venerdì 25 aprile 2014

LA NEFASTA LONGEVITA' DEI DINOSAURI ITALIANI


Possibile che non tocchi a quelli della CGIL, e i loro sodali nel PD, il destino dei dinosauri ? Tra le tesi più accreditate della loro scomparsa, c'è quella di una mutazione - non so se climatica e/o altro - a cui i dominatori della terra di milioni di anni fa non seppero adattarsi.
Questa cosa mi ricorda in genere il possibile, triste destino dell'Italia che continua, in molte sue componenti politiche e sociali, a coniugare il futuro col passato, pensando che qualche miracolo riporterà il ben godi avviato stolidamente negli anni 70 e trionfante nei decenni successivi, grazie ad energiche dosi di indebitamento e di tassazione crescente. Adesso che indebitarci ci è ostacolato (ma non impedito, che se siamo passati da 1960 miliardi a più di 2.100 in quelli che pure dovevano essere gli anni virtuosi del post Berlusconi, di debiti continuiamo a farne, considerato anche che da quasi due anni lo spread non ha fatto che scendere ) suppliamo sempre di più con le Tasse. 
La definizione berlusconiana di Renzi "simpatico tassatore" fa sorridere ma speriamo non corrisponda completamente al vero, anche se qualche pericolosa avvisaglia c'è. Diciamo che il Premier gioca al momento alla redistribuzione, tassando di più le rendite per abbassare qualcosa ai lavoratori. Ha cominciato dagli "amici" - i lavoratori dipendenti - promettendo che poi passerà agli altri. 
In realtà, si sa, ma nessuno lo fa, si dovrebbe  detassare attraverso la riduzione di spesa e debito.
Ma sindacalisti e sinistra radicale si oppongono, che per loro arrivare anche al 100% della tassazione non sarebbe per nulla sbagliato, anzi, un sogno, nella nostalgia del socialismo reale che fu.
Siccome non è più di moda dirlo, rimane la solfa dell'evasione fiscale (che per carità ha anche le sue emergenze, tenuto conto che molti non solo evadono ma poi, grazie alle infedeli dichiarazioni, sono i primi a fruire di esenzioni e detrazioni sui costi dei servizi). Nessuno ha raccolta la "Sfida" di Ricolfi, che proponeva alla sinistra di recuperare risorse per il welfare dalla riduzione degli sprechi pubblici (valutati in 60 miliardi, basterebbe anche recuperarne un 30-40% ) e alla destra di ridurre le tasse con quanto ripreso dall'evasione ( 120 miliardi teorici, anche qui sarebbe più che sufficiente anche un recupero al di sotto del 50% ).
L'articolo di Maurizio Ferrera sul Corsera di ieri si concentrava invece sul Decreto in materia di lavoro, che rispetto al testo originario del Governo ha subito pesanti modifiche da parte dei sindacalisti in forza al Pd ( Epifani, Damiano, ma anche Fassina) con conseguenti mal di pancia del NCD di Alfano ma anche degli esponenti di Scelta Civica.  Ferrera denuncia la riproposizione del problema sopra denunciato : a forza di tutelare i già tutelati, si è finito per creare e tollerare un'Italia divisa in due, con i garantiti da un lato e quelli non dall'altra. Naturalmente tra i secondi ci sono i giovani, ma anche, aggiungerei, gli over 40 e 50 che perdono il lavoro e non hanno alcuna speranza di ritrovarlo. 
Nel leggere l'articolo, mi è venuto in mente la storia della fine dei dinosauri , e sperare che qualcosa del genere tocchi a queste parti così ferocemente regressive della società italiana. 
Buona Lettura



Il sì della Camera al Testo sul Lavoro 
quando tutelare significa ingannare

  L’obiettivo dichiarato della sinistra Pd e della Cgil è difendere a oltranza il contratto di lavoro a tempo indeterminato, così come funziona adesso. Intendiamoci: a nessuno piace la precarietà, anche per l’Unione Europea la forma d’impiego prevalente dovrebbe essere quella a tempo indeterminato. Ma l’assenza di limiti temporali va associata a possibilità reali di interrompere il rapporto contrattuale in relazione a esigenze economiche o organizzative dell’impresa. Invece di mettere i lavoratori nel frigorifero della cassa integrazione, spesso solo fingendo che possano essere riassorbiti, occorre assicurare loro efficienti percorsi di ricollocamento e indennità adeguate durante la transizione da un posto all’altro. È così che funziona negli altri Paesi, mentre noi siamo intrappolati in un circolo vizioso. L’assenza di ammortizzatori sociali universali e di politiche attive per il re-impiego diventa un alibi per mantenere in vita le varie casse integrazione. Tali forme di tutela, altamente discrezionali, consentono alle imprese di gestire gli esuberi pur in presenza dell’articolo 18. Quest’ultimo resta così la vera e propria «variabile indipendente» del sistema. Il risultato è il dualismo fra garantiti e non garantiti, che sono prevalentemente giovani. In un’economia aperta non ci possono essere regole immutabili, valide a prescindere.
I diritti sociali sono sacrosanti, ma vanno calibrati in base alle trasformazioni strutturali del mercato, in un processo di reciproco bilanciamento. Le nostre regole sul contratto a tempo indeterminato rispecchiano la situazione degli anni Settanta. La vera sfida riformista non è difendere quelle norme, ma adattarle, introducendo nello stesso tempo nuovi diritti (alla formazione, alla conciliazione e così via). È da tempo che si discute di contratto a tempo indeterminato con tutele crescenti. La sua sperimentazione è prevista nella legge delega del governo, il cosiddetto Jobs Act. L’idea di inserirlo già nel decreto è circolata nelle battute finali del negoziato in Commissione, ma è stata scartata. Vale senz’altro la pena di riprovarci al Senato. Dove sarà però necessario alleggerire i vincoli posti dalla Camera, altrimenti è ben difficile che il provvedimento generi significative ricadute occupazionali. Diamo per scontato che i tecnici del governo stiano comunque lavorando alacremente ai contenuti della legge delega. L’economia europea è ripartita, senza una riforma di ampio respiro l’Italia resta ferma.

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