venerdì 7 marzo 2014

PER SUPERARE LA SCHIZOFRENIA ELETTORALE, FORSE E' IL CASO DI RECUPERARE IL SENATO. IL PARERE DEL PROF. PANEBIANCO


Il pasticcio creatosi attorno alla legge elettorale, con la riforma che alla fine riguarda la sola Camera, con l'idea, futuristica, che il Senato, come Camera legislativa facente parte del sistema di bicameralismo perfetto, venga abolito, continua a suscitare commenti diversi. IL che dimostra che il problema è sentito, a livello di osservatori che seguono le vicende politiche e istituzionali, e che la confusione è grande.
Infatti, dopo aver sentito tanti plaudire, sia per una questione di snellezza delle decisioni, e quindi di velocità dell'attività legislativa, sia per i famosi risparmi anche nel settore della politica,   sono iniziati i distinguo. Intanto si è scoperto che il risparmio, visto che non è che il Senato scomparirà, bensì ne saranno modificate le   competenze, è molto minore di quello sparato da Renzino (un miliarod...). Non sarebbe più una Camera eletta, i suoi membri, scelti tra i rappresentanti governativi locali (sindaci ? Presidenti delle regioni ? Tutti? Una parte ? al momento non si sa ), non sarebbero remunerati, che già godono degli stipendi per la prima carica, ma resterebbe in piedi tutto il resto. Quindi, in primis, resterebbe immutato il costo della pletora di commessi e personale di ausilio dei senatori, che è la gran parte della spesa. Se il Senato oggi costa un miliardo, la sua modifica porterebbe ad un risparmio di 150 milioni, e forse nemmeno. Ma si sa che il taglio dei costi della politica, se non si estende al sottobosco, alla massa sotto la punta dell'Iceberg - che sono i parlamentari, onerosi ma tutto sommato meno di 1000 in tutto - , ha aspetti soprattutto di principio, che economici. Certo, in un'epoca di sacrifici e di disagio diffuso, sono segnali DOVEROSI, altro che demagogia come la definiscono gli interessati, però non è quello l'aspetto più importante. Si punta al miglioramento dell'efficienza del sistema, che il bicameralismo imperfetto intralcia. Ainis, al riguardo, puntava l'indice sui regolamenti parlamentari, già oggetto di modifiche in passato, ma che sono ancora da migliorare. Oggi Panebianco, preoccupato di superare l'impasse creatosi sulla legge elettorale, con un impensabile doppio sistema (maggioritario alla Camera, Proporzionale puro al Senato ) , che pure il Colle non ritiene irragionevole (??), suggerisce di rispolverare la proposta che era stata partorita dal comitato dei cd. 40 saggi della commissione Quagliarello, dove il Senato conserva sostanzialmente le sue prerogative di camera legiferante, con alcune limitazioni (non vota la fiducia, forse non la conversione dei DL e non so che altro). In questo caso anch'esso sarebbe un organo da eleggere, e l'Italicum andrebbe esteso anche ad esso, eliminando l'attuale, schizofrenica, situazione. Certo, l'alternativa è quella promessa da Renzino, che rivolgendosi ai senatori li ha salutati con una sorta "ave, a voi che non ci sarete più". Progetto ambizioso, per il momento stoppato da chi non solo spera di essere rieletto, ma soprattutto oggi non vuole andare a casa. E con l'impiccio creato, le elezioni anticipate sono una chimera. Ecco perché al Quirinale il pasticcio piace.
Buona Lettura


Una soluzione per il senato
di ANGELO PANEBIANCO
 
Era previsto che la nascita del governo Renzi avrebbe reso ancor più impervio di quanto già non fosse in partenza il cammino della riforma elettorale. Poiché comportava la tacita sostituzione del patto Renzi-Berlusconi con un patto Renzi-Alfano.
Adesso siamo nei pasticci: se verrà fatta una riforma elettorale valida solo per la Camera, e se poi la riforma del Senato non ci sarà, voteremo con due sistemi elettorali molto diversi per i due rami del Parlamento. Il che significa ingovernabilità garantita.
Nel medio termine si tratta, per la democrazia, di uno scenario da incubo, weimariano. La classe politica se ne rende conto? Non si può contare troppo sul fatto che il parlamentare medio si preoccupi. Egli è per lo più interessato solo al breve termine: vuole «sfangarla», essere rieletto. Spetta ai leader l’obbligo di guardare più lontano, alle conseguenze di medio termine. Spetta a loro trovare soluzioni valide e imporle anche ai membri più recalcitranti delle rispettive truppe parlamentari.
Nella nuova congiuntura è dunque diventata vitale la riforma del Senato. È come se Renzi si fosse bruciato i ponti alle spalle. Non può permettersi di essere risucchiato nella palude in cui vogliono trascinarlo in tanti, anche del suo partito. Ma riformare il Senato è un compito difficilissimo. Non solo per l’ovvia ragione che i senatori in carica faranno, comprensibilmente, resistenza. È difficile anche dal punto di vista tecnico. Quanto meno il progetto di riforma sarà tecnicamente solido, tanto più forte sarà la resistenza politica che incontrerà.
Se il premier vuole davvero farcela deve andare al di là delle suggestioni e delle proposte estemporanee. Deve trovare una buona soluzione tecnica. Essa è già a disposizione. È reperibile nei primi tre capitoli della relazione finale della «Commissione per le riforme costituzionali» presieduta dall’allora ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello: la commissione che i mass media battezzarono, impropriamente, dei quaranta «saggi» e che svolse i suoi lavori tra il giugno e il settembre dello scorso anno. Data l’importanza della posta in gioco è sperabile che si guardi più alla sostanza di quanto contenuto in quel rapporto che non al fatto che la questione sia ora rilanciata dal Corriere per il tramite di un suo editorialista che si è trovato, indegnamente, a fare parte di quella commissione. La proposta, su cui confluì la maggioranza degli esperti presenti, non è di abolire il Senato o di farne un organo inutile e inconcludente, ma di sostituire l’attuale bicameralismo paritetico con un bicameralismo differenziato . Si toglie al Senato il potere di dare la fiducia al governo e se ne fa luogo di vera rappresentanza delle autonomie territoriali (il che implica che si intervenga anche sul Titolo V, sui rapporti centro-periferia). Nel rispetto della tradizione italiana, si preservano dignità e ruolo della Camera alta mediante un’accorta differenziazione delle funzioni dei due rami del Parlamento.
A Renzi converrebbe riprendere quel progetto alla lettera, senza modificarne nemmeno una virgola. Per due ragioni. Perché è tecnicamente solido. E perché promette di esserlo anche politicamente: il partito di Alfano, di cui Quagliariello è un esponente di primo piano, non potrebbe non sostenerlo. A sua volta, Berlusconi non avrebbe motivo per opporvisi.
Risultati delle elezioni europee permettendo, non si intravvede altra strada per uscire dal pasticcio in cui ci troviamo.

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