mercoledì 2 aprile 2014

CALCIO E FATTURATI : A PIANGERE NON SI FA MAI BELLA FIGURA

zione Nome Nazionalità Patrimonio (in milioni di dollari)
1 Real Madrid Real Madrid Spagna Spagna 2450
2 Manchester Utd Manchester Utd Inghilterra Inghilterra 2330
3 Barcellona Barcellona Spagna Spagna 1943
4 Arsenal Arsenal Inghilterra Inghilterra 1684
5 Bayern Monaco Bayern Monaco Germania Germania 1429
6 Milan Milan Italia Italia 1403
7 Chelsea Chelsea Inghilterra Inghilterra 980
8 Juventus Juventus Italia Italia 692
9 Manchester City Manchester City Inghilterra Inghilterra 689
10 Liverpool Liverpool Inghilterra Inghilterra 651

La sterile polemica di De Laurentis e Benitez prima e dopo la partita (meritatamente vinta ) contro la Juventus viene analizzata nel dettaglio dal Corriere della Sera che conferma quanto da noi sospettato nel chiederci la ragione di una così sciocca diatriba : la ricerca di un alibi per una stagione che si voleva migliore di quella dello scorso anno e che non lo sarà,  come punti finali probabilmente ma sicuramente e soprattutto come piazzamento, quest'anno terzi e quindi con l'onere delle qualificazioni alla Champions. 
Intanto avere un fatturato maggiore, NON è una colpa, semmai una fortuna e in certi casi, come Bayern, Manchester e anche Juventus, in scala minore, un merito. In secondo luogo la Juventus non ha sceicchi, magnati russi o banche alle spalle sempre pronti ad esborsi milionari, come semmai, nel recente passato, hanno avuto Milan (Berlusconi) e Inter (Moratti). E infatti, da quando i due paperoni hanno smesso di spendere in maniera faraonica, le cose sono cambiate, specie in casa nerazzurra. 
Peraltro proprio l'Inter morattiana dimostra come spendere e spandere non è di per sé né condizione indispensabile né sufficiente, che in quasi 20 anni di proprietà e le centinaia e centinaia di milioni spesi, dal 1995 al 2007 l'Inter aveva vinto solo una Coppa Uefa ( 1998). Poi ci fu calciopoli, Juve azzerata, Milan dimezzato e senza gli avversari storici finalmente Moratti è riuscito a vincere ( in Italia, che all'estero ha centrato la Champions in un anno in cui lo "stellone", chiamiamolo così, di Mourinho toccò vertici mai più ripresentati nemmeno allo special one). Da allora, sono quattro anni che l'Inter è tornata in ombra e Moratti ha finito per vendere. 
Insomma, dire che coi soldi si possono fare le grandi squadre non mi pare una cosa così geniale : anche mio figlio di 8 anni ci arriva. Però paragonare la Juve attuale ( e da 20 anni a questa parte direi, da quando la famiglia Agnelli e la Fiat non sono più quelle dell'era dell'Avvocato "giovane") a quella dei mecenate meneghini citati, per non parlare di realtà come Real, Barcellona, e anche Manchester (entrambe le squadre, da quando al City sono arrivati gli arabi ), Chelsea (da quando c'è Abramovich), PSG (anche qui c'è uno sceicco di mezzo),  Bayern Monaco  infarcite di top players.
Conte, con tutta la sua antipatia e permalosità (caratteristiche oggettive del mister bianconero), dice cose vere, nella loro banalità : Messi, Ronaldo, ma anche Ibrahimovic o Ribery o Robben, NON giocano nella Juventus né ci giocheranno a meno che anche a Torino, prima o poi, atterri un aereo da Dubai e dintorni. 
Nonostante questo, come pure ben ricorda l'articolo di seguito riportato, poi per fortuna non vincono solo i più ricchi, e comunque competono fino alla fine club assolutamente meno facoltosi di quelli citati. In Inghilterra e Spagna i campionati sono guidati da Liverpool e Atletico Madrid. Magari non vinceranno alla fine, però avranno lottato. A 13 anni ero affetto da una brutta malattia : il vittimismo. Mi guarì la prima fidanzatina, che me ne fece vergognare dicendomi "non pensi di piangerti un po' addosso ?".
Ecco, a Benitez e De Laurentis questa formativa esperienza non deve essere toccata. Peccato per loro.




La battaglia dei bilanci, mercati 
diversi ma efficaci 
 
Hanno tutti ragione, come dopo le elezioni. Anche per questo il dibattito — oltre che sviare dal fatto tecnico, come sempre in Italia purtroppo — conduce in un vicolo cieco. Ha ragione Rafa Benitez quando parla dell’incidenza del fatturato, perché tra i 272,4 milioni della Juventus, nona in Europa secondo il rapporto Deloitte 2012-2013, e i 116,4 del Napoli (22°) c’è un abisso. Ha ragione però anche Antonio Conte quando parla di mercato, perché Aurelio De Laurentiis l’estate scorsa ha speso 105 milioni mentre Andrea Agnelli nei tre mercati fatti per Conte ne ha spesi rispettivamente 92,25, 56,85 e 47,3.
Ma ha ancora ragione Benitez perché, se il fatturato non contasse, la Juve non avrebbe la rosa che ha e non starebbe vincendo il suo terzo scudetto di fila. La rosa ampia oltre i giocatori bravi aiuta per le maratone: chi in Italia può permettersi di sostituire Tevez con Osvaldo, tenendo in panchina pure Vucinic? I giocatori bravi senza la rosa ampia funzionano soprattutto per la partita secca: il Napoli insegna. E però ha ragione ancora Conte perché se incidesse solo il fatturato non ci sarebbero più il calcio né lo sport. E allora la Roma (124,4 milioni, 19ª in Europa, sostanzialmente a pari del Napoli) non sarebbe così davanti agli azzurri in campionato. In Premier League il Liverpool (12°, 240,6) non sarebbe in testa davanti a Chelsea (7°, 303,4) e Man City (6°, 314,2), per tacere del Manchester United (4°, 423,8). E nella Liga l’Atletico Madrid (20°, 120) non sarebbe davanti a Barcellona (2°, 482,6) e Real Madrid (1°, 518,9). Non solo: in Champions l’Atletico non avrebbe fatto fuori il Milan (263,5, 10°), il Napoli non avrebbe lottato alla pari di Arsenal (8°, 284,3) e Borussia Dortmund (11°, 256,2) e la Juve non sarebbe uscita clamorosamente contro il Galatasaray (16°, 157).
Com’è chiaro, il dibattito è infinito e sterile, lo prendi e lo tiri dove vuoi, e come in una disputa fra sofisti le argomentazioni sono tutte buone, dunque nessuna prevale. In realtà, le differenze di classifica maturano altrove. Puoi avere un fatturato più alto ma spendere male: il Tottenham con i 100 milioni incassati per Bale è riuscito a creare un mostro perdente; il Napoli coi 60 di Cavani ha ricostruito alla grande. Puoi investire meno ma segnare colpi come Tevez a 9 milioni o Llorente a parametro zero. Puoi spendere di più adesso perché stai lavorando per il domani: tipi come Mertens e Callejon, costati insieme neanche 20 milioni e già ampiamente rivalutati, sono pietre fondanti il futuro. Così, se ci limitiamo al primo anno dei nuovi cicli, i 105 milioni spesi da De Laurentiis per Rafa pesano come i 92 spesi da Agnelli per Conte nel 2011. È vero però che Conte ereditava una squadra da settimo posto e Benitez da secondo. E così si ritorna da capo..
Casomai, allora, i problemi del Napoli sono altri. In campo, è la mancanza della cosiddetta «mentalità», che i contiani possiedono in quantità industriale: se sai battere Juventus, Roma, Fiorentina, Inter, Milan (e Borussia e Arsenal) ma poi perdi 20 punti con le medio-piccole, c’è un’evidente lacuna tattica e mentale su cui dover lavorare in allenamento. Fuori dal campo, è la difficoltà a valorizzare un bilancio da anni in attivo e a sfruttare potenzialità immense. Andare al San Paolo — un impianto comunale fatiscente, inadatto, ai limiti del civile (domenica persino con i bagni chiusi) eppure abitato da una tifoseria che ne potrebbe fare un Anfield all’italiana — è un’esperienza deprimente. Che cosa sarebbe invece il Napoli con un’arena stile Juve e relativi indotti «spirituali» ed economici?
Su questo De Laurentiis e Benitez hanno l’unica ragione indiscutibile nel dibattito. Ma da qui a farne la spiegazione di un gol sbagliato col Sassuolo di turno passano oceani. «Non ci lamentiamo più, sennò rischiamo di fare la figura dei rosiconi», ha detto il presidente domenica dopo la consueta filippica. Giusto. Solo così si rinforza un percorso di crescita e di sfida (da ricchi) ai più ricchi. Lui, ottimo imprenditore di successo residente negli Stati Uniti, terra di opportunità e «self made men», dovrebbe saperlo bene.

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