giovedì 27 marzo 2014

CHIAMARSI BERLUSCONI ED ESSERE MODESTI


Un Berlusconi modesto sembra un ossimoro, una contraddizione suggestiva, come quando si dice "ghiacchio bollente".  Non solo il Capostipite appare esuberante e presuntuoso, ma lo sono anche le due figlie, Marina e Barbara, che oltretutto sono più spigolose del padre, che invece si impegna, con alterni risultati, per piacere a tutti. 
Eppure c'è un Berlusconi importante che ama l'understatement, l'ombra, il basso profilo. Ed è Piersilvio, il primo figlio maschio, presidente di Mediaset, rapporto stretto col padre e ancora di più con la sorella Marina. 
Nell'intervista che segue, si leggono parole pacate, buon senso, un giusto orgoglio per un lavoro ben fatto, con l'attraversamento della crisi, ancora non terminato ma con il ritorno agli utili, la riduzione dell'indebitamento, una spending review societaria che però non ha portato a licenziamenti collettivi (magari gli facciamo telefonare da Cottarelli...).
Alla domanda se entrerà in politica, l'uomo risponde che non crede ai diritti di successione in questo campo (in Azienda è diverso, ma i numeri di 14 anni di guida parlano a suo favore), e che la cosa non è all'ordine del giorno. 
Magari tra dieci anni, ipotizza, quando francamente sarebbe imbarazzante che il babbo, quasi 90enne, continuasse ad occupare la scena.
Il servizio è di Paola Pica del Corriere della Sera

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«La politica è una cosa seria, non si entra come “figlio” In futuro? Mai dire mai»

Pier Silvio: io e Marina ci consultiamo su tutto 

Pier Silvio Berlusconi, il suo nome è circolato con insistenza per le candidature di Forza Italia alle elezioni europee. A quasi 45 anni, 22 in Mediaset, il gruppo che guida dal 2000, la politica la tenta?
«Non si fa politica per successione, lo dico come elettore e come persona. Non potrei mai candidarmi tanto per mettere il mio nome sulla lista. Non è serio».
In Mediaset, però, è entrato come «figlio di»...
«Ho la fortuna, e la responsabilità, di essere figlio di un imprenditore che ha fatto nascere la tv privata in Italia. Dubito, tuttavia, che sarei rimasto in sella se non avessi mostrato talento televisivo, capacità e impegno. In azienda sono entrato in punta di piedi e, a ogni prova, sono aumentate le responsabilità».
Tutto questo, però, non è ancora un «no» alla politica...
«Mai dire mai, magari tra una decina d’anni, chissà. Considero la politica qualcosa di serio e alto. Anche in politica bisogna crescere e acquisire competenze».
Ha parlato della possibilità di un altro o un’altra Berlusconi in politica con sua sorella Marina?
«Con Marina ci sentiamo praticamente tutti i giorni, ci consultiamo su tutto. E comunque mio padre è stato chiaro».
E se in politica entrasse Barbara?
«La scelta sta a ognuno, ma mi pare che le cose non stiano così».
Più che all’elettorato, le vostre tre candidature sembrano parlare a una parte del partito.Che ne sarà di Forza Italia?
«Sugli equilibri del partito preferisco non addentrarmi. Certo è che la forza di tutto è sempre mio padre. E quello che mi interessa sono il presente e il futuro di mio padre che ha subito davvero un’aggressione ingiustificabile. Oggi, il miglior modo in cui io posso aiutarlo è occuparmi al meglio di Mediaset».
Lei dunque presidia l’asset patrimoniale cruciale della famiglia?
«Oggi, nel peggior momento economico, è una durissima responsabilità. Ma fare l’editore è il mio mestiere e mi appassiona. Anche per questo lavoro bisogna saper parlare alla gente, intercettandone e magari anticipandone gusti e interessi».
Se poi la politica gioca a favore fare gli editori è anche meglio...
«La verità è che l’impegno politico di mio padre è costato a quest’azienda uno stato di pressione continuo ed esagerato dal ‘94: tenere nel mirino noi per ostacolare lui. Quante cose avremmo potuto fare e invece...».
Per esempio?
«Immagini le reazioni se, come succede in tutto il mondo, anche in Italia si fosse ipotizzata una naturale collaborazione tra telefonia e contenuti video. Un’alleanza tra noi e Telecom? Apriti cielo, impossibile procedere. E per il Paese è stata una perdita secca».
Tempo di bilanci anche in azienda, Mediaset è tornata all’utile (9 milioni) quest’anno. E ha ridotto l’indebitamento del 22,8%.
«Sono orgoglioso del bilancio 2013: 622 milioni di risparmi ottenuti con un anno di anticipo e superando ampiamente l’obiettivo del piano triennale fissato a 450 milioni. Risparmi ottenuti, tengo molto a questo punto, senza un piano collettivo di licenziamenti, né vertenze sindacali. Sia chiaro che è stata una scelta e un’assunzione di responsabilità. Perché è più facile, tanto più facile, tagliare mandando a casa le persone».
Corrisponde a verità che si è occupato lei, personalmente, voce per voce, della «spending review»?
«Sì, vero, io e un gruppo di manager, niente consulenti. Ore e ore su tutti i prodotti e le voci di spesa a capire come cambiare il modello di gestione. È stata poi una buona idea istituire un comitato che ha messo al vaglio tutte le spese sopra i 50 mila euro. I risultati portati da questa manovra sono stati sorprendenti».
Per voi, come per tutti gli editori, si pone il problema della crescita, dei ricavi.
«Ciò che abbiamo visto in questi anni, con il crollo della raccolta pubblicitaria, non ha precedenti. Ma ora siamo pronti a cavalcare la ripresa, sperando arrivi presto».
Come?
«Le linee di sviluppo sono tre. La prima: allargare il bacino degli spettatori, degli utenti cui “parlano” gli investimenti pubblicitari. Si tratta di un bacino di quasi 56 milioni di italiani, che ci seguono ogni settimana tra tv generaliste, canali tematici, Premium e web. Una potenza di fuoco unica. La seconda: rafforzare la nostra presenza nella pay tv, in Italia e Spagna. Terza: investire con decisione nella produzione di contenuti internazionali, fiction, cinema e library. È una strategia nuova:saremo sia produttori sia distributori, riducendo quindi il rischio e alzando le probabilità di successo. La vendita ad altri paesi e altre piattaforme creerà margine puro ».
Si parla di una partnership internazionale con nomi di primo piano, da Al Jazeera a Telefonica e addirittura alla Newscorp dell’avversario numero uno Rupert Murdoch.
«Sono arrivate diverse proposte interessanti, faremo la scelta che potrà assicurare maggior sviluppo».
Record storico di incassi di «Sole a catinelle» di Checco Zalone e l’Oscar per la «La grande bellezza» di Paolo Sorrentino. Lei però non era a Los Angeles con il resto della squadra.
«Il cinema ci ha dato soddisfazioni straordinarie e sono molto orgoglioso dei nostri autori. Il fatto che non fossi a Hollywood non sorprende chi mi conosce. Io rifuggo la mondanità, non ne avverto il bisogno. Conduco una vita semplice. E ogni giorno libero è per mio figlio Lorenzo».
Paola Pica

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