martedì 25 marzo 2014

L'INCRIMINAZIONE SUICIDA. QUANDO I PM NON CREDONO NELL'ACCUSA. IL CASO UVA


I pubblici ministeri non li credono colpevoli, il GIP sì e gli ordina di procedere. Proceduralmente funziona così, che è il Giudice che alla fine decide, ma poi in concreto non è strano che accada quello che poi si è realizzato : i due pubblici ministeri mettono su un'accusa debole, inevitabilmente, visto che NON ci credono.
A questo punto il Procuratore Capo ha fatto probabilmente l'unica cosa sensata, sollevando da un incarico vissuto come sbagliato dai protagonisti e caricandosi lui del compito accusatorio.
Succede a Varese,  per il processo conseguente alla morte di Giuseppe Uva, deceduto in ospedale nel giugno 2008, dopo una notte trascorsa in caserma.
I PM Abate e Arduini, dopo anni di indagini e infinite polemiche, avevano chiesto l'archiviazione, ma il Gip, Giuseppe Battarino, aveva rigettato tale istanza dando disposizione ai pubblici ministeri di formalizzare piuttosto l'accusa.
Con i risultati che abbiamo detto - una "incriminazione suicida" -  e che vengono precisati nell'articolo che segue del Corriere della Sera, a cura di Luigi Ferrarella. 
Certo, dopo quasi 6 anni  non sembra un grande viatico per il processo che verrà.


«Gli atti sono illogici» Il procuratore capo toglie 
ai pm il caso Uva
I dubbi sulla richiesta di rinvio a giudizio 

MILANO — Il caso Uva squassa ancora la magistratura. L’11 marzo era già sembrato un colpo di scena che il giudice Giuseppe Battarino, nel respingere la richiesta di archiviazione di due carabinieri e sei agenti di polizia proposta dai pm Agostino Abate e Sara Arduini, li avesse obbligati invece a chiedere il processo ai rappresentanti delle forze dell’ordine per la morte nel giugno 2008 del 43enne Giuseppe Uva in ospedale dopo una parte della notte trascorsa nella caserma dei carabinieri. E il 20 marzo i pm, come in questi casi impone la legge, avevano ovviamente ottemperato all’obbligo, formalizzando l’incriminazione di carabinieri e poliziotti richiesta dal gip Battarino per le ipotesi di reato di omicidio preterintenzionale, arresto illegale, abuso d’autorità e abbandono di minore.
Solo che — si scopre adesso — ad avviso del loro procuratore capo facente funzioni Felice Isnardi (inviato 20 giorni fa dalla Procura generale di Milano a reggere la scoperta Procura di Varese), i due pm l’avrebbero sì fatto, ma in un modo tale da costruire imputazioni deboli per illogicità e contraddittorietà, con il risultato di rischiare di minare in partenza un processo nel quale non credono e al quale solo il gip li ha obbligati.
Per questo — con una decisione clamorosa perché arriva dopo sei precedenti «no» della Procura generale milanese ad altrettante richieste avocazioni, e ancor più perché viene adottata proprio ora che l’imputazione coatta sembrava aver per adesso chiuso la fase più travagliata dell’inchiesta — il procuratore reggente Isnardi ha tolto il fascicolo ai pm Abate e Arduini, e se lo è autoassegnato per la prosecuzione dell’udienza.
Nel provvedimento datato 21 marzo, il procuratore reggente di Varese esprime infatti la convinzione che il capo d’imputazione formulato dai pm Abate e Arduini «non abbia rispettato le prescrizioni imposte dall’ordinanza del gip» e che «manifesti profili di illogicità e contraddittorietà rispetto al titolo dei reati ipotizzati». Per Isnardi non è solo un problema di forma: la debolezza delle modalità di imputazione farebbe diventare «elevata» la «probabilità che il giudice della futura udienza preliminare solleciti il pm» a integrare l’accusa e, «in mancanza, possa disporre la restituzione degli atti, con l’ovvia conseguenza della regressione del procedimento».
Per scongiurare questa eventualità, che allungherebbe ancora i tempi, il procuratore reggente inviato a Varese dalla Procura Generale milanese decide di revocare ai pm Abate e Arduini l’assegnazione del fascicolo, e di individuare in se stesso «il diverso pm» designato «per l’esercizio sia dell’attività di udienza, sia di tutte quelle altre attività che potranno eventualmente rendersi necessarie».
Nell’assenza di commenti da parte dei diretti interessati, si può solo attendere il termine previsto dalla legge per eventuali controdeduzioni che i due pm potrebbero inviare al Csm nel caso in cui volessero contestare i presupposti del provvedimento che ha tolto loro l’inchiesta. Nel frattempo il legale degli indagati, Luca Marsico, chiede alla Cassazione di annullare l’ordinanza del gip Battarino perché questi vi avrebbe aggiunto un reato (l’omicidio preterintenzionale) non prospettato quando aveva ordinato ai pm un supplemento di indagini. Il gup dell’udienza preliminare dovrà decidere se disporre o no quel processo a carico di carabinieri e poliziotti invocato dai familiari di Uva: con gli avvocati Fabio Anselmo e Fabio Ambrosetti, i parenti da sempre sostengono che Uva, fermato ubriaco per strada insieme a un amico, avrebbe subito violenze in caserma prima di essere ricoverato in ospedale con trattamento sanitario obbligatorio.

Nessun commento:

Posta un commento