uno per la Camera e l’altro per il Senato, tra l’altro con platee elettorali diverse (in una votano i diciottenni, nell’altra solo dai venticinque in su), e dunque con la possibilità di due risultati opposti.
Non è dunque solo l’emendamento che un deputato del Pd si appresta a presentare in Aula a stabilire un legame indissolubile tra legge elettorale e riforma del Senato. La realtà è che simul stabunt, simul cadent . L’attuale equilibrio instabile è dunque forse anche l’unico possibile in questa legislatura, con Renzi che guida il treno delle riforme tenendo a bordo Berlusconi, e Letta quello del governo da cui Berlusconi è sceso.
Resta il problema dell’evidente stallo in cui è finita l’azione dell’esecutivo. Problema ogni giorno più serio. Una parte di responsabilità sarà certamente del pilota e dei ministri, come sostiene chi propugna staffette e rimpasti. Ma neanche il mago Houdini riuscirebbe a tenere vivo un governo cui è stato tolto da mesi l’ossigeno politico. Il Pd di Renzi ne parla ormai come quei mariti che non sopportano la moglie e non fanno neanche più lo sforzo di nasconderlo.
Il governo non ripartirà mai finché non ci sarà un nuovo accordo firmato dal Pd e dai partiti della maggioranza. Questo «contratto» era stato giustamente rivendicato e anzi promesso entro gennaio dallo stesso Renzi. Ora siamo a febbraio e già si parla di marzo-aprile. Così il governo soffocherà. Letta ha il dovere di dirlo e di porre chiaramente la questione di fiducia al suo partito. Deve davvero «giocare a carte scoperte», come gli ha chiesto Renzi, se vuole ottenere che Renzi giochi con lui a carte scoperte.

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