sabato 1 febbraio 2014

SOFRI ATTACCA TRAVAGLIO PER L'AFFAIRE SCARANTINO. "LO DISPREZZO". APPLAUSI

 
Grandissimo l'intervento di Adriano Sofri sulla querelle Scarantino dopo l'intervento dello stesso a Servizio Pubblico di Santoro. Forte e diretto l'attacco a Travaglio, al suo squallido tentativo di mettere sullo stesso piano chi fin dall'inizio comprese l'inaffidabilità del personaggio e mise in guardia contro lo stesso (Ilda Boccassini) e chi invece demenzialmente (nella migliore delle ipotesi, che poi ce n'è anche un'altra ...) gli diede retta, e tra questi il sostituto Di Matteo, epigone di quell'altro campione, oggi finalmente in disgrazia, di Antonio Ingroia.  Travaglio le ha liquidate come "beghe tra magistrati", laddove si tratta della differenza tra chi aveva ragione e chi torto, tra chi era nel giusto e chi aveva (e ha ) torto. 
Duro l'attacco ad un sistema di coercizione volto non a estorcere confessioni (che già è da barbari) ma  proprio a inventarle !
Adesso è comodo dare la colpa di tutto questo ad un morto, La Berbera, ma intanto grazie alla negligenza (sempre nell'ipotesi migliore) degli inquirenti, ci sono state  11 persone che si sono fatte circa 20 anni di prigione INNOCENTI !!
Io sono un ammiratore di Sofri , che pure ha idee politiche piuttosto diverse dalle mie, e non credo alla sua colpevolezza per l'omicidio Calabresi (sì alla sua responsabilità politica, ma quella da tempo lui se l'è assunta, esprimendo cordoglio). Ne apprezzo la dignità, la schiena dritta, la sua difesa dei carcerati, che non ha dimenticato lui che dieci anni di prigione li ha fatti, così come rammento la sua difesa dei ceceni e dei bosniaci, la denuncia dei massacri di Srebrenica e Sarajevo. Insomma, una persona non comune.
Tutto questo prima di leggere il suo disprezzo per Travaglio.
Figuratevi ora.



Questa Piccola posta è lunga, e per una volta ha un titolo. Si intitola "Beghe fra magistrati". Oppure, se preferite, "Diatribe fra magistrate".
Ho guardato infatti la puntata di "Servizio pubblico" perché ho un grande interesse per l'infamia dell'assassinio di Paolo Borsellino e della costruzione dei suoi falsi colpevoli. Prima di ogni altra considerazione su quella piazza Fontana della mafia, mi colpisce, mi sembra descrivere a meraviglia il nostro mondo, l'indifferenza appena qua e là dissimulata per il fatto che undici persone innocenti furono condannate definitivamente, sette all'ergastolo, e ci hanno trascorso poco meno di vent'anni, per una cospirazione cialtronesca di uomini dello Stato. Non gliene frega niente, alla civiltà di questo paese. Tutt'al più, dopo aver giurato in verba di polizie e magistrature, escogitano riconoscimenti all'abilità dei registi della montatura. Oppure, i più spudorati, ricordano la pista anarchica proclamata un momento dopo la strage di piazza Fontana e un momento dopo la defenestrazione di Pinelli, del quale fino a poco fa decretavano che comunque "avesse le mani in pasta". La trasmissione offriva una quantità di notizie e testimonianze preziose, ai miei occhi. Mi sono sembrati eccellenti servizi e interviste di Dina Lauricella -soprattutto il dialogo in piedi col fratello di Scarantino. Che cosa succedeva a Pianosa, e come si persuadevano i detenuti a parlare -e a dire che cosa- lo sapevo bene, e lo sa da tempo chiunque non abbia voluto voltare dall'altra parte testa e orecchie. I colloqui telefonici fra Mancino e D'Ambrosio mostravano come D'Ambrosio fosse una persona onesta, allarmata e scandalizzata da intrighi di cui gli sfuggiva e cercava l'origine ultima, e come Mancino fosse incastrato e spaventato, e comunque inadeguato, a quegli intrighi. Il direttore di Panorama, Mulas, teneva soprattutto a far dire da Scarantino quanta parte avessero avuto, non solo nell'abboccare alla falsa pista, ma nel coltivarla e puntellarla, i pubblici accusatori e i giudici che se ne erano a turno occupati, e c'è riuscito abbondantemente, benché fosse superfluo. Marco Travaglio si è superato. C'era una magistrata, Ilda Boccassini, che se ne andò in Sicilia nel momento più drammatico, in onore a Giovanni Falcone (forse, ma lo sa solo lei, anche della verità), e sentì subito come fossero false l'autoaccusa e le accuse altrui di Scarantino, ne avvertì i colleghi competenti, lo disse in faccia allo stesso Scarantino (e lo stesso Scarantino avrebbe tentato poi di dirlo al mondo intero, salvo essere riportato alla dieta di sputi piscio e merda di Pianosa), e non ha smesso di dirlo per vent'anni. Ora l'ha ripetuto, precisando che una montatura così fragile e iperbolica non può spiegarsi solo con la fellonia del poliziotto (morto) Arnaldo La Barbera e di due suoi scagnozzi. Marco Travaglio ha chiamato tutto questo "beghe fra magistrati". Ha chiamato "beghe fra magistrati" la divergenza ostinata fra una magistrata che aveva denunciato da subito una enorme montatura, e altri innumerevoli magistrati che quella montatura hanno almeno avallato spedendo all'ergastolo e a una tortura penitenziaria cittadini estranei a quel crimine, e fornendo agli italiani una versione falsa e grottesca dell'assassinio di Paolo Borsellino. Ieri, sulla meticolosa cronaca del "Fatto", le "beghe fra magistrati" erano diventate "diatribe fra magistrati", e "Marco Travaglio teme che le diatribe fra magistrate /sic!/ possano far perdere di vista il punto nodale della questione…". Quanto a Napolitano, "altro che impeachment", ha sentenziato Travaglio: impiccarlo a testa in giù? Non indugerò sul mio disprezzo per Travaglio. L'altro giorno avevo scritto qui che il 41 bis, ufficialmente destinato a impedire che dal carcere i mafiosi continuassero a tramare e ordinare crimini -fine necessario, e ottenibile- diventa, con l'esibizione delle "strette" successive, una misura vendicativa senza rapporto con quel fine: constatazione fatta propria da una quantità di giuristi severi in Italia e fuori. L'avevo scritto di fronte allo spettacolo inconcepibile delle intercettazioni in cui Riina auspica e ordina, se qualcuno lo aiuti a divulgare le sue parole, di uccidere il procuratore Di Matteo e altri suoi colleghi, la cui protezione dovrebbe stare in cime a ogni altra preoccupazione. Le parole di Riina sono state divulgate al di là di ogni sua speranza. Travaglio ha così riassunto la mia posizione: “Sofri versa una lacrimuccia anche per i poveri mafiosi in isolamento, vittime dello ‘spirito vendicativo’ di chi vorrebbe ripristinare un serio 41-bis dopo le voragini aperte in vent’anni di trattative Stato-mafia”. Travaglio mi descrive soavemente come un complice della mafia. Dopotutto, feci assassinare Mauro Rostagno, no? Sulla tortura si possono avere, come si dice, opinioni opposte: bandirla come disumana, per torturati e torturatori, o accettarla come necessaria (se non vagheggiarla come piacevole). A Servizio Pubblico, Travaglio aveva davanti una prova vivente degli effetti di quella distorsione del 41 bis e di ogni galera mutata in tortura: uno sciagurato costretto a denunciare se stesso e gli altri, a suon di botte lusinghe e denari, e a offrire la soluzione dell'assassinio di Falcone e Borsellino sulla quale Travaglio e tanti con lui hanno giurato finché non è arrivato a obiettare un certo Spatuzza. Era arrivato da un bel po', quel certo Spatuzza.
All'uscita hanno arrestato Scarantino, per una violenza sessuale. Reato orrendo. Non invidio però gli uomini che hanno eseguito l'arresto, se qualcuno li avesse informati dei precedenti.


 

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