sabato 26 aprile 2014

LA DIFFICILE SENTENZA SUL DRAMMA THYSSEN


Sulla sentenza della Cassazione - a Sezioni Unite, quindi il massimo dell'autorevolezza dalle nostra bande - della drammatica vicenda Thyssen ho letto vari interventi. 
Mi convincono di più quelli favorevoli alla pronuncia che sconfessa la tesi dell'accusa che i contrari.

Mi sembra sensato aver messo in guardia dal pericolo di stabilire un principio giurisprudenziale per il quale l'inosservanza di norme di sicurezza comporti necessariamente l'ipotesi del dolo eventuale, rispetto a quello della colpa (cosciente).
I manager non hanno voluto uccidere quegli operai. Piuttosto hanno previsto l’eventualità, ma la morte è stata cagionata da altro che la volontà di uccidere: voglia di risparmiare o disattenzione che sia stata. Quindi l’accusa resta omicidio colposo, sia pure aggravato da una colpa cosciente. Se fosse passato il principio del dolo eventuale nel caso esaminato dalle Sezioni unite, chiamate a fare giurisprudenza, i Giudici hanno osservato che poi «qualsiasi omicidio stradale provocato per violazioni al codice, o errore medico, sarebbe stato considerato come volontà di uccidere». Un po’ troppo .


Ispirati a buon senso mi sembrano anche i commenti dello "sconfitto", il procuratore Guariniello, che ha detto cose come :
- "Se cavalcassi l’onda dell’emozione diventerei un tribuno del popolo. Fare il magistrato è un’altra cosa "
- l’attesa infinita sviluppa sempre e comunque nelle vittime e nei parenti il senso di una giustizia negata. Il nostro sistema non è in grado di garantire processi giusti nella loro durata, è un dato di fatto
Pare che Guariniello sia un procuratore che non dorma all'idea di privare un uomo della sua libertà  In quarant’anni di carriera ha chiesto un solo arresto. Accadde durante le Olimpiadi invernali del 2006, con il massaggiatore della squadra austriaca. Aveva la stanza piena di fialette proibite. Si stava calando dalla finestra. Guariniello ci sta male ancora oggi. 
Se è vero, chapeau. 

Di seguito, l'articolo di Carlo Federico Grosso, pubblicato oggi su La Stampa.
Non ho la competenza sufficiente per valutare le considerazioni del noto giurista. Così, come prima sensazione, a volte mi sembrano un po' troppo cerchiobottiste.
Ma è solo una sensazione, non accompagnata da "scienza". 

Una sentenza che salvaguarda diritto e giustizia 

 

La sentenza della Cassazione sulla vicenda Thyssen ha una grande importanza. Non soltanto perché la Corte si è pronunciata su alcune delicate questioni giuridiche sulle quali vi era stata divergenza fra giudice di primo e giudice di secondo grado; ma anche perché, per la delicatezza delle questioni di diritto, la decisione era stata assegnata alle Sezioni Unite.  
La decisione presa, e la relativa motivazione, avranno dunque un peso rilevante sulla futura giurisprudenza in materia d’infortuni sul lavoro.  
Il nostro sistema giuridico non è caratterizzato dalla forza vincolante del precedente giurisprudenziale; la Cassazione ha tuttavia la funzione di enunciare l’interpretazione delle norme al massimo livello d’autorevolezza, di creare in altre parole il cosiddetto «diritto vivente» destinato ad orientare coloro che dovranno in futuro cimentarsi con l’applicazione della norma.  
Il primo profilo di rilievo enunciato ieri dalle Sezioni Unite è stata la conferma della decisione di appello che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva stabilito che nel caso di specie non vi erano gli estremi per configurare a carico di nessuno una responsabilità per dolo (cosiddetto «dolo eventuale»), ma soltanto per colpa (cosiddetta «colpa cosciente»).  

Si ha dolo eventuale quando il soggetto si rappresenta come concretamente possibile che un evento possa verificarsi, ma, pur rappresentandosi come reale tale possibilità, va avanti accettando così il rischio che l’evento si verifichi; si ha colpa cosciente quando il soggetto si rappresenta come astrattamente possibile l’evento, ma esclude che in concreto esso possa avere luogo. Con riferimento alla vicenda Thyssen il giudice di primo grado aveva ritenuto (con riferimento ad uno degli imputati) che i riscontri processuali consentivano di ritenere provata non soltanto la consapevolezza del pericolo, ma anche la mancata esclusione che esso potesse concretamente tradursi in danno (dolo); il giudice di secondo grado aveva invece ritenuto che tutti gli imputati fossero convinti che il pericolo fosse meramente astratto e che l’evento non si sarebbe verificato (colpa). La Cassazione, confermando la sentenza di appello, ha giudicato corretta la valutazione del giudice di secondo grado.  

Il giudice di primo grado aveva interpretato in modo molto rigoroso e del tutto innovativo rispetto alla giurisprudenza tradizionale i requisiti che consentono di ritenere provata la cosiddetta «accettazione del rischio» e pertanto l’esistenza del dolo eventuale; il giudice di secondo grado, adeguandosi alla prassi giurisprudenziale più diffusa, aveva ritenuto invece che potesse essere riconosciuta presenza di «accettazione del rischio» soltanto allorquando il verificarsi dell’evento potesse ascriversi ad accadimenti chiaramente riconoscibili in concreto come molto rischiosi. Le Sezioni Unite, a questo punto, sembrano avere fornito un avallo decisivo a questa, più cauta, linea interpretativa.  

Il secondo profilo di rilievo della decisione delle Sezioni Unite è stato l’annullamento della parte della sentenza della Corte di Appello di Torino che aveva determinato le pene a carico degli imputati condannati. Tale sentenza, pur avendo riconosciuto soltanto una loro responsabilità per colpa, data la gravità dei fatti aveva irrogato pene sicuramente molto elevate per reati ritenuti di natura meramente colposa. La Cassazione, giudicando impropria tale specifica determinazione, l’ha annullata, rinviando gli atti ad una nuova sezione della Corte di Appello, non imponendo tuttavia, con tale decisione, una diminuzione delle pene da parte del nuovo giudice. Innanzitutto mi preme chiarire un primo profilo di una certa rilevanza: dato che con riferimento alla responsabilità penale vi è stata conferma della sentenza di appello, tale responsabilità deve essere considerata definitivamente accertata, e pertanto al riparo da eventuali futuri effetti prescrizionali, come ha chiarito un comunicato diffuso ieri dalla stessa Corte di Cassazione. Quanto alle pene irrogabili dal nuovo giudice, l’annullamento non dovrebbe comportare automaticamente un loro abbassamento. Anzi, sembrerebbero esserci le premesse, addirittura, per un ulteriore inasprimento. 

Il diritto e la giustizia sembrerebbero pertanto, a questo punto, entrambe salvaguardate. C’è d’altronde un ultimo profilo di riflessione. Da un lato c’è l’esigenza di tutelare fino in fondo la sicurezza nei luoghi di lavoro, di assicurare che le imprese rispettino la relativa normativa, di garantire che i responsabili dei delitti siano inflessibilmente puniti; dall’altro la necessità di evitare che gli interessi economici generali del Paese vengano danneggiati da decisioni improprie dell’autorità giudiziaria. Un giusto equilibrio deve essere pertanto, sempre, cercato. In questa prospettiva può essere condiviso che la Cassazione, nel caso Thyssen, abbia seguito una linea di prudenza nel tracciare la linea di demarcazione fra responsabilità per dolo (eventuale) e responsabilità per colpa (cosciente), ma non abbia nel contempo abbassato la guardia della repressione dei colpevoli, sancendo la definitività delle loro condanne e ponendo le premesse per l’applicazione di sanzioni addirittura più esemplari. 
 
 


Nessun commento:

Posta un commento